Quanti ordigni nucleari nei depositi USA in Sicilia?

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di Salvo Barbagallo

Periodicamente poche persone si pongono l’interrogativo “Ma ci sono bombe nucleari in Sicilia nei depositi delle installazioni USA sparse per la Sicilia?” Sia perché l’interrogativo, come detto, se lo pongono in pochi, sia perché la questione sembra sommersa dalla totale indifferenza da parte delle autorità locali e da parte degli stessi abitanti dell’Isola, nessuno si attende eventuali (quanto improbabili) risposte. Alla fine questa delle “bombe” nucleari in Sicilia si può considerare una “leggenda metropolitana” riservata ad una élite di “estimatori” o amanti del “complottismo” bellico.

Eppure, volenti o nolenti, la faccenda, a nostro avviso, merita interesse, merita attenzione. Qualche sporadico giornale che dice le cose come stanno, pur tuttavia c’è. E’ il caso de Il Fatto Quotidiano che nell’edizione di mercoledì scorso (20 gennaio) in un reportage di Toni De Marchi mette in luce degli aspetti singolari nei finanziamenti del Ministero della Difesa italiano per le installazioni militari sul suolo patrio. Ovviamente non si parla di soldi che vengono spesi per le basi militari in Sicilia, ma il punto di fondo è eguale e vale per tutto ciò che nel territorio nazionale esiste.

bomb3Ecco cosa ha Scoperto Toni De Marchi: Non solo in Italia ci sono armi nucleari, ma il Ministero della Difesa investirà molti milioni di euro per ammodernare i depositi corazzati che le custodiscono nella base aerea di Ghedi, in provincia di Brescia. La notizia è ufficiale, tanto ufficiale che il Segretariato generale della Difesa ha firmato il contratto n. 636 in data 12 novembre 2014 del valore di oltre 200 mila euro per la sola progettazione delle opere di ammodernamento del sistema WS3 (sta per Weapon Storage and Security System). Le informazioni su questo contratto, classificato “riservatissimo”, sono riportate nel documento della Corte dei conti sulla gestione dei contratti pubblici segretati del 2014, la “Deliberazione 18 novembre 2015, n. 11/2015/G”. Il contratto riguarda la “progettazione definitiva completa di sondaggi geognostici e rilievo plano-altimetrico in relazione agli interventi di “realizzazione di sistema Wass” e “Upgrade WS3 security system” a Ghedi (Brescia)”. Come è evidente dal titolo del capitolo dedicato all’argomento, il documento si riferisce ai soli oneri di progettazione che ammontano a “207.256,36 euro, oltre al contributo Inarcassa del 4 per cento pari a 8.290,25 euro, per un totale di 215.546,61 euro” come puntigliosamente annota il documento della magistratura contabile. Il che fa pensare, come suggerisce in una interrogazione la deputata pentastellata Tatiana Basilio, “che il costo delle opere in questione ammonti a molti milioni di euro, presumibilmente a carico del bilancio della Difesa italiano” (…) La cosa è clamorosa perché da sessanta anni, governo dopo governo, è stata negata persino l’esistenza delle bombe atomiche in Italia. E invece non solo le abbiamo, ma i documenti ufficiali certificano che spendiamo soldi per tenerle nelle nostre basi aeree.

Sarebbe sufficiente quest’ultima frase per dare risposta agli interrogativi che in “pochi” si pongono in Sicilia in merito agli “arsenali” sconosciuti (non vogliamo dire “segreti) sparsi appunto da un capo all’altro dell’Isola. Interrogativi che al nord si sono posti per l’installazione di Aviano/USA, ma che mai hanno toccato l’estrema periferia sud dell’Italia.

