Processo Ambiente svenduto ex Ilva: condannati Niki Vendola e i Riva

Condividi questo articolo?

Ex Ilva, l’ex presidente della Regione Puglia Nichi Vendola e i fratelli Riva sono stati condannati dalla Corte di Assise di Taranto al termine del processo ‘Ambiente svenduto’. Tre anni e sei mesi di reclusione la pena per l’ex governatore della Puglia accusato di concussione in relazione ai presunti tentativi di ammorbidire i controlli sui livelli di inquinamento ambientale che sarebbe stato provocato dallo stabilimento siderurgico ex Ilva. Arturo Fabio e Nicola Riva, figli dell’ex patron Emilio – scomparso nel 2014 e loro stessi con compiti di responsabilità nel corso degli anni nella gestione e direzione del colosso siderurgico -, sono invece stati condannati rispettivamente alla pena di 22 e 20 anni di reclusione.

Per Vendola la Corte aveva chiesto la condanna a 5 anni di reclusione. All’ex presidente della Provincia Gianni Florido e all’ex assessore all’Ambiente Michele Conserva sono state comminate inoltre pene di tre anni ciascuno. All’ex direttore dell’Arpa Puglia Giorgio Assennato è stata comminata la condanna di 2 anni, pena sospesa. La richiesta per lui era stata di un anno. Era l’unico ad aver rinunciato alla prescrizione.

Confiscati gli impianti a caldo

La corte di assise di Taranto nella sentenza del processo Ambiente Svenduto, iniziato oltre 5 anni fa, e snodatosi attraverso 329 udienze, ha disposto la confisca degli impianti dell’area a caldo dello stabilimento siderurgico ex Ilva, già sequestrati dal gip del tribunale del capoluogo jonico Patrizia Todisco il 25 luglio 2012. Accolta in questo senso la richiesta formulata dall’accusa, rappresentata in aula dal procuratore aggiunto Maurizio Carbone e dai sostituti Mariano Buccoliero, Remo Epifani, Raffaele Graziano e Giovanna Cannalire. Inoltre i giudici nella sentenza hanno stabilito la confisca per equivalente del profitto illecito nei confronti delle tre società Ilva spa, Riva fire spa, oggi Partecipazioni industriali spa in liquidazione, e Riva forni elettrici per gli illeciti amministrativi per una somma di 2 miliardi e 100 milioni di euro in solido tra loro.

La confisca dell’area a caldo potrà essere esecutiva solo dopo il pronunciamento della Cassazione. Gli impianti continuano ad essere pienamente operativi. Lo spiegano fonti vicine al dossier.

Assolti Fratoianni, Pentassuglia e Ferrante

Assolti l’ex assessore regionale Nicola Fratoianni, parlamentare di Sel, e l’attuale assessore regionale pugliese all’Agricoltura Donato Pentassuglia. L’accusa aveva chiesto 17 anni di reclusione, la Corte di assise del tribunale di Taranto, nella lunga sentenza ancora in fase di lettura, ha però assolto anche Bruno Ferrante, ex prefetto di Milano che ha ricoperto per poche settimane l’incarico di presidente del consiglio di amministrazione dell’Ilva nel 2012 poco prima del sequestro dell’area a caldo da parte del gip del Tribunale e dei provvedimenti cautelari nei confronti della famiglia Riva.

Sindaco Taranto: “Riconosciuta sofferenza città”

“Credo che da oggi cambi tutto per questo Paese, cambia tutto per Taranto, per i diritti dei tarantini. Tutte le sofferenze che ci portiamo dietro finalmente vengono riconosciute dallo Stato italiano”. Lo ha detto il sindaco di Taranto Rinaldo Melucci, commentando la sentenza.

“Siamo commossi, per quelli che abbiamo perduto e per quelli che qui ancora si ammalano. È stata una strage, lunga decenni, per il profitto. Oggi lo Stato italiano riconosce le sofferenze dei tarantini, riconosce gli abusi che si compiono per l’acciaio, da questo momento nessun esponente di Governo potrà più affermare con leggerezza che a Taranto ci si ammala e si muore di più perché consumiamo troppe merendine o troppe sigarette, oppure perché le nostre statistiche e gli studi prodotti negli anni non sono fondati”, continua. “Questa sentenza – evidenzia il sindaco – è un macigno sulle azioni del Governo, non saremo un Paese credibile e giusto se all’interno del Pnrr, a partire dall’ex Ilva, non avvieremo una vera transizione ecologica”.

“Torno ad invitare il Presidente Mario Draghi a convocare con somma urgenza il tavolo istituzionale per l’accordo di programma sullo stabilimento siderurgico di Taranto. La richiesta di confisca dell’area a caldo è uno spartiacque per la storia e la struttura stessa del sistema industriale italiano, per i diritti dei cittadini. Mi auguro che il Consiglio di Stato, chiamato presto a discutere la recente sentenza del Tar Puglia, che conferma l’opportunità della mia ordinanza sulla chiusura dell’area a caldo dell’ex Ilva, possa tenere debito conto delle risultanze di questa giornata storica”, conclude Melucci.

VENDOLA

Sulla sentenza del processo ex Ilva ‘Ambiente svenduto’, “mi ribello ad una giustizia che calpesta la verità. E’ come vivere in un mondo capovolto, dove chi ha operato per il bene di Taranto viene condannato senza l’ombra di una prova. Una mostruosità giuridica avallata da una giuria popolare colpisce noi, quelli che dai Riva non hanno preso mai un soldo, che hanno scoperchiato la fabbrica, che hanno imposto leggi all’avanguardia contro i veleni industriali. Appelleremo questa sentenza, anche perché essa rappresenta l’ennesima prova di una giustizia profondamente malata”. Lo afferma Nichi Vendola, commentando la sentenza che lo condanna a tre anni e sei mesi di reclusione. (AdnKronos)

Nella Foto, Niki Vendola

Potrebbe interessarti

Leave a Comment

Questo sito usa Akismet per ridurre lo spam. Scopri come i tuoi dati vengono elaborati.