Il 19 luglio 1992 la strage Borsellino

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Sono trascorsi 31 anni da quella torrida e terribile domenica quando, a 56 giorni dalla strage di Capaci dove morirono Giovanni Falcone, la moglie Francesca Morvillo e i tre agenti di scorta Antonio Montinaro, Vito Schifani e Rocco Dicillo, un nuovo tremendo boato scosse Palermo e la Sicilia intera. Una nuova strage, per certi versi amaramente attesa. Con Falcone moriva anche Paolo Borsellino e con lui i cinque agenti di scorta: Agostino Catalano, Vincenzo Li Muli, Walter Eddie Cosina, Emanuela Loi e Claudio Traina.

Oggi, come consuetudine ormai, è il giorno della commemorazione in un Paese che fa poco o nulla per prevenire ma che si impegna sempre tanto a commemorare. Qui un breve sunto, allora, di quanto si terrà oggi, rinviando ad altro articolo le nostre considerazioni.

Colosimo, ‘cercheremo verità, concorso esterno intoccabile’

“Il concorso esterno per reati di mafia è intoccabile ed è un perno fondamentale della lotta a Cosa nostra, oltre al fatto che rende la nostra legislazione antimafia un vanto in tutto il mondo, legislazione di cui io sono orgogliosa. Questo credo che sia stato chiarito dalle parole inequivocabili del presidente Meloni quando ha affermato che ci sono altre priorità. Fatto per altro confermato dal ministro Nordio”. Lo afferma la presidente della commissione parlamentare Antimafia, Chiara Colosimo, in un’intervista a ‘LiveSicilia’, nel giorno in cui l’Italia ricorda Paolo Borsellino e i cinque agenti di scorta morti nella strage di via D’Amelio del 19 luglio 1992. “È una giornata particolare non solo per me, che ho l’onore di presiedere e rappresentare la commissione Antimafia, ma soprattutto per l’Italia che vuole dimostrare di non avere dimenticato i suoi eroi – sottolinea Colosimo – È da cittadina che mi sento fiera e orgogliosa di essere qui non a caso, ogni volta che ho potuto il 19 luglio ho scelto di esserci. E oggi ci sono con più emozione ed una enorme responsabilità”. Sulla strage di via D’Amelio ci sono ancora punti oscuri: “Il compito della Commissione è quello di mettere a disposizione degli inquirenti e delle forze di polizia, tutte le iniziative possibili per fare piena luce sugli avvenimenti che hanno devastato e terrorizzato la nostra terra – osserva Colosimo – Non faremo mancare il nostro supporto a tutte le azioni utili per ristabilire quella verità, storica, che da troppo tempo stiamo inseguendo”.

Meloni, ‘lotta alla mafia è parte di noi, nostro impegno non si esaurirà mai’

Contro la mafia “c’è ancora molto da fare, ma il nostro impegno non si esaurirà mai. Semplicemente perché la lotta alla mafia è parte di noi, è un pezzo fondante della nostra identità, è la questione morale che orienta la nostra azione quotidiana. Lo dobbiamo a Paolo Borsellino, ed a tutti coloro che hanno sacrificato la vita per la giustizia e hanno reso onore all’Italia”. Lo scrive la presidente del Consiglio, Giorgia Meloni, in una lettera al ‘Corriere della Sera’.

“In questi giorni è stato detto un po’ di tutto sulla mia presenza a Palermo. C’è chi ha addirittura scritto che avrei disertato le commemorazioni perché ‘in crisi con il mito Borsellino’. È, ovviamente, falso”. Lo rimarca la premier Giorgia Meloni in una lettera al ‘Corriere della Sera’, a proposito della sua assenza alla fiaccolata in memoria del giudice ucciso dalla mafia nel 1992. La presidente del Consiglio definisce inoltre “stucchevole il tentativo di alcuni di strumentalizzare la mia impossibilità – data da altri impegni concomitanti – di partecipare anche alla tradizionale fiaccolata di Palermo, organizzata da ‘Comunità ’92’ e ‘Forum XIX Luglio’ e diventata nel tempo manifestazione apprezzata e partecipata. E alla quale ho sempre orgogliosamente preso parte”, puntualizza Meloni.

“Non posso che essere profondamente orgogliosa del fatto che il governo che oggi presiedo abbia avuto, dal suo primo giorno, la determinazione e il coraggio necessario ad affrontare il cancro mafioso a testa alta. Sono i fatti a dimostrarlo. Abbiamo messo in sicurezza presidi fondamentali come la restrizione dei benefici penitenziari, e se oggi boss mafiosi del calibro di Matteo Messina Denaro sono detenuti in regime di 41 bis lo si deve esattamente a questo impegno”. Lo sottolinea la premier Giorgia Meloni in una lettera pubblicata sul ‘Corriere della Sera’ nel giorno dell’anniversario della strage di Via D’Amelio.