bombSempre mercoledì scorso, un altro autorevole quotidiano, La Repubblica, ha pubblicato un articolo di Stefania Maurizi riguardante “ammodernamenti” atomici statunitensi. Scrive Stefania Maurizi: E’ precisa e devastante. Può penetrare completamente nel suolo per distruggere i tunnel e le costruzioni sotterranee più resistenti. E’ la nuova bomba all’idrogeno “B61-12”, l’ordigno con cui gli Stati Uniti rimpiazzeranno le vecchie armi nucleari americane presenti in Europa e quindi anche quelle che si trovano in Italia (…) E’ praticamente certo che la B61-12 arriverà anche in Italia, per sostituire i vecchi ordigni nucleari americani che si trovano nelle basi di Aviano e Ghedi e per andare in dotazione agli F-35, che il nostro Paese ha deciso di acquistare tra mille polemiche (…)  «Dichiarazioni ufficiali [sull’Italia, ndr] non ce ne sono, ma il piano è di mandare le B61-12 negli stessi posti in cui oggi sono schierate le vecchie B61», spiega a l’Espresso Hans Kristensen della “Federation of American Scientists” di Washington, autorità in materia di armi nucleari Usa in Europa e autore di una rigorosa analisi sulla nuova B61-12 . Due anni fa, Kristensen ha aiutato il nostro giornale a rivelare come l’Italia sia diventata la nazione che schiera il maggior numero di ordigni nucleari Usa presenti sul suolo europeo: settanta bombe del tipo B61-3 e B61-4 su un totale di centottanta armi nucleari  (…).

Un occhio alla Sicilia? Neanche per sogno: gli “ammodernamenti” delle installazioni USA nella fattispecie li pagano direttamente gli Stati Uniti d’America, senza passare (a quel che si può capire) dall’Italia.

Noi rimandiamo a un articolo pubblicato su queste colonne il 2 ottobre dello scorso anno, senza aggiungere altro.

 

 

 

 

bomb2A Sigonella e Augusta depositi di bombe nucleari?

di Salvo Barbagallo

Cosa accade in Italia lo apprendiamo perché i mass media ci inondano di messaggi, ma di quanto si verifica in Sicilia di veramente importante ne veniamo a conoscenza spesso in ritardo e quasi mai dalla stampa locale. Un esempio potrebbe essere quello degli scandalosi malaffari del centro d’accoglienza profughi Cara di Mineo, denunciati e portati alla luce da “Il Fatto quotidiano” e non da un giornale regionale. Un esempio, ma anche a fronte di altre questioni delicate che riguardano la Sicilia, i Siciliani spesso e volentieri sono tenuti all’oscuro: non ne parla chi governa la Regione, raramente si apprendono eventi importanti, riferiti però in maniera superficiale, come cronaca spicciola. Ora vogliamo riferirci a quello che – a nostro avviso – dovrebbe essere preso come un “caso” emblematico di mancata (ma dovuta) informazione che si sta consumando in questi giorni e fino novembre: l’operazione aero-navale-terrestre “Trident Juncture 2015” definita dagli stessi soggetti interessati la più grande esercitazione Nato nel Mediterraneo dalla fine della guerra fredda. Ebbene, di questa esercitazione che vede impiegati solo in Sicilia circa 6mila militari (3mila dei quali giunti in Europa direttamente dagli Stati Uniti), 200 tra cacciabombardieri, aerei-spia e grandi velivoli e una sessantina di unità navali di superficie e sottomarini che ruotano attorno allo scalo aereo di Trapani-Birgi (e anche altrove?) le nostre cosiddette “autorità” non hanno informato (per quel che ci risulta) le collettività del territorio, ignare (o quasi) di quanto sta accadendo nell’area marittima e terrestre dell’Isola. Tutto ciò è da considerare “normale”? E’ comprensibile che le notizie che si riesce a raccogliere possono essere incomplete o distorte, ma chi dovrebbe fornire i dovuti ragguagli tace, Ministero Difesa italiano in testa, a seguire le Autorità locali. Allora? Tutto ciò è da considerare “normale”?

