Debutta al Teatro Biondo di Palermo “La ragazza sul divano”

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Valerio Binasco dirige La ragazza sul divano del premio Nobel Jon Fosse: un dramma esistenziale sui rapporti umani e familiari, sull’arte e la vita, con Pamela Villoresi, Isabella Ferrari, Michele Di Mauro, Giordana Faggiano, Fabrizio Contri, Giulia Chiaramonte

Venerdì 26 aprile alle ore 21.00, dopo aver raccolto applausi e apprezzamenti nei teatri di Torino, Milano, Roma e in altri prestigiosi palcoscenici nazionali, debutta al Teatro Biondo di Palermo La ragazza sul divano (Jenta i sofanen, 2002) di Jon Fosse, autore norvegese insignito del premio Nobel per la Letteratura nel 2023. La traduzione del testo è di Graziella Perin.

A firmare la regia dello spettacolo, coprodotto dal Teatro Biondo di Palermo e dal Teatro Stabile di Torino – Teatro Nazionale, è Valerio Binasco, che è anche in scena con Pamela Villoresi, Michele Di Mauro, Giordana Faggiano, Fabrizio Contri, Giulia Chiaramonte e con Isabella Ferrari. Le scene e le luci sono di Nicolas Bovey, i costumi di Alessio Rosati, il suono di Filippo Conti.

Repliche al Biondo fino al 5 maggio e poi al Teatro Mercadante di Napoli dal 7 al 12 maggio.

 

Valerio Binasco è il principale interprete, in Italia, del teatro di Jon Fosse, con allestimenti che rivelano la relazione quasi proustiana che le opere del maestro norvegese tracciano tra passato e presente. In questo nuovo spettacolo, Pamela Villoresi interpreta una donna di mezza età che fa i conti col proprio passato, mentre è intenta a dipingere il ritratto di una ragazza accovacciata su un divano. La pittrice affronta i fantasmi della propria vita, turbata da mille incertezze, e lotta contro i dubbi sulle proprie capacità artistiche. L’immagine che la perseguita, la ragazza accovacciata su un divano, è quella di lei stessa da giovane.

A poco a poco, come materializzazioni del proprio flusso di coscienza, compaiono in scena altre figure della famiglia: la madre, con la quale ha sempre avuto un pessimo rapporto; la sorella sessualmente disinibita, che tanto ha invidiato; il padre marinaio, che ha adorato ma che è stato poco presente nella sua vita; lo zio che ne ha preso il posto in una situazione amletica. La forza di questa pièce sta nei tempi mescolati: tutto sulla scena accade in modo simultaneo creando una serie di cortocircuiti spiazzanti. Il regista risolve questa sovrapposizione di tempi e luoghi con un ingegnoso meccanismo che si potrebbe definire cinematografico, esplorando magistralmente il modo in cui le ferite psichiche inflitte nell’infanzia non si rimarginano mai del tutto.

La ragazza sul divano si sviluppa in modo inesorabile e crudele, non salva nessuno, smaschera le ipocrisie e svela una teoria impressionante di tradimenti, vigliaccherie, perversioni della carne e dell’anima.

 

«Il tema principale di questa pièce – spiega Valerio Binasco – è l’abbandono. In molte opere di Fosse torna, come un sogno ricorrente, una donna che aspetta il ritorno di un uomo che è partito per mare e non è più tornato. Ne La ragazza sul divano i quadri che la Donna dipinge sono il punto di vista di chi guarda una nave partire e svanire verso un orizzonte ostile, simbolo di una minaccia che non riguarda solo il mare, ovviamente. Ma si può anche cercare in quel dipinto la simbologia di una nave che si lascia alle spalle la tempesta.

