Mazzini e l’idea di Unione Europea dei Popoli

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Di Santi Maria Randazzo

Alla fine degli anni ’50 dell’800 ormai in tutta Europa cresceval’onda rivoluzionaria fra i popoli sottoposti al dominio di alcuni stati e sempre più evidente appariva la necessità di unire le forze per poter avviare la liberazione della propria patria dai domini stranieri; i capi dei movimenti rivoluzionari europei cercarono di unire le forze per l’obiettivo comune e, finalmente, si poterono riunire all’inizio di settembre del 1855 per discutere di ciò che stava accadendo in Europa e per valutare ciò che era opportuno fare per rilanciare la rivoluzione dei popoli europei. A tale scopo Giuseppe Mazzini, Luigi Kossouth e Alexandre Auguste Ledrù Rollin si runirono per confrontarsi e prendere in esame le varie ipotesi organizzative necessarie per far si che i progetti rivoluzionari in ambito europeo potessero avere successo. Dalle notizie recentemente apprese e erano state condivise tra di loro, essi avevano contezza, soprattutto per le notizie che erano arrivate dalla Crimea, che le sorti della guerra volgevano ormai definitivamente a favore della coalizione di Francia, Inghilterra e Piemonte.  Il nuovo quadro politico europeo che si stava così definendo in seguito a questo evento poteva, quindi, costituire un’occasione favorevole da sfruttare per il fatto che le nazioni che si annunciavano vincitrici erano sicuramente portatrici di principi di libertà dei popoli, prima fra tutte la Francia, la cui potenza poteva contribuire ad affermare tale principio in Polonia, anello debole della Russia, in Ungheria, anello debole dell’Austria, ed in Italia; concorrendo a rendere attuabile questa possibilità la circostanza per cui la Svezia si era sganciata dall’alleanza con Austria e Russia che, in conseguenza di ciò, si erano certamente indebolite sul piano diplomatico e militare. Aprendo per primo la discussione, Giuseppe Mazzini così esordì:

“ Una cosa ci ha insegnato la storia, riguardando agli insuccessi dei moti rivoluzionari del 1848: che avviare separatamente le rivoluzioni nei singoli stati basando le nostre attese di vittoria solo sul contributo delle forze nazionali, ci mette di fronte a forze che ci sovrastano per numero e potenza militare. Dobbiamo, quindi, avere la capacità di mobilitare unitariamente le coscienze rivoluzionarie in tutti gli stati d’Europa per poter concentrare le nostre forze la dove possiamo avviare, con qualche speranza di successo, un’azione rivoluzionaria, anche inizialmente in un singolo stato per poi esportare la rivoluzione in tutta l’Europa. Dobbiamo perciò dare una parola d’ordine a tutti i nostri fratelli sparsi in Europa che si sono sacrificati e sono disposti a sacrificarsi per gli ideali di democrazia e libertà e che attendono da noi il segnale che segni l’ora del riscatto dei popoli. La parola che per noi sarà vincente deve essere Alleanza Europea e tale sicurezza  ci proviene dalla certezza di sapere che Dio ed i popoli d’Europa sono con noi.”

“ Ormai i tempi sono maturi < esordì subito dopo Mazzini, Ledrù-Rollin > per rilanciare la rivoluzione liberale in Europa, ora che gli equilibri di forza militare e politici sono mutati in seguito al manifestarsi di nuove alleanze tra gli stati europei ed ora la posizione della Francia, che è certamente la nazione che più di ogni altra vorrebbe che tutta l’Europa si avviasse ad una rivoluzione liberale, è più autorevole anche in conseguenza della recente dichiarazione dell’Inghilterra che ha affermato, tra l’altro, la necessità che avvenga la riunificazione nazionale dei territori italiani sotto un unico stato. Siamo oggi più forti perché stanno con noi, che mai ci macchiammo di delitto e di vendetta, il numero, le aspirazioni delle moltitudini, i loro patimenti, i loro interessi materiali, l’onnipotenza del sentimento nazionale negato dagli oppressori, l’istinto immortale che balza sotto la pressione e grida all’anima: libertà.”

