Droni USA da Sigonella: ma perché ci prendono in giro?

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La notizia (che tale può essere definita) in Italia viene diramata dai principali mass media. Così La Stampa online: Il governo italiano ha dato il permesso a droni armati statunitensi di partire dalla base di Sigonella, in Sicilia, per condurre operazioni militari contro l’Isis in Libia e tutto il Nord Africa. A rivelarlo è un articolo del Wall Street Journal, che parla di una «svolta» dopo oltre un anno di negoziazioni. E cosa dice il Wall Strett Journal, come riportato da Il Giornale.it: Palazzo Chigi lo scorso mese ha dato il via libera alla partenza di droni americani armati da una base posta nel territorio italiano per operazioni militari contro l’Isis in Libia e in Africa del Nord. Il quotidiano di New York parla di “svolta” dopo oltre un anno di negoziazioni. La base da cui partiranno i droni è quella Nato di Sigonella, dove i droni sono basati dal 2011.

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Ma vogliamo prenderci in giro? Come ha detto Il Giornale, e come da noi riportato in moltissimi articoli nell’arco di cinque anni, i droni Global Hakws “risiedono” a Sigonella da cinque anni, appunto. E in questi cinque anni i droni made in USA hanno volato ed effettuato missioni, anche se non si è mai appreso di che “tipo” di missioni si sia trattato.

Noi rimandiamo ai nostri articoli precedenti, perché riteniamo offensivo per l’intelligenza del cittadino “comune” sentir parlare di “nulla osta” concessi ora, dal governo italiano là dove la Sicilia è stata trasformata da tempo nell’avamposto militare avanzate degli Stati Uniti d’America.

 

28 febbraio 2015

 

L’EDITORIALE

 

I droni a Sigonella che ci stanno a fare?

 

 

 

Di Salvo Barbagallo

 

Interrogativo inquietante: i droni a Sigonella che ci stanno a fare? La domanda nasce da una notizia apparsa su qualche quotidiano, dispersa e quasi inosservata per il rilievo dato, grazie alla quale si apprende che il segretario generale della NATO, Jean Stoltenberg, ha dichiarato in merito alla delicata questione della Libia che “la NATO deve essere pronta a difendere ogni alleato dalle minacce che vengono da oriente o da sud. La NATO desidera anche intensificare la nostra capacità di presa di conoscenza delle situazioni con una maggiore sorveglianza sul terreno con l’uso di droni e faremo riferimento a Sigonella a partire dall’anno prossimo”. Interrogativo, dunque, più che giustificato dal momento che i droni – i temibili “Global Hawk” –  a Sigonella ci stanno come presenza fisica da oltre tre anni. Una presenza dei velivoli senza pilota d’osservazione e armati, ufficializzata (vedi foto) alcuni anni addietro nel corso della visita in Sicilia dall’allora segretario della Difesa degli Stati uniti ed ex direttore della Cia, Leon Edward Panetta. In questi anni trascorsi, come sono stati utilizzati i droni, se ora si parla di un loro uso nel 2016? Domande che non chiedono e non avranno risposta in quanto – ovviamente… – si tratta d’informazioni militari riservate.

Trapani, Augusta, Sigonella, Niscemi, Cava Sorciano, e tante tante altre: sono tutte installazioni militari italiane dove c’è personale (quanto?) statunitense. La Sicilia è probabilmente la regione italiana che ha il più alto indice di basi nel territorio. Sono tutte strutture – ovviamente… – per la Difesa e la Sicurezza Nazionale, e là dove si riscontra l’insediamento di militari stranieri – nel caso siciliano, di militari, tecnici e personale altamente specializzato “made in USA” – la spiegazione la si ritrova nei trattati Italia-USA redatti nel corso dei decenni da questo o quel Governo italiano.

In un rapporto del Ce.S.I. (Centro Studi internazionali)  si legge, per esempio, per quanto riguarda Sigonella:

“La Base di Sigonella è una delle installazioni storiche che caratterizzano la presenza militare americana in Italia. Originariamente, alla fine degli Anni ’50, fu istituita per decongestionare le infrastrutture di Malta della Marina Americana e divenne sede di un’unità equipaggiata con velivoli antisommergibili.