La presidente del Consiglio rivendica i provvedimenti adottati dal suo governo per il contrasto alla mafia: “Abbiamo sbloccato le assunzioni nelle forze dell’ordine, ci siamo schierati al fianco dei magistrati e di chi ogni giorno sul territorio conduce la battaglia contro la mafia, stiamo lavorando ad un provvedimento che dia un’interpretazione autentica di cosa si debba intendere per ‘reati di criminalità organizzata’ e che scongiuri il rischio che gravi reati rimangano impuniti per effetto di una recente sentenza della Corte di Cassazione”.

Foti (Fdi), ‘obbligo morale di tramandare sua lezione’

“A trentuno anni dalla strage di via D’Amelio, dove hanno perso la vita Paolo Borsellino e gli agenti della sua scorta, ricordiamo l’esempio straordinario e la lezione che il magistrato palermitano – insieme al collega Giovanni Falcone – continua a impartire a tutti noi, che abbiamo l’obbligo morale di tramandare. C’è la necessità di continuare a parlare di mafia e delle nuove mafie, di come si sono trasformate, affinché i giovani siano consapevoli che il rischio non è scomparso, ma è ancora attuale. La lotta alla mafia è e rimane un caposaldo fondamentale nell’agire politico di Fratelli d’Italia, consacrando il ricordo di chi ha sacrificato la propria vita per combatterla e ribadendo che la legalità nelle Istituzioni è un punto essenziale del nostro programma”. Così, in una nota, il capogruppo di Fratelli d’Italia alla Camera Tommaso Foti.

Il rimpianto di Guarnotta, ‘il giorno prima venne a trovarmi ma non ero in ufficio’

“Ricordo perfettamente dove ero domenica 19 luglio 1992 ma anche dove non ero il giorno prima, sabato 18, e cioè nell’ufficio del nostro bunkerino, dove Paolo Borsellino era venuto a trovarmi ma non ci incontrammo perché ero al mare con la mia famiglia. Perché sei venuto a trovarmi, Paolo? Era solo una visita di cortesia oppure volevi mettermi al corrente di qualcosa di importante? Non poteva essere un semplice saluto senza particolare importanza perché tu ritenesti di informare tua moglie, la cara e dolce Agnese, lei me lo confermò in seguito, che eri passato a trovarmi e che saresti tornato il lunedì successivo. Probabilmente c’era dell’altro, qualcosa che ritenevi io dovessi conoscere nel caso ti fosse successo quello che paventavi ma che non aveva fermato la tua disperata corsa contro il tempo, in quei terribili giorni della tua ultima estate, per scoprire i nomi degli esecutori materiali ma anche dei mandanti della strage di Capaci”. E’ il ricordo di Leonardo Guarnotta, il magistrato che fece parte del pool antimafia di Falcone e Borsellino. “Con la consapevolezza che bisognava fare in fretta, sempre più in fretta, perché eri certo che il tempo stava per scadere anche per te. Il mancato incontro con Paolo, il giorno prima della strage, è uno dei più grandi rimpianti della mia vita… – dice -Il pomeriggio del 19 luglio 1992 ero con la famiglia in una località balneare vicino Palermo e stavo guardando la tv”.

“Improvvisamente il programma venne interrotto per una edizione straordinaria del Tg1. Fu così che appresi la sconvolgente notizia dell’attentato dinamitardo che aveva ucciso Paolo Borsellino e gli agenti della scorta Agostino Catalano, Emanuela Loi, Walter Eddie Cosina, Claudio Traina e Vincenzo Fabio Li Muli, mentre un altro agente, Antonino Vullo, era sopravvissuto, anche se in gravi condizioni – spiega ancora Guarnotta, oggi 83 anni -Allo sgomento iniziale seguirono un moto irrefrenabile di rabbia, di disperazione ed un lancinante dolore fisico”.

“Tornai a Palermo guidando, tra mille pensieri, verso via D’Amelio. Mi trovai in mezzo ad uno scenario apocalittico, un ammasso di autovetture saltate in aria, insieme alla Fiat 126 rubata e carica di tritolo, come si apprenderà nel corso delle indagini, lamiere contorte, balconi e finestre dell’edificio, in cui abitavano la madre e la sorella di Paolo, lesionati o divelti dalla forte esplosione sino al quinto piano. In giro resti umani,persino tra i rami di un albero – aggiunge – Confesso di non avere avuto il coraggio di vedere, per l’ultima volta, Paolo, il cui corpo era stato devastato dalla esplosione, perché̀ ho preferito ricordarlo come l’avevo conosciuto e avevo imparato a volergli bene”.