In realtà non c’è da stupirsi. Sulla progressiva e sempre più pericolosa militarizzazione straniera della Sicilia, da parte del Governo regionale e da parte dei governi locali del territorio c’è stato (e permane) un compiacente (oscuro, inquietante e complice) silenzio da decenni e decenni, sin dall’inizio degli Anni Cinquanta, da quando, cioè, iniziò, da parte degli Stati Uniti d’America, la costruzione dell’autonoma base di Sigonella, in origine Naval Air Facility (NAF), oggi Naval Air Station (NAS) della Marina USA. Poi con i supporti nella base di Augusta, quindi a Niscemi (dal 1991), venuta alla ribalta con la costruzione del MUOS.

Tanto per tenerle in mente (ed elenchiamo solo ciò che è noto e non secretato) questa la costellazione militare USA in Sicilia:

Sigonella.

Motta S. Anastasia [Ct]. Stazione di telecomunicazioni Usa.

Caltagirone [Ct]. Stazione di telecomunicazioni Usa.

Vizzini [Ct]. Diversi depositi Usa.

Palermo Punta Raisi [aeroporto]. Base saltuaria dell’Usaf.

Isola delle Femmine [Pa]. Deposito munizioni Usa e Nato.

Marina di Marza [Rg]. Stazione di telecomunicazioni Usa.

Augusta [Sr]. Base della Sesta flotta e deposito munizioni.

Monte Lauro [Sr]. Stazione di telecomunicazioni Usa.

Centuripe [En]. Stazione di telecomunicazioni Usa.

Niscemi [Cl]. Base del NavComTelSta [comunicazione Us Navy ], ora anche con il MUOS,

Trapani. Base Usaf con copertura Nato.

Isola di Pantelleria [Tp]: Centro telecomunicazioni Us Navy, base aerea e radar.

Abbiamo elencato installazioni conosciute, ma c’è chi afferma che altre basi non note sono sparse per il territorio isolano. A prescindere di ciò che è verificabile e ciò che non è verificabile, la questione più eclatante (è nostra opinione radicata) riguarda gli accordi bilaterali Italia-USA che hanno violato (e non semplicemente “disatteso”) il Trattato di pace fra l’Italia e le Potenze Alleate ed Associate, firmato a Parigi il 10 febbraio 1947 (dall’Unione delle Repubbliche Sovietiche Socialiste (URSS) insieme a Regno Unito di Gran Bretagna ed Irlanda del Nord, Stati Uniti d’America (USA), Cina, Francia, Australia, Belgio, Repubblica Sovietica Socialista di Bielorussia, Brasile, Canada, Cecoslovacchia, Etiopia, Grecia, India, Paesi Bassi, Nuova Zelanda, Polonia, Repubblica Sovietica Socialista d’Ucraina, Unione del Sud Africa, Repubblica Federale Popolare di Jugoslavia), Trattato che all’articolo 50, comma 4, stabilisce in maniera chiara “In Sicilia e Sardegna è vietato all’Italia di costruire alcuna installazione o fortificazione navale, militare o per l’aeronautica militare, fatta eccezione per quelle opere destinate agli alloggiamenti di quelle forze di sicurezza, che fossero necessarie per compiti d’ordine interno”.

Ci siamo sempre meravigliati come nessun Paese firmatario di questo Trattato abbia mai fatto attenzione a quanto sottoscritto e non abbia reagito adeguatamente, neppure l’URSS in tempo di “guerra fredda”. Ovviamente non parliamo di possibili reazioni da parte dell’Italia o degli USA che proprio hanno “disatteso” una norma sancita a livello internazionale.

Ma tant’è, la militarizzazione è proseguita negli anni (quasi un’escalation) e prosegue.