Nel corso degli anni, Sigonella è diventata il più importante polo logistico per le attività di supporto alla Sesta Flotta della Marina Militare Americana schierata nel Mediterraneo, ospitando depositi, un aeroporto, un ospedale e un numeroso contingente di genieri costruttori della Marina Americana noti con la denominazione di “Sea-Bees”.

Nel 1980 l’installazione ha ricevuto, per la parte americana, la sua attuale denominazione di Naval Air Station – Stazione Aeronavale (NAS) Sigonella.

A seguito della fine della Guerra Fredda, e del conseguente mutamento delle esigenze operative, la parte americana di Sigonella ha perso la caratteristica di base dedicata esclusivamente al supporto di unità della Marina Americana, per trasformarsi in un’installazione destinata al più generale sostegno delle operazioni delle diverse forze armate statunitensi nel Mediterraneo.

In particolare, oggi il ruolo di Sigonella si sta ulteriormente trasformando nel contesto delle operazioni americane e NATO con gli Aeromobili a Pilotaggio Remoto (APR) Global Hawk stanziati permanentemente nella base e con la presenza di altri APR lì basati in virtù di autorizzazioni temporanee”.

E’ sempre il Ce. S. I. che “spiega” quali sono gli “accordi” Italia-USA:

“La presenza permanente di forze USA a Sigonella va inserita nel quadro giuridico normativo determinato da:

art. 3 del Trattato Istitutivo della NATO (Patto Atlantico del 1949);

il NATO SOFA (1951) che regola la presenza di personale NATO sul territorio di un altro Paese dell’Alleanza;

il Promemoria di intesa relativo all’applicazione in Italia nei confronti delle Forze Armate degli Stati Uniti d’America della “Convenzione fra gli Stati partecipanti al Trattato del Nord Atlantico sullo status delle loro Forze” (NATO SOFA – 1951);

l’Accordo Bilaterale sulle Infrastrutture (BIA) stipulato tra Italia e USA nel 1954;

il Memorandum d’Intesa relativo alle installazioni concesse in uso alle Forze USA in Italia (c.d. Shell Agreement – 1995), che indica i principi generali e le procedure per l’uso e la restituzione delle installazioni/infrastrutture;

il Technical Agreement (TA) specifico di Sigonella firmato il 6 Aprile 2006;

Tra i documenti citati, il più significativo è sicuramente il Technical Agreement (TA) siglato nel 2006 che, partendo da un quadro di principi generali, discendente direttamente dallo Shell Agreement, ha lo scopo di definire attribuzioni, compiti, responsabilità di Comando e procedure per l’applicazione di Accordi Internazionali tra l’Italia e gli Stati Uniti riguardanti l’uso di installazioni/infrastrutture militari situate a Sigonella. Nel TA, all’annesso 1, è specificato che sono concesse in uso esclusivo alle forze armate USA le seguenti installazioni: la U.S. Naval Air Station Support Site (NAS 1), la Stazione TLC di Niscemi, il Poligono di Pachino, la U.S. Naval Air Station Airfield (NAS 2, all’interno della Base NATO di Sigonella). Sono invece individuate quali installazioni ad utilizzo congiunto: la Base NATO di Sigonella, il deposito munizioni della Base NATO di Sigonella (Spinasanta), la NATO Magazine Area (Fagotto) e la Mobile Mine Assembly Unit (MOMAU).

Al 2013 le unità statunitensi permanentemente basate a Sigonella comprendono:

il Comando della Naval Air Station (NAS) che dipende operativamente dal Comandante di US Naval Forces Europe (USNAVEUR);

un’unità aeronavale (Patrol Squadron Detachment) della Marina Militare Americana equipaggiata con velivoli tipo P-3 Orion per lo svolgimento di compiti di pattugliamento marittimo;

distaccamenti relativi agli Aeromobili a Pilotaggio Remoto (APR) di tipo RQ-4B Global Hawk dell’Aeronautica Militare Americana, il cui rischieramento permanente è stato autorizzato nel settembre 2010 attraverso l’inserimento dell’Allegato 5 all’annesso 12 al Technical Agreement e relativo alle operazioni da Sigonella con APR;

