In Italia e altrove nel mondo si ricordano alcune importanti date: quelle del 4-5 giugno e del 6 giugno del 1944. Date che oggi si sostiene – in parte con ragione – che cambiarono il corso della storia.
Il 4-5 giugno di settanta anni addietro le truppe anglo americane al comando del generale Mark Wayne Clark entravano a Roma, dopo avere superato le linee difensive tedesche: Il feldmaresciallo Albert Kesselring, comandante della Wehrmacht in Italia, aveva deciso di ripiegare verso nord per non impegnare le truppe in un combattimento all’interno dell’area urbana della capitale.
Il 6 giugno di settanta anni addietro lo sbarco alleato in Normandia, il famoso e tanto celebrato “D Day” che portò alla liberazione dal nazismo l’intera Europa.
Due date importanti che hanno fatto dimenticare quella di un anno prima, la data del 9 luglio 1943, la data che segnò in maniera determinante le sorti della seconda guerra mondiale, l’invasione alleata in Sicilia, la meno celebrata “Operazione Husky”. Se l’invasione della Sicilia fosse stato un fallimento il “seguito” probabilmente sarebbe stato di natura diversa. Non è vero, come si sostiene, che l’occupazione della Sicilia non venne contrastata dalle truppe italo-tedesche: in Sicilia gli eserciti alleati dovettero battersi, con gravi perdite. sino al 17 agosto e non oltre grazie alle decisioni del comando tedesco di “sganciare” i propri contingenti dalla battaglia per farli risalire, oltrepassato lo Stretto di Messina, verso il nord. Gli alleati per raggiungere Roma impiegarono quasi un anno, come le date rammentano ma non commentano.
Come in tante occasioni storiche nell’arco dei millenni è avvenuto, in Sicilia si giocò un futuro, ma agli storici e ai politici di ieri e di oggi forse questo interessa poco. Così come, forse, interessa poco che il futuro dell’Europa e del Mediterraneo continui a giocarsi in questo estremo lembo lontano da tutte le Capitali.