Italia contro Sicilia: si prepara maxiprocesso contro 129 cittadini “No Muos”

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di Salvo Barbagallo

 

La “notizia” è apparsa in poche righe il giorno prima del terribile terremoto che ha sconvolto il centro Italia provocando 292 vittime: è passata inosservata, e non poteva essere diversamente a fronte dell’immane tragedia. A 129 cittadini “NO MUOS” è stato notificato da parte della Procura di Gela avviso di conclusione delle indagini per danneggiamento, resistenza a pubblico ufficiale e altri reati. La procura di Gela ha esaminato due manifestazioni contro la base statunitense di Niscemi: quella del 9 agosto del 2013 in cui fu ferito un finanziere alla gamba e quella del 25 aprile del 2014. I manifestanti contro l’installazione della Marina militare statunitense entrarono nella base: alcuni di loro tagliarono la rete di recinzione per introdursi nel centro di trasmissione satellitare di contrada Ulmo. Tra gli indagati ci sono anche un uomo di 81 anni, una ragazza israeliana e un giovane danese, accusati di aver invaso la base della Marina Militare Usa di contrada Ulmo. Per questi 129 manifestanti ora si prepara un maxiprocesso: in 34 dovranno rispondere anche dell’accusa di violenza e minacce a pubblico ufficiale, gli altri dovranno invece rispondere di invasione della base, dove “l’accesso è vietato nell’interesse militare dello Stato” e rischiano il carcere da tre mesi a un anno, dieci manifestanti sono stati individuati come responsabili del taglio della recinzione con delle cesoie.

nisc1La conclusione delle indagini porta la data del 7 dicembre dello scorso anno, ma è stata notificata agli interessati dopo il dissequestro del MUOS da parte del Tribunale del riesame di Catania, con una sentenza che, di fatto, ha cancellato l’operato di altri giudici (quelli della Procura di Caltagirone, della Corte d’Appello e della Cassazione).

Abbiamo scritto più volte sul “Caso MUOS” e di seguito pubblichiamo alcuni di questi articoli. Quel che ora intendiamo ribadire è che non c’è da meravigliarsi per quanto sta accadendo ai 129 manifestanti che si vedranno alla sbarra per avere espresso, forse in maniera plateale, quello che dovrebbe essere un “diritto” di tutti, cioè di non volere sul proprio territorio una struttura militare “straniera” che ha finalità “belliche”. I 129 manifestanti dovrebbero essere accusati di “ingenuità” perché hanno creduto (e credono ancora) che attirando l’attenzione si potesse mettere un “alt” prima alla costruzione e poi all’operatività del MUOS. I 129 manifestanti non hanno avuto la consapevolezza che se il MUOS di Niscemi è stato realizzato (con investimenti statunitensi in terra “italiana” di miliardi di dollari) ciò è stato possibile perché lo hanno permesso i Governi “italiani” che si sono succeduti dagli Anni Cinquanta ad oggi. Ed è la Magistratura “italiana”, cioè un Organismo dello Stato Italiano, che li ha messi sotto accusa, e non certo la…Magistratura statunitense. Un paradosso? Tutt’altro. È come dire: “Italia contro Sicilia”, in quanto il MUOS è in terra “Siciliana”! Ma questa considerazione, potranno affermare in molti, equivale a ripetere che è la storia di sempre, non certo una “novità”. Sigonella docet, Augusta docet, Trapani docet, eccetera eccetera. È come se la Sicilia non fosse dei Siciliani, né degli Italiani…


nisc24 settembre 2015

MUOS, casa mia non ti riconosco

di Salvo Barbagallo

La prima sensazione che hai è che ti senti straniero, che non ti senti a casa tua, eppure siamo a Niscemi, provincia di Caltanissetta, regione siciliana, Contrada “Ulmo”. E’ in questo luogo (che dovrebbe essere una “riserva protetta” “siciliana”) che la Marina degli Stati Uniti ha installato il temibile MUOS, più che noto per le proteste che la popolazione locale e no ha portato avanti da tempo per bloccarne la costruzione. Il MUOS, però, è installato e, prima o poi (se non già) entrerà in funzione. L’8 luglio scorso era attesa la sentenza del Consiglio di giustizia amministrativa di Palermo (Cga) dopo che il Tar aveva definito “abusivi” i lavori che erano stati compiuti. Al Tar sono seguiti altri due significativi “Alt” della magistratura: quello del Tribunale di Caltagirone, che ha posto sotto sequestro l’impianto, e quello del Tribunale del Riesame, che ha confermato le disposizioni precedenti. Ma il Consiglio di giustizia amministrativa di Palermo ha richiesto l’acquisizione di un documento che non aveva agli atti (la Valutazione d’incidenza) prendendo praticamente tempo sulla decisione da adottare sino a questo mese di settembre (?).

