La burocrazia lascia al freddo i ricoverati all’ospedale di Taormina

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di Nello Cristaudo

 

Si sa bene che i problemi in ospedale sono tantissimi, basta frequentarli un po’ per rendersene conto. Tra le varie criticità che si riscontrano nell’ospedale “San Vincenzo” di Taormina, ne emerge una che sa di incredibile: la mancanza di riscaldamenti accesi (sino al 1 dicembre ancora spenti n.d.a.)  nei reparti che costringono gli ammalati e gli operatori sanitari a rimanere “al freddo e al gelo”. Va bene che siamo in periodo di Avvento, quindi di attesa al Santo Natale, ma costringere i pazienti a tremare perché non sono accesi i riscaldamenti, francamente non si può sentire. Eppure avviene in barba ad ogni cosa.

Il tutto nasce dall’applicazione, secondo noi errata,  della Legge del 9/1/91, n. 10 (G.U. n. 13, del 16/01/91), al DPR del 26/8/93, n. 412 (G.U. n. 242, del 14/10/93) e successive modifiche, in base alla quale l’Italia è divisa in sei zone climatiche, con date diverse per l’accensione del riscaldamento e differente numero di ore in cui è possibile tenerlo acceso durante il giorno. La normativa, inoltre, stabilisce anche il limite massimo di temperatura consentito nelle abitazioni private, uffici, scuole ed edifici pubblici (20°C + 2°C di tolleranza) e negli immobili in cui si svolgono attività industriali e artigianali o assimilabili (18°C + 2°C di tolleranza).

Le province di Crotone, Reggio Calabria, Agrigento, Catania, Messina, Palermo, Siracusa, Trapani sono raggruppate nella zona B dove l’accensione è prevista il 1 dicembre e lo spegnimento il 30 marzo.

Ospedale San Vincenzo - Taormina
Ospedale San Vincenzo – Taormina

Stante così  le cose  tutto sembrerebbe in regola per cui non si potrebbe recriminare nulla, in realtà non è in questo modo. La norma, cui abbiamo fatto riferimento, stabilisce in un comma successivo che queste disposizioni non si applicano a: edifici adibiti a ospedali, cliniche o case di cura e assimilabili ivi compresi quelli adibiti a ricovero o cura di minori o anziani, nonché alle strutture protette per l’assistenza ed il recupero dei tossico-dipendenti e di altri soggetti affidati a servizi sociali pubblici; edifici adibiti a scuole materne e asili nido e ad altre categorie di edifici.

Ovviamente  sarebbe stato illogico che il legislatore potesse annoverare gli ospedali, luoghi di cura per gli ammalati, tra gli immobili cui richiedere il risparmio energetico. Solo che chi ha la responsabilità dirigenziale di indire le gare d’appalto per l’approvvigionamento  del carburante necessario a riscaldare gli ospedali, ha pensato opportuno fermarsi alla regola del 1 dicembre, ricavandone un bel risparmio sui costi, per poi magari ottenere forse un premio di produttività a fine anno avendo fatto risparmiare un bel po’ di soldi all’ASP in danno, però, dei degenti lasciati al freddo.  Come se oltre alle sofferenze dovute per la malattia, ci si devono aggiungere anche quelle dovute alle inefficienze organizzative.

Ma a complicare le cose si associ la endemica carenza di coperte e copriletto, oltre a lenzuola e federe, che in qualche modo leniscono il freddo, tanto che diversi pazienti si sono fatti portare da casa coperte e plaid. Uno spettacolo assurdo che -ahimè- avviene a danno dei pazienti che ne subiscono le conseguenze con raffreddori, raucedini ed altro.

Questi sono disagi notevoli e importanti per persone deboli, anziane, per individui, soprattutto, che stanno male. Non si pretende l’Hotel a 5 stelle ma condizioni di vivibilità degne di ospedali all’avanguardia di un paese industrializzato, come l’Italia, e fra i primi 7 al mondo.  Speriamo non sia chiedere troppo.

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