la SP MAGTF 12 (Special Purpose Marine Air-Ground Task Force 12) dei Marines, unità specializzata nell’addestramento e supporto logistico destinata ad operare esclusivamente nell’ambito di tre missioni in territorio africano: African Union Mission in Somalia (AMISOM); African Contingency Operations Training and Assistance (ACOTA) e Trans-Sahara Counterterrorism Partnership (OEF-TS). L’autorizzazione allo schieramento di questa unità è stata ottenuta a livello politico nel 2011 e sarà conseguentemente recepita attraverso un’apposita variante del Technical Agreement in via di predisposizione.

Oltre alle unità precedentemente citate, nel prossimo futuro la Base di Sigonella diventerà la sede operativa anche dei 5 APR Global Hawk che verranno a breve acquisiti dalla NATO nel contesto del programma Alliance Ground Surveillance (Sorveglianza del Territorio Alleato) che vede la partecipazione di 15 Paesi membri dell’Alleanza tra cui l’Italia.”.

Va ricordato che la competenza dell’area del Mediterraneo ricade sotto il comando dell’Alfsouth che racchiude cinque Paesi membri della NATO: Italia, Turchia, Grecia, Ungheria, Spagna. Questa area parte dallo Stretto di Gibilterra e arriva fino al Mar d’Azov, comprendendo il Mediterraneo e il Mar Nero. La sede della Sesta Flotta è a Gaeta. A Nisida c’e il quartier generale della NATO.

Dunque, a qualche interrogativo rispondono i Trattati Italia-Usa, quei Trattati (detto tra parentesi) che non consentiranno lo smantellamento degli impianti MUOS di Niscemi o di qualsiasi altra installazione statunitense “collocata” nel territorio siciliano. Parliamo di “servitù militari” sulle quali, e nonostante altri Trattati internazionali prevedevano il contrario, la Regione Siciliana può mettervi “naso” o veto di qualsiasi natura. E ciò, come detto, nonostante precise clausule del Trattato di Pace Internazionale del 1947, sottoscritto da tutti i Paesi, stabilissero, all’articolo 49 che:

Pantelleria, le Isole Pelagie (Lampedusa, Lampione e Linosa) e Pianosa (nell’Adriatico) saranno e rimarranno smilitarizzate.

Tale smilitarizzazione dovrà essere completata entro un anno a decorrere dall’entrata in vigore del presente Trattato.

Articolo 50

In Sardegna, tutte le postazioni permanenti di artiglieria per la difesa costiera e i relativi

armamenti e tutte le installazioni navali situate a meno di 30 chilometri dalle acque territoriali francesi, saranno o trasferite nell’Italia continentale o demolite entro un anno dall’entrata in vigore del presente Trattato.

In Sicilia e Sardegna, tutte le installazioni permanenti e il materiale per la manutenzione e il magazzinaggio delle torpedini, delle mine marine e delle bombe saranno o demolite o trasferite nell’Italia continentale entro un anno dall’entrata in vigore del presente Trattato.

Non sarà permesso alcun miglioramento o alcuna ricostruzione o estensione delle installazioni esistenti o delle fortificazioni permanenti della Sicilia e della Sardegna; tuttavia, fatta eccezione per le zone della Sardegna settentrionale di cui al paragrafo 1 di cui sopra, potrà procedersi alla normale conservazione in efficienza di quelle installazioni o fortificazioni permanenti e delle armi che vi siano già installate.

In Sicilia e Sardegna è vietato all’Italia di costruire alcuna installazione o fortificazione navale, militare o per l’aeronautica militare, fatta eccezione per quelle opere destinate agli alloggiamenti di quelle forze di sicurezza, che fossero necessarie per compiti d’ordine interno.