Nel pomeriggio di ieri (giovedì 3 settembre) gli avvocati Sebastiano Papandrea e Paola Ottaviano legali del coordinamento regionale dei comitati NO MUOS, hanno diramato la seguente  nota: “In data odierna il CGA ha depositato la Sentenza n. 581/2015 relativa alla vicenda del MUOS di Niscemi. Si tratta di una Sentenza non definitiva con la quale accoglie parzialmente sia Motivi d’Appello del Ministero della Difesa, sia motivi di appello incidentale del Comune di Niscemi e di Legambiente.

In estrema Sintesi, il CGA, pur riconoscendo l’invalidità della cosiddetta “revoca delle revoche” del governo Crocetta del luglio 2013 annulla le revoche (correttamente qualificate dallo stesso CGA come annullamenti d’ufficio) del marzo 2013 sulla scorta della considerazione che il governo regionale non avesse compiuto una sufficiente istruttoria sull’effettiva carenza degli studi sugli effetti del Muos su salute umana ed ambiente, tale da giustificare gli atti di annullamento.

Quindi, per il Consiglio di Giustizia Amministrativa restano da esaminare le questioni riguardanti i vizi delle autorizzazioni originarie (del giugno 2011) denunciati dalle parti ricorrenti ed al riguardo ritiene non esauriente la verificazione eseguita in primo grado e ritiene di dover disporre un approfondimento mediante la nomina di un Collegio di 5 verificatori di cui due nominati dal Presidente del Consiglio nazionale delle ricerche (C.N.R.) e dal Presidente del Consiglio universitario nazionale (C.U.N.) ed altri tre individuati nel Ministro pro tempore della salute, nel Ministro pro tempore dell’ambiente e della tutela del territorio e del mare e, per i profili attinenti alla navigazione aerea (in ragione dei pericoli per la sicurezza pubblica e, quindi, anche per la salute delle popolazioni, ipoteticamente riconducibili al pericolo di incidenti aerei), nel Ministro pro tempore delle infrastrutture e dei trasporti.

I verificatori dovranno rispondere ai seguenti quesiti:

1) quale sia l’effettiva consistenza e quali siano gli effetti, anche sulla salute umana, delle emissioni elettromagnetiche generate dall’impianto Muos, quando funzionante, considerato sia isolatamente sia in cumulo con gli impianti di radiotrasmissione già esistenti e ricadenti all’interno del territorio siciliano potenzialmente suscettibile di essere investito dalle emissioni prodotte dal suddetto impianto;

2) se tali emissioni siano conformi, o no, alla normativa (sovranazionale, nazionale e regionale) in materia di tutela dalle esposizioni elettromagnetiche, di tutela ambientale delle aree SIC e di prevenzione antisismica;

3) se le emissioni elettromagnetiche dell’impianto Muos possano mettere in pericolo, tenendo conto anche della possibilità di un errore di puntamento delle antenne, la sicurezza del traffico aereo civile.”.

La prosecuzione del giudizio è fissata per la prossima udienza del 16 dicembre 2015.

La sentenza del CGA ci lascia molto amareggiati e perplessi in quanto non appare in alcun modo condivisibile la considerazione per cui l’annullamento delle autorizzazioni, fatto dalla Regione Siciliana nel marzo 2013, non sia legittima. Ricordiamo che quell’atto fu conseguente alla messa in luce, durante due sedute di commissioni regionali, di tutte le carenze istruttorie relative all’iter delle autorizzazioni. Ci lasciano seriamente perplessi le motivazioni del rigetto delle questioni di legittimità costituzionale, che in questi anni sono state sollevate anche in sede parlamentare e condivise da importanti costituzionalisti. Infine ciò che stupisce di più è la decisione di predisporre una nuova verificazione da parte di un collegio di cui tre membri su cinque sono ministri della Repubblica. In che modo potrebbe mai essere considerato un organo obiettivo un collegio così sbilanciato a favore del governo, di cui un ministero, quello della difesa, è una delle parti in causa? E su quali basi può essere fatta una nuova verificazione sull’impatto sulla salute e sulle interferenze aeree se i dati per i calcoli delle emissioni delle parabole del MUOS continuano ad essere secretati da parte della marina USA? Una sentenza che più che su un piano giuridico ci sembra muoversi su uno politico, calpestando ancora una volta i diritti delle persone che devono sempre sottostare ad interessi più forti e legati a logiche belliche e devastanti”.

