Sigonella: arrivano altri droni, stavolta “marca” NATO

Condividi questo articolo?

di Salvo Barbagallo

Pubblicità

 

il segretario generale della Nato, Jens Stoltenberg
Il segretario generale della Nato, Jens Stoltenberg

A Sigonella, base militare fortemente armata di tutti (quelli che contano, ovviamente) a dire il vero ben “poco” installazione italiana (anche se formalmente è “tutta” italiana) ha festeggiato l’arrivo dei droni Nato RQ-4D Global Hawk del sistema Ags – Alliance Ground Surveillance. Un “evento” di grande rilievo, al quale non potevano certo mancare figure rappresentative, quali il segretario generale della Nato, Jens Stoltenberg, il presidente del comitato militare dell’Alleanza, maresciallo dell’aria Stuart Peach, il comandante supremo delle forze alleate in Europa, generale Tod Wolters, assente il ministro Lorenzo Guerini impegnato altrove, presente però il sottosegretario alla Difesa, Giulio Calvisi.

Così la NATO “entra” stabilmente a Sigonella con uno degli strumenti di guerra più sofisticati sul mercato, il Global Hawk, con una decina di anni di ritardo rispetto agli USA che nella “loro” autonoma Naval Air Station “siciliana” i Global Hawk li hanno residenti in forma stabile.

Quante volte da noi (e da pochi, pochissimi altri) è stato posto l’interrogativo inquietante: “i droni a Sigonella che ci stanno a fare?”. Interrogativo più che giustificato dal momento che i droni – appunto i temibili “Global Hawk” ai quali si sono aggiunti dopo i “Reaper” e i “Predator”– a Sigonella ci stanno come presenza fisica da tempo. Una presenza dei velivoli senza pilota d’osservazione e armati con missili di vario tipo, ufficializzata alcuni anni addietro nel corso della visita in Sicilia dall’allora segretario della Difesa degli Stati uniti ed ex direttore della Cia, Leon Edward Panetta. In questi anni trascorsi, come sono stati utilizzati i droni statunitensi, se si parla di un loro uso sul campo già dal 2015?

Vale la pena riportare quanto scritto in altre circostanze “similari”.

Ma chiediamoci qual è la capacità offensiva dei droni di stanza a Sigonella?

È il caso di riportare uno stralcio della scheda tecnica di questi strumenti bellici redatta da Davide Bartoccini sul giornale “Difesa online” il 24 febbraio del 2016: “L’ RQ-1 ‘Predator’ e il suo successore MQ-9 ‘Reaper’ (conosciuto anche come Predator B) sono Aeromobili a Pilotaggio Remoto (APR, più comunemente chiamati “droni”) prodotti dalla General Atomics di San Diego, California, e impiegati in missioni di sorveglianza, ricognizione, ricognizione armata e interdizione o attacco al suolo (specialmente nelle operazioni “Hunter Killer” e “Targeting Leader”) (…) L’armamento dei droni comprende missili anticarro a guida semi-laser AGM-114 Hellfire da 110lb e bombe a guida laser Paveway GBU-12 o EGBU-12 o GBU-38 JDAM da 500 lb. L’MQ-9 Reaper ha raggiunto un carico utile di oltre 3000lb che gli permette di trasportare tra l’entrobordo e i 6 piloni alari fino a quattro missili Hellfire II e due bombe a guida laser Paveway.(…).

Predator e Reaper sono ufficialmente di stanza a Sigonella, ma perché si dimentica (o si ignora?) che nella munitissima base statunitense “Air Naval Station” (base “straniera su territorio italiano “occupato militarmente in maniera permanente), accanto a questi micidiali droni ci sono anche i ben più sofisticati Global Hawks dei quali nessuno parla e dei quali si sconosce l’effettivo utilizzo, ed altri mezzi in strutture autonome?

Ed ora, anche i Global Hawks NATO che vanno a potenziare ulteriormente Sigonella: lecito chiedersi i perché di questo progressivo “potenziamento” degli armamenti sul territorio siciliano? USA, Italia (?), NATO a quale guerra si stanno preparando? È possibile che questo interrogativo di “basso profilo” non se lo pone chi governa il Paese-Italia?

Potrebbe interessarti

Leave a Comment

Questo sito usa Akismet per ridurre lo spam. Scopri come i tuoi dati vengono elaborati.