C’è da chiedersi che valenza hanno i Trattati Internazionali se poi questi vengono ufficialmente disattesi dagli stessi Paesi che li hanno sottoscritti…

Quindi, all’interrogativo iniziale “…che ci stanno a fare i droni a Sigonella” una risposta “concreta”, anche se indiretta, una risposta può essere data: i droni (i “Global Hawk”) attualmente e da anni stanziati a Sigonella sono “statunitensi” e gli americani ne fanno l’uso che credono opportuno, quelli della NATO invece (da qui le dichiarazioni del segretario generale Jean Stoltenberg) saranno operativi dall’anno prossimo.

Le conclusioni? Ognuno faccia le riflessioni che crede.

Così è, che ci piaccia oppure no…

1 luglio 2015

 

Sigonella, ecco cosa fanno gli USA

 

Di Salvo Barbagallo

 

Ci siamo chiesti tante e tante volte cosa facciano gli americani a Sigonella nella “loro” base della Naval Air Station: ovviamente cose “militari” che il cittadino comune, per altrettanto ovvi motivi, non deve conoscere, ma che forse neanche i responsabili della base italiana ospitante la NAS conoscono…

Una informazione (relativa, molto relativa) viene data da Rino Giacalone e Paolo Mastrolilli in un articolo apparso ieri (30 giugno) sul quotidiano on line de La Stampa: “Washington ha stretto un’intesa con il governo (italiano, n.d.r.) per usare oltre Sigonella anche la base di Pantelleria per i voli di ricognizione in funzione anti-terrorismo”.

Giacalone e Mastrolilli scrivono: “Gli Stati Uniti hanno sempre avuto una presenza militare nel Mediterraneo, che però negli ultimi tempi è diventata ancora più cruciale, per difendere loro e noi dal terrorismo, cercare di riportare la stabilità in Nordafrica, e contribuire così anche ad affrontare l’emergenza delle migrazioni. Oltre a Pantelleria, voli di intelligence decollano da Sigonella, dove hanno sede anche altri apparati militari. Tanto su queste basi, quanto sulle navi che incrociano nel Mediterraneo, si appoggiano le forze speciali di pronto intervento, come quelle che ad esempio condussero il raid del 5 ottobre 2013 a Tripoli per catturare il terrorista al Libi. Una volta preso dagli uomini della Delta Force, con l’aiuto di agenti Cia ed Fbi, era stato trasferito a bordo della Uss San Antonio per gli interrogatori. Ora questo genere di presenza è ancora più necessaria, al punto che il Pentagono ha chiesto ai paesi Nato di ospitare a partire da settembre contingenti di Marines a bordo delle loro navi, come l’italiana Cavour. Sono forze che servono a monitorare gli sviluppi sul terreno in Libia e nei paesi vicini, condurre interventi di soccorso, fare prevenzione anti terrorismo, anche alla luce della penetrazione nel paese del Califfato, che ha minacciato apertamente l’Europa. L’attacco appena avvenuto in Tunisia ha dimostrato come questi pericoli riguardano ormai tutti, e si salda anche ai timori che le migrazioni vengano usate per far arrivare in Italia dei terroristi.  La coalizione anti Isis è guidata dall’ex generale John Allen, che è stato a Roma in varie occasioni per coordinare le operazioni comuni. A marzo ha tenuto un vertice con i membri del Quint, cioè Usa, Gran Bretagna, Francia, Germania e Italia, in cui ha sollecitato proprio gli altri alleati a fare di più per i paesi come l’Italia, che hanno la minaccia terroristica «davanti alla porta di casa».”.

Se dovesse essere questa l’attività che gli USA svolgono a Sigonella sarebbe veramente un grande spreco. La questione del terrorismo? Tutta quella descritta la “macchina” antiterrorismo messa a punto dagli Stati Uniti d’America? Un altro spreco, tenendo conto che risultati concreti (almeno fino ad oggi) contro il Califfato jihadista ancora non se ne sono visti, ed anzi si è tragicamente registrato come l’Isis riesce a colpire (vedi l’ultimo “assalto” alla spiaggia di Sousse in Tunisia), c’è da chiedersi nuovamente cosa ci stiano a fare i militari statunitensi a Sigonella.

E non vogliamo aggiungere altro..

 

Perché tanto altro abbiamo scritto: basta andare all’archivio…

 

 

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