Cose di Casa nostra: gli amici degli amici…

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poteriDi Guido Di Stefano

L’Italia in generale e la Sicilia in particolare “nutrono in seno” esseri che gestiscono i “poteri”: quello politico (ai giorni nostri poco o nulla per mandato popolare) ed altri poteri (mai e niente affatto per mandato popolare). La discriminante tra i vari poteri è costituita (teoricamente ragionando) dai padroni: il popolo sovrano (noto e roba di Casa nostra) lo è per il potere veramente politico; per gli altri poteri invece lo sono entità “ignote” ai più e spesso non esattamente localizzate (l’espressione più vicina e più “soft” è “senza fissa dimora”, mentre quella più appropriata sarebbe la romantica “senza patria e senza bandiera”).

Troppi sono i novelli aspidi e non mostrano remore a mordere ed avvelenare il petto che li scaldati e cresciuti. Cento, mille, diecimila: non sappiamo esattamente quanti sono, perché non tutti sono visibili, non tutti “appaiono”. E chi appare non è necessariamente potente. E’ certo comunque che ogni essere vivente ha uno o più “amici”: è scritto nella storia, lo racconta la vita. Anche loro, gli esseri dei poteri, hanno “amici”. E che “amici”, quelli loro! Onnipresenti, onniscienti, onnipossenti, inesauribili, insostituibili, incorruttibili, perfetti, eterni. Non sbagliano mai ne quelli di sopra, né gli amici di sotto; e se apparentemente sbagliano non è colpa loro ma il cosiddetto errore è l’inevitabile conseguenza di imprevedibili circostanze avverse partite dalle profondità dell’universo.

Infaticabili poi detti “loro amici” e dominatori dello spazio e del tempo: la loro giornata lavorativa vale anche dieci o venti giornate lavorative dei subordinati (in proporzione insomma agli incarichi olezzanti di denaro) a prescindere dalla distanza fisica delle varie sedi di “lavoro”. Distanza fisica delle sedi ma non “mentale” tra i vari impegni: tutto il sapere per loro è senza asperità, piatto insomma. Incorruttibili, super partes (intendendo qui per partes regolamenti, norme, leggi, diritti, doveri, umanità) perché loro sono le vere “partes”, le più nobili, quelle volute dalla natura, dal cosmo, da Dio, che solo per distrazione non li chiama per assisterlo nella gestione dell’universo. Loro però, più attenti del Creatore, li elevano “ipso facto” al rango di  consulenti o dirigenti generali o meglio segretari generali o assessori o ministri o, perché no, presidenti del Consiglio: in contesti meramente “aritmetici” e mai “geometrici”.

Intanto il “popolo” (sovrano ma non troppo) guarda i figli “senza amici”, sospira e piange urlando: ma non esistono le leggi? Chi mai le farà rispettare? E piangendo paga e prega; e pregando spera e dispera; e sperando vive e muore. La nostra mente si arrovella in inesplicabili e perduti pensieri, avvitandosi nei paradossi e nelle contraddizioni.

Poverini: così sobri, riservati, umili, comprensivi, umani! Costretti a nascondere alla meno peggio i pochi milioni di euro che guadagnano con i modesti compensi, frutto di incommensurati sapere e bravura. Costretti ogni giorno a giustificare  i loro molteplici incarichi come fardelli onerosi per loro ed atti dovuti per chi li chiama a quei ruoli. Ma vi immaginate il logorio: trovarsi ad elemosinare un contributo ed essere nello stesso tempo chi lo elargisce; o essere creditore e debitore ad esempio di novanta milioni di euro; controllore e controllato; sorvegliante e sorvegliato; esaminatore ed esaminato; giudicante e giudicato; additato per incompatibilità dei ruoli o peggio per conflitto di interessi o addirittura per truffa: che stress! Fortuna che in ogni dove esistono i pari grado ed i cortigiani che aggiustano, sostengono e confortano.

E’ un bene che legge, norme, regolamenti siano interpretabili con lungimiranza e comprensione per gli alti vertici, per gli amici e per gli amici degli amici; e di contro siano applicabili con brevità e rigore per gli altri. Senz’altro è un bene supremo che vengano sanzionate  ingordigie, conflittualità e quant’altro di errato alberga nell’animo del popolino: da amici parlando.

Già perché se l’addetto alle fotocopie espletato per intero (lavoro e tempo) il suo compito d’ufficio, è “pescato” a fare fotocopie o il fattorino presso uno studio privato è rovinato: conflitto di interessi, incompatibilità, truffa, accaparramento, furto? Lo stesso dicasi per un meccanico che finito il turno nella grossa azienda presta fraudolentemente ed in concorrenza sleale la sua opera in una piccola officina. A prescindere dalla eventuale (e remota) regolarità fiscale.

Ora noi difendiamo il diritto-dovere al lavoro come sancito dalla Costituzione (e negato da qualche amico) per tutti e non per pochi; e diciamo che le possibilità di lavoro non vengano accaparrate tanto nel pubblico quanto nel privato: a qualsiasi livello però. Un lavoro ben fatto richiede energie fisiche e mentali; e tempo, tanto tempo. I multi-incarico hanno forse al proprio interno degli inesauribili e possenti accumulatori di energie psico-fisiche? Dominano lo spazio-tempo?

Noi siamo coscienti dei nostri limiti ed onestamente se ci proponessero contemporaneamente  venti incarichi retribuiti porremmo due domande: 1) chi effettivamente deve controllare gli atti; 2) quante firme al mese ci sono da mettere. Ma noi non siamo semidei o addirittura dei. E ci troveremmo male da privilegiati. Ma staremmo peggio se fossimo tra i cosiddetti beneficiari di qualche cosiddetta “provvidenza” elargita pomposamente da qualche “loro amico”, che  dietro  lo sguardo sardonico (e non semplicemente ironico) nasconde l’avito detto: “Mangia, ché del tuo mangi e del tuo ne avanza”.

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