“ Dobbiamo considerare < disse a quel punto Kossouth, intervenendo nella discussione > che vi è la necessità di costituire un partito unico a livello europeo che riunisca tutti coloro che sono disposti ad affermare e lottare il principio di: Libertà per Tutti e Libera Associazione per Tutti, facendola diventare una parola d’ordine per tutti coloro che sono disposti a lottare per affermare tali principi. Naturalmente dobbiamo anche organizzare una cassa comune a cui poter far confluire il contributo finanziario di tutti coloro che vorranno contribuire alla affermazione della nostra causa, atteso che occorrerà acquistare armi e quant’altro si renderà necessario per sostenere la lotta, che dovrà essere necessariamente armata, che siamo fermamente decisi ad intraprendere. Solo con la lotta armata la Rivoluzione potrà dare rimedio a tutti i mali che tormentano le moltitudini degli oppressi in Europa e per porre fine alle gravi ineguaglianze determinate dall’attuale ordine sociale. Noi siamo solamente gli iniziatori della Rivoluzione che scuoterà l’Europa ed essa si affermerà allorché sarà comune a tutti gli spiriti in una volontà collettiva, che scaturirà da quei Popoli che oggi si agitano sotto il drappo mortuario, quand’essi avranno fatto di quel drappo un Labarum di vittoria. La vita genera la vita; la libertà feconda e suscita le menti; e l’uomo che impalma la propria, alla destra dei suoi fratelli riuniti in un entusiasmo di sacrificio, di trionfo e d’amore, riceve una rivelazione della verità che Dio ricusa allo schiavo isolato che non s’attenta rompere la propria catena. Noi non siamo il futuro, ma i suoi precursori; noi non siamo la democrazia, ma un esercito incaricato di conquistarla.”

Dopo l’intervento di Kossouth prese nuovamente la parola Giuseppe Mazzini che così volle sintetizzare il suo pensiero:

“ Ciò che vogliono i popoli d’Europa e per cui ci chiedono di lottare deve essere reso pubblico con un nostro proclama collettivo che deve indicare alcune linee d’azioni essenziali che dovranno essere seguite, necessarie per prepararci adeguatamente alle dure lotte che dovremo affrontare, e che così dovremo indicare: < urge che ogni uomo repubblicano si chiami oggi azione  e rappresenti una forza; urge che ogni individuo appartenente al Partito rechi a un centro comune una somma qualunque di sacrificio e di attività, il braccio, l’intelletto, la borsa; urge che da ogni labbro esca simultanea la parola di fede a diffondere sui cerchi secondarii il bisogno di agire e la credenza che il momento opportuno è venuto; urge che di seno al Partito un sol grido sommuova le popolazioni incerte, esitanti, noi siamo uniti, unitevi tutti. Questo dobbiamo fare perché i nuovi equilibri europei offrono ai popoli questa occasione ed è compito del Partito farsi carico di questa missione, per sollecitare i patrioti d’ogni paese perché riflettano e decidano cosa sia opportuno fare. E dobbiamo guardare alla Francia come la Nazione che ha il dovere di conservare la propria gloriosa tradizione di libertà,  che oggi per il bene di tutti i popoli europei può rinnovare ed ampliare rinnovando la sua potente tradizione del 1789 e del 1792, così come gli Italiani hanno il dovere di portare a compimento il programma avviato nel 1848 a Roma ed in Sicilia, a Milano e a Venezia.>”

Proseguendo ancora a lungo nella discussione Mazzini, Kossouth e Ledrù-Rollin, alla fine del loro incontro proseguito per diversi giorni, decisero di stilare un manifesto indirizzato alla Democrazia Europea che illustrasse l’analisi della situazione internazionale e che tracciasse, al tempo stesso, il programma che intendevano realizzare; prima si sottoscriverlo cominciarono a rileggerne il testo:

“ Ai nostri fratelli di fede. Il momento ci sembra giunto perché la Democrazia Europea si ricostituisca in potente Unità, si schieri di fronte al nemico e agisca. E noi c assumiamo di dirlo ai nostri fratelli d tutti i paesi con l’autorità che può venire alle nostre parole, non dal nome ch’è nulla, ma dalla certezza di esprimere ciò che vive e freme oggi nel core dei popoli, da una conoscenza delle condizioni presenti attinta in relazioni stese su tutti i punti importanti in Europa, la coscienza di qualche pegno dato alla causa della libertà Europea e la ferma determinazione di non fallire ai nostri fratelli s’essi rispondessero alla nostra chiamata. E’ necessario ad ogni vasta impresa i concentramento d’una iniziativa; una mano che levi in alto la bandiera del movimento, una voce che gridi: l’ora è suonata. Noi siamo quella voce e quella mano. Se la maggioranza del partito riconosce in quella che noi innalziamo la propria bandiera; s’essa crede la nostra parola espressione di verità, è debito non secondarci. Sentinelle inoltrate della Rivoluzione, noi ei confonderemo nelle fila dei nostri al primo ridestarsi dei popoli; ma quel ridestarsi – la storia degli ultimi sei anni lo insegna – non avrà luogo se non quando l’unità sarà fondata nel campo. E’ questo in oggi i bisogno supremo. Le circostanze generate dalla guerra che si combatte in Oriente, lo additano urgente. Per questo, parliamo. Perché oggi ? Perché non ieri ? Qual nuovo elemento si è introdotto in una guerra che, rotta nel 1853, si trascina d’allora in poi nello stesso cerchio d’incapacità, d’immortalità, d’impotenza ? Parecchie illusioni sono sparite; parecchie verità presentite son oggi convalidate dai fatti. Per l’una cosa e per l’altra, era necessaria l’opera del tempo. Nella sfera dei principii, la questione europea è una sola: libertà per tutti: è questo il diritto, questo l’intento comune. Ma nella sfera del fatto, dei mezzi, la quistione assume due aspetti diversi: quello della nazionalità dei popoli, i quali come l’Italia, l’Ungheria, la Polonia, devono rivendicarsi l’esistenza contro l’oppressione straniera; e quello dei popoli che avendo già, come la Francia, conquistata la Patria, tenendo soltanto a seguirne, contro l’usurpazione, lo sviluppo regolare, organizzando la Sovranità del paese. Pei primi, la rivoluzione è guerra immediata: occorrono ad essi alleati e circostanze propizie; pei secondi, non si tratta se non di un lavoro interno, d’essere concordi a volere. […]”

Per l’intero giorno i tre rivoluzionari continuarono a leggere, commentare e correggere il corposo documento elaborato nei giorni precedenti, che così si concludeva:

“ […] Conosciamo popoli ai quali, come all’Ungheria e alla Germania, non è concesso, pel numero di nemici che li ricinge, fuorché l’entrare in seconda linea nella battaglia; essi devono prepararsi a seguire immediatamente la chiamata che sorgesse altrove. Conosciamo altri popoli che il passato, il presente e circostanze speciali chiamano all’onore dell’iniziativa. A questi appartengono la Francia e l’Italia. La Francia, guida un tempo del moto che trascina l’Europa verso il futuro, non può senza perire, rassegnarsi lung’ora al materialismo degli appetiti e a veder la bandiera che corse il mondo aggiogata da un padrone volgare al carro d’un Potere disonorato come l’Austriaco. L’Italia deve temere il peggio, dalla vergogna che uccide il futuro, sino a nuovi smembramenti che accrescerebbero il numero de’ suoi nemici se contro le fazioni pullulanti sul suo terreno essa non si leva ad affermare il suo diritto, la sua nazionalità, a sua Vita una e repubblicana. La Francia ha l’obbligo di continuare, di svolgere per la propria gloria e pel bene di tutti, la potente sua tradizione del 1789 e del 1792: l’Italia ha l’obbligo di compire il programma dato nel 1848 dall’insurrezione della Sicilia, dalle giornate di Milano, da Roma a Venezia: tocca al suo popolo risollevare la bandiera che i suoi monarchi tradirono. La Francia non ha da combattere nei primi giorni nemico straniero; il solo che l’Italia abbia è or debole, isolato, circondato dai nemici che un grido italiano gli susciterebbero sui fianchi, alle spalle nel core. La Francia ha potenza per sommovere quanti soffrono e aspirano in Europa sotto ordini sociali corrotti: l’Italia ha nel lembo della sua bandiera tricolore l’insurrezione della nazionalità. L’uomo del due dicembre è l’assassino di Roma. Francia e Italia; Roma e