Le ragioni che mi spingono a insistere con un autore come Fosse sono misteriose anche per me. Il suo stile ossessivo e minimale mi seduce, punto e basta. Credo che la sua qualità principale sia il suo ritmo. Questo ritmo, nonostante appaia lento o addirittura inerte, in realtà non è mai “in battere”, ma al contrario possiede un andamento ossessivamente “in levare”, anche e soprattutto quando l’azione sembra procedere con esasperata lentezza. È un ritmo poetico. C’è sempre un profondo senso dello humour nel procedere “in levare”. Ecco perché, sebbene i suoi temi siano per lo più molto tristi, e spesso anche tragici, la tragedia e la tristezza non sono in primo piano. In primo piano c’è qualcos’altro, e cioè principalmente le atmosfere sospese, e l’umoristico aplomb serio, quasi duro, inespressivo, di personaggi e interpreti».

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note di regia

 

Il tema principale di questa pièce è l’abbandono. In molte opere di Fosse torna, come un sogno ricorrente, una donna che aspetta il ritorno di un uomo che è partito per mare e non è più tornato. Ne La ragazza sul divano i quadri che la Donna dipinge sono il punto di vista di chi guarda una nave partire e svanire verso un orizzonte ostile, simbolo di una minaccia che non riguarda solo il mare, ovviamente. Ma si può anche cercare in quel dipinto la simbologia di una nave che si lascia alle spalle la tempesta.

La ferita di questa famiglia è quella dell’abbandono. Il Padre è un’anima in fuga che mal sopporta la moglie e le figlie e ogni forma di normalità coniugale. È sposato con il mare, come un attore lo è con il teatro. Le tre donne hanno affrontato la malattia dell’abbandono in tre modi diversi: la madre è carica di odio per il padre, ed è giusto così. Per questo, per la Madre e per la Sorella, che è un alter ego giovane della madre, la fuga del padre è un’umiliazione insopportabile. La Sorella è fondamentale in questa storia. La sua ribellione è molto affascinante: si fa ‘puttana’, e non fa che ripetere alla Ragazza che di sicuro il Padre frequenta le puttane in giro per il mondo. La Sorella sembra essersi salvata dal complesso dell’abbandono adottando comportamenti che sembrano studiati apposta per colpire il suo bersaglio interiore ossessivo: il padre. Si butta nel mondo anche lei, come il padre, esce di casa, attraversa la tempesta della femminilità, la cavalca, la doma, si fa regina della notte e soddisfa i desideri degli uomini. Si infligge un’umiliazione sentimentale pur di non lasciarsi sommergere dalla tempesta. Si ribella all’idea romantico-sentimentale dell’amore e della famiglia fondata sull’amore, si ribella per disfarsene. Grazie a questa rivolta, comprende profondamente sua madre, e la ama. Nella guerra contro il padre, si è schierata, mentre la Ragazza si è allineata dalla parte opposta. La Madre lo sente, e lascia che l’odio che prova per il Padre si rifletta anche sulla Ragazza. Non si perdoneranno mai.

Penso che il cuore della pièce sia la malattia dell’incompiutezza nella vita e nell’arte. Il quadro della nave è incompiuto, ma probabilmente l’incompiutezza non rientra nei propositi espressivi della pittrice (la Donna). La protagonista prova una frustrazione cronica, detesta la propria arte con la quale ha un rapporto di grave ambivalenza. La sua creatività non si è mai evoluta ad uno stadio di piacere, ma è rimasta a uno stadio di arte che scaturisce dalle ferite affettive.

Questo dramma è (anche) una storia di fratelli e sorelle: due fratelli adulti, e due sorelle giovanissime. Poi le stesse sorelle, da anziane. Una moglie (la Madre) è stata abbandonata; l’altra moglie (la Donna) ha abbandonato il marito. La Donna è incapace di amarlo, e di sentirsi amata. Essendo un uomo mite, il marito si arrenderà a questo abbandono. C’è in lui una debolezza d’animo che solo si intuisce: è un personaggio spaesato, soccombente. Fa parte di una storia psicologica (quella della Donna e del suo dolore da abbandono) più grande di lui. La sua mitezza e il suo comportamento premuroso non sono bastati alla Donna. Che cerca un tipo d’uomo ben diverso. O forse non cerca niente e nessuno, persa com’è nella contemplazione del vuoto lasciato dal Padre, un vuoto che in lei si è popolato di figure dipinte.