Emanuela Fontana scriveva due mesi addietro sul quotidiano “il Giornale” che il Consolato americano a Napoli ”aveva fatto sapere che, in caso di un ennesimo “no” al Muos da parte dei giudici italiani, la vicenda sarà gestita dagli Stati Uniti “con minore pazienza”. Nell’eventualità in cui il Cga dovesse confermare i rilievi del Tar, per il governo Renzi si aprirebbe una strada irta di difficoltà: come accontentare gli Stati Uniti rispettando la giustizia italiana?”. Va evidenziato che ad opporsi alle sentenze della magistratura italiana è stato il ministero della Difesa italiano che ha presentato ricorso contro la decisione del Tar con appello al Cga di Palermo: la massima autorità amministrativa della Sicilia dalla quale ora si attende una sentenza chiarificatrice.

Intanto le tre grandi antenne circolari con un diametro di 18,4 metri e due torri radio alte 149 metri sono già installate. Sono questi gli elementi portanti della stazione terrestre del sistema MUOS (Mobile User Objective System) di telecomunicazione satellitare che la Marina Militare degli Stati Uniti ha già probabilmente in fase di collaudo.

Il terminale terrestre di Niscemi è l’esatta copia di quello creato nell’agosto 2008 a Wahiawa, Hawaii, ampiamente collaudato, dunque operativo: il MUOS di Niscemi non può essere “neutralizzato”, essendo una delle quattro infrastrutture militari che si integrano fra di loro per assicurare il funzionamento dell’ultima generazione della rete satellitare che collegherà tra loro i Centri di comando e controllo delle forze armate Usa, i centri logistici e gli oltre 18.000 terminali militari radio esistenti, i gruppi operativi in combattimento, i missili Cruise e i Global Hawk (UAV-velivoli senza pilota), eccetera.

Il MUOS (acronimo di Mobile User Objective System) è un sistema di comunicazioni satellitari (SATCOM) militari ad alta frequenza (UHF) e a banda stretta (non superiore a 64 kbit/s), gestito dal Dipartimento della Difesa degli Stati Uniti. Il sistema è composto da quattro satelliti (più uno di riserva) e quattro stazioni di terra, una delle quali è stata terminata a fine gennaio 2014 a Niscemi.

Il MUOS comprende quattro impianti di stazione a terra. Le selezioni dei siti è avvenuta nel 2007 con la firma di un “Memorandum of Agreement” (MOA) tra la marina degli Stati Uniti e il Dipartimento della Difesa australiano e con quello italiano. Le quattro stazioni a terra, ognuna delle quali serve uno dei quattro satelliti attivi, sono ubicate presso l’Australian Defence Satellite Communications Station a Kojarena a circa 30 km a est di Geraldton, Australia dell’ovest; il Naval Radio Transmitter Facility (NRTF) a Niscemi, a circa 60 km dalla Naval Air Station di Sigonella; l’NGaval SATCOM Facility, Northwest, Chesapeake nel Sud-Est della Virginia; il Naval Computer and Telecommunications Area Master Station Pacific nelle isole Hawaii. Il programma MUOS è nella sua fase di completamento finale: sono stati messi in orbita i primi 3 satelliti, il quarto possibilmente entro il prossimo ottobre, mentre si prevede la messa in orbita del quinto (di riserva) entro il 2016.

Va ricordato che la procedura per la realizzazione del nuovo impianto di telecomunicazioni a Niscemi prese formalmente il via il 24 gennaio 2007. Il comando dell’Aeronautica militare italiana di Sigonella inoltrò il progetto MUOS all’Assessorato regionale territorio e ambiente, diretto al tempo da Rossana Interlandi (Mpa), ex consigliere d’amministrazione dell’Università di Catania. Nonostante le origini niscemesi e una militanza nel WWF siciliano, l’assessore non si oppose all’insediamento del sistema satellitare all’interno della riserva naturale “Sughereta” di Niscemi, Sito di Importanza Comunitaria.

A quanto è dato sapere, il MUOS di Niscemi è costato fino ad oggi 63 milioni di dollari. Milioni di dollari che, ovviamente, gli americani non vogliono che siano buttati al vento, pregiudicando – cosa per loro ben più importante – l’operatività dell’intero sistema.


nisc315 settembre 2015

MUOS sulla pelle dei Siciliani

di Salvo Barbagallo

Forse è vero quanto sostiene qualcuno, che la Sicilia è una Terra senza speranza. E forse ciò è vero dal momento che gli stessi Siciliani non reagiscono all’accaparramento della loro Terra da parte di stranieri i quali, grazie alla connivenza di pochi Siciliani, di questa Terra fanno l’uso che vogliono. L’ennesima riprova è data dalla questione del MUOS di Niscemi che, nonostante l’opposizione di qualche magistrato coraggioso, è destinata a chiudersi come ampiamente previsto: il temibile e terribile sistema di comunicazione satellitare militare opererà da Niscemi, così come già operano le altre tre interfacce dislocate a Kojarena in Australia, a Northwest, Chesapeake nel Sud-Est della Virginia e nell’Area Master Station Pacific nelle isole Hawaii. E’ praticamente impossibile che “qualcuno” in Sicilia possa eliminare il MUOS di Niscemi, e, purtroppo, ora (e ieri) le proteste sono vane.

Il problema sta a monte e la responsabilità della costruzione del MUOS in questo caso è principalmente siciliana e, ovviamente, del governo italiano. Non si può (e non si deve) dimenticare, quantomeno a futura memoria, e come abbiamo già scritto (ripetita iuvant) che la procedura per la realizzazione del nuovo impianto di telecomunicazioni a Niscemi prese formalmente il via il 24 gennaio 2007. Il comando dell’Aeronautica militare italiana di Sigonella inoltrò il progetto MUOS all’Assessorato regionale territorio e ambiente, diretto al tempo da Rossana Interlandi (Mpa), ex consigliere d’amministrazione dell’Università di Catania. Nonostante le origini niscemesi e una militanza nel WWF siciliano, l’assessore non si oppose all’insediamento del sistema satellitare all’interno della riserva “Sughereta” di Niscemi area naturale protetta della Regione Siciliana, con il parere favorevole (9 settembre 2008) dell’ufficio tecnico, della Sovrintendenza ai Beni Culturali di Caltanissetta, del Dipartimento regionale Ambiente e Territorio, dell’Ente gestore della Riserva, dell’Ente Foreste Demaniali, l’Ufficio per la Protezione Ambientale di Caltanissetta.

La presenza militare straniera – quella degli Stati Uniti d’America – non è quantificabile, così come non sono quantificabili gli armamenti (di varia natura) “made in USA” che sono sparsi nel territorio siciliano: ciò è stato possibile (e ripetiamo, ovviamente) non solo a seguito di accordi bilaterali USA-Italia, ma anche ( ed è questa la causa principale negativa) con la connivenza di chi ha governato la Regione. L’esempio MUOS è emblematico: il progetto statunitense a Niscemi si è concretizzato negli anni della presidenza alla Regione di Raffaele Lombardo, il politico che era assurto a quel ruolo con l’MPA, il Movimento fautore dell’Autonomia Sicilia! Tutto dire…

La Sicilia è isola militarmente occupata da forze straniere e poca importanza ha che queste forze vengono formalmente definite “alleate”: anche i tedeschi nel 1940 “alleati” dell’Italia di Mussolini “occuparono” militarmente la Sicilia, ma dopo l’8 settembre del 1943 divennero “nemici”. L’attuale occupazione militare USA dura da oltre sessanta anni e nessun governo regionale siciliano ha mai reagito, nonostante in possesso di uno Statuto Speciale Autonomistico che alla Regione offriva (e offre a tutt’oggi) gli strumenti per far valere le proprie ragioni.

Non è soltanto il MUOS che deve preoccupare i Siciliani, ma quanto di immaginabile (e inimmaginabile) oggi è collocato in Sicilia nelle diverse basi statunitensi, da Sigonella ad Augusta. . A nostro avviso – ma noi, è risaputo, non siamo esperti di Trattati internazionali – e come abbiamo detto in tanti articoli precedenti, ci troviamo di fronte a una “sovranità” territoriale violata. E poiché non siamo “esperti” in faccende internazionali, ci riferiamo sempre e pedissequamente a quanto contenuto in un Trattato internazionale, quel “Trattato di pace fra l’Italia e le Potenze Alleate ed Associate” sottoscritto a Parigi il 10 febbraio del 1947 che all’articolo 50, comma 4, recita letteralmente “In Sicilia e Sardegna è vietato all’Italia di costruire alcuna installazione o fortificazione navale, militare o per l’aeronautica militare. Non è soltanto il MUOS che deve allarmare i Siciliani, ma tutto l’armamentario (più o meno noto) esistente in Sicilia il cui uso (o abuso) non viene portato a conoscenza. E ci mancherebbe che si venisse a sapere, per esempio, quale attività svolgono i droni Global Hawks stanziati a Sigonella da anni, e che armi vengono custodite nei depositi della Naval Air Station e forse anche altrove (ordigni nucleari, ad Augusta o nelle vicinanze, per esempio?)

Pezzi di Sicilia “proprietà” degli Stati Uniti d’America? A quanto pare risposta “affermativa”, visto che, con molta disinvoltura, per apparati militari non italiani gli USA in terra italiana (leggasi MUOS o Sigonella, o Augusta e zone vicine) spendono decine e decine di milioni di dollari.

 

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