E’ risaputo che l’installazione di Sigonella è considerata dagli esperti non solo la più avanzata del sistema difensivo statunitense a sud dell’area euro-mediterranea, ma quella con più capacità operative. Lo stanziamento stabile dei Global Hawks (i velivoli senza pilota, fortemente armati) ormai da qualche anno a questa parte, rende la base siciliana temibile a prescindere da tutte le altre componenti belliche ivi residenti da tempo. C’è chi sostiene che lavori segreti in corso intorno a Sigonella (da Lentini a Gerbini) facciano presupporre la presenza in atto (?) o in un imminente futuro (?) di ordigni nucleari. Ovviamente essendo informazioni militari segrete nessuno ne parla, né le competenti autorità, né (?) i mass media. Già è più che pericoloso quanto è noto. E quel che è conosciuto è che sono 12 le basi aeree che, dislocate in 7 Paesi, sono in grado di ospitare armamenti atomici sotto il controllo degli Stati Uniti d’America. Nel 2005 le testate nucleari ivi presenti ammontavano a 480 unità. I dettagli del Programma di Accordi sul dispiegamento nucleare della NATO – come detto – sono segreti. Le bombe sono gestite attraverso un Sistema di Sicurezza per l’Immagazzinamento degli Armamenti, ideato durante la Guerra Fredda, che prevedeva di collocare le testate nucleari, insieme ad armi convenzionali, in rifugi sotterranei con apertura a tempo. Tali rifugi sono stati costruiti a partire dal 1987 al di sotto della superficie degli hangar che ospitano i velivoli che possono trasportare le testate stesse. In alcune basi, la custodia e manutenzione degli ordigni è affidata ai cosiddetti Munitions Support Squadron (MUNSS), a ciascuno dei quali sono approssimativamente assegnate 150 unità di personale. Per quanto riguarda l’Italia in più occasioni la stampa ha sostenuto che Aviano– sede di F-16 statunitensi – possiede 18 rifugi e 50 testate nucleari. La presunta presenza a Sigonella di un Munitions Support Squadron, unitamente a questi presunti lavori nelle aree di competenza, sta facendo ipotizzare che ora anche in Sicilia verranno “depositate” bombe atomiche.

In un recente articolo, Antonio Mazzeo riporta alcuni dati che dovrebbero far riflettere: il 2 febbraio scorso, il Dipartimento della difesa USA ha chiesto al Congresso l’autorizzazione per l’anno fiscale 2016 a spendere 102.943.000 dollari per costruire nella base siciliana di Sigonella gli hangar e una serie di infrastrutture di supporto per i nuovi velivoli senza pilota e gli aerei da guerra. Il prossimo anno saranno stanziati invece 54.530.000 dollari per avviare i lavori di una Stazione di telecomunicazione e, tra il 2017 e il 2019, saranno richiesti per Sigonella “investimenti aggiuntivi” per 236.366.000 dollari.

Il sommergibile nucleare Scranton USA ad augusta il 6 marzo scorso
Il sommergibile nucleare Scranton USA ad augusta il 6 marzo scorso

Montagne di dollari spesi in installazioni militari fisse in Sicilia dovrebbero porre i governanti la nostra Regione nelle condizioni di chiedere “conto e ragione” al governo centrale; dovrebbero chiedere come e perché si è voluta trasformare la Sicilia da ‘Terra di Pace’ in Terra di guerra; dovrebbero chiedere il perché gli USA si sono impadroniti di una Terra non loro per farne un uso bellico. Dovrebbero chiedere tante e tante altre cose. Ma il presidente Rosario Crocetta, il suo governo, l’intera classe politica siciliana attuale e passata tacciono in merito a questioni di questo genere. Quel che dovrebbe allarmare è anche il silenzio pesante del presidente della Repubblica Sergio Mattarella, che Siciliano è, e che sembra ignorare quanto accade nella sua Terra. Per tutti loro non possono esserci alibi di sorta.

Che ci siano o ci saranno armi nucleari in Sicilia sembra un volersi prendere in giro: certi mezzi aerei statunitensi a Sigonella anche se solo in transito li trasportano; i mezzi subacquei (i sottomarini, nucleari e no), anche se solo in transito ad Augusta, li trasportano già. Cosa andiamo domandando, allora?

Forse vorremmo conoscere semplicemente e senza essere presi per i fondelli (è il meno che possa pretendere la nostra collettività isolana), quale è il destino riservato alla Sicilia.

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