“Anche Paolo Borsellino, dopo Giovanni Falcone, se ne era andato, era caduto in guerra, quella guerra a Cosa nostra mai ufficialmente dichiarata dallo Stato italiano ma combattuta ogni giorno a Palermo. Sino alla fine – aggiunge ancora Guarnotta – Con quale forza d’animo rassegnarsi alla perdita di un collega con il quale hai vissuto e condiviso, intensamente, momenti di esaltazione e di sconforto, occasioni di svago e di spensieratezza ma soprattutto la consapevolezza di avere, insieme, fermamente voluto liberare questa nostra terra, la Sicilia, così bella ma così sfortunata, dalla violenza e dalla tracotanza delle mafia”.

“In una Palermo smarrita, sgomenta, provata emotivamente da quella strage, seguita 57 giorni a quella di Capaci, che aveva indotto Antonino Caponnetto alla disperata, amara considerazione “È finito tutto”, la parte sana della società civile comprese che era arrivato il momento di reagire, di dire un no definitivo alla violenza mafiosa, di riscattarsi da una secolare inerzia che aveva consentito a Cosa nostra di muoversi come anti-stato nello Stato”, dice.

E conclude: “Sono trascorsi 31 anni da quel 19 luglio 1992 in cui la ferocia mafiosa ti ha portato via da noi ma tu, caro Paolo, anche se ormai appartieni alla storia del nostro paese, sarai sempre presente tra tutti quelli che ti hanno voluto bene, sarai sempre vivo nel mio cuore. Riposa in pace”.

Conte, ‘sue parole risuonano forti, non perdiamo entusiasmo e rabbia’

“‘Ho temuto nell’immediatezza della morte di Falcone una drastica perdita di entusiasmo in quello che faccio. Se non dico di averlo ritrovato, ho almeno ritrovato la rabbia per continuare a farlo’. Le parole di Paolo Borsellino, in questo tragico anniversario, risuonano forti nelle coscienze e nei gesti di chi ogni giorno combatte le mafie nel proprio territorio, di chi dice no al pizzo, di chi sporge denuncia anche se poi trova una bomba davanti al negozio, di chi si impegna nelle istituzioni per mettere all’angolo i mafiosi e i loro interessi economici, di chi contribuisce a promuovere la cultura della legalità e dell’etica pubblica anche nella diffusa indifferenza”. A scriverlo, in un post su Facebook, è il leader del M5S Giuseppe Conte.

“Sono parole – sottolinea – che cadono purtroppo nel vuoto in alcune sedi istituzionali. Quelle di chi opera per indebolire le armi dello Stato contro la mafia. La lotta ai clan è fatta di scelte e azioni nette, non di vuote frasi di circostanza da declamare il giorno giusto, in cui ricorre un anniversario. Continuiamo ad agire per contrastare le mafie. Ogni giorno, in ogni luogo. Non perdiamo l’entusiasmo, non perdiamo la rabbia”, conclude l’ex premier nel giorno dell’anniversario della strage di Via D’Amelio.

Lollobrigida,’ferita che ha squarciato anima nazione’

“Una ferita che squarciò l’anima dell’intera Nazione. Nel giorno dell’anniversario della strage di Via D’Amelio, ricordiamo Paolo Borsellino e i cinque agenti della sua scorta. Ricordiamo il loro coraggio, la loro determinazione, il loro credere in un’Italia e un mondo libero dal cancro mafioso. Come ogni 19 luglio, come ogni giorno: non dimentichiamo”. Lo scrive su Facebook il ministro dell’Agricoltura Francesco Lollobrigida in occasione dell’anniversario dell’attentato costato la vita al giudice Paolo Borsellino e alla sua scorsa.

Delmastro (Fdi), ‘governo a testa alta, nessun cedimento con mafia’

“L’esempio e la lezione di Paolo Borsellino è più viva che mai. Con la mafia nessun compromesso morale, nessuna indifferenza, nessuna contiguità, nessuna complicità. Il Governo Meloni, come primo atto, ha scongiurato la sostanziale abrogazione dell’ergastolo ostativo e poi è stato fortemente impegnato a difendere il carcere duro nei confronti di mafiosi e terroristi”. È quanto dichiara in una nota Andrea Delmastro delle Vedove, sottosegretario alla Giustizia e deputato di Fratelli d’Italia.

“Nulla di più che il nostro dovere, ma l’aver adempiuto al nostro dovere, senza tentennamenti, ci consente oggi di partecipare a testa alta alle commemorazioni di Paolo Borsellino e della sua scorta”, conclude

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