Le ragioni che mi spingono a insistere con un autore come Jon Fosse sono misteriose anche per me. Il suo stile ossessivo e minimale mi seduce, punto e basta. Credo che la sua qualità principale sia il suo ritmo. Questo ritmo, nonostante appaia lento o addirittura inerte, in realtà non è mai “in battere”, ma al contrario possiede un andamento ossessivamente “in levare”, anche e soprattutto quando l’azione sembra procedere con esasperata lentezza. È un ritmo poetico. C’è sempre un profondo senso dello humour nel procedere “in levare”. Ecco perché, sebbene i suoi temi siano per lo più molto tristi, e spesso anche tragici, la tragedia e la tristezza non sono in primo piano. In primo piano c’è qualcos’altro, e cioè principalmente le atmosfere sospese, e l’umoristico aplomb serio, quasi duro, inespressivo, di personaggi e interpreti.

 

Valerio Binasco

 

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Jon Fosse, premio Nobel per la letteratura 2023, è nato nel 1959 ad Haugesund, in Norvegia. Un grave incidente all’età di sette anni lo ha portato vicino alla morte; l’esperienza ha influenzato in modo significativo la sua scrittura in età adulta. Si è laureato all’Università di Bergen in letteratura comparata. Fosse ha scritto romanzi, racconti, poesie, libri per bambini, saggi e opere teatrali; le sue opere sono tradotte in più di quaranta lingue. Nominato cavaliere dell’Ordre national du Mérite di Francia nel 2003, è stato inserito nella lista dei 100 migliori geni viventi dal “Daily Telegraph”. Dal 2011 a Fosse è stato concesso il Grotten, una residenza onoraria di proprietà dello stato norvegese e situata nei locali del Palazzo Reale nel centro della città di Oslo. L’uso del Grotten come residenza permanente è un onore conferito appositamente dal re di Norvegia per i contributi alle arti e alla cultura norvegesi.

Fosse è lo scrittore più emblematico della scena teatrale contemporanea, autore di opere con una scrittura scarna, minimale, senza fronzoli, che danno voce, con lucida analisi, al disagio che scaturisce dalle barriere comunicative poste tra gli uomini e le donne della nostra epoca, tra figure d’età diverse, tra persone disunite da vincoli famigliari, tra soggetti vivi e ombre. Nei suoi testi nati per la scena, dal 1994 in poi, sono narrate storie spietate, rapporti poco lusinghieri e tragedie imperscrutabili che restituiscono il silenzio appena parlato e i dialoghi sempre laconici di individui che, riducendo al minimo il linguaggio sociale, domestico e affettuoso, finiscono col toccare il nervo più scoperto, la piaga più diffusa dei nostri giorni: l’indifferenza. Il naufragio della famiglia e della coppia, la deriva morale del maschio e la solitudine protettiva e cannibalesca della femmina, sono i temi del suo repertorio. Il suo linguaggio è volutamente anemico, afasico, parsimonioso. La sua punteggiatura è nulla.

Per le atmosfere dei sui testi, i temi e le fonti di ispirazione è considerato il massimo erede della tradizione letteraria e teatrale scandinava (Strindberg, Ibsen, ma anche Bergman).

 

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La ragazza sul divano

di Jon Fosse

traduzione Graziella Perin

 

con (interpreti e personaggi)

 

Pamela Villoresi     Donna

Isabella Ferrari       Madre

Giordana Faggiano             Ragazza

Giulia Chiaramonte           Sorella

Valerio Binasco       Uomo

Michele Di Mauro Zio

Fabrizio Contri        Padre

 

regia Valerio Binasco

scene e luci Nicolas Bovey

costumi Alessio Rosati

suono Filippo Conti

video e pittura Simone Rosset

 

assistente alla regia Eleonora Bentivoglio

assistente alle scene Eleonora De Leo

assistente ai costumi Rosa Mariotti

tirocinante dello IAD (Belgio) Sarah Galateri di Genola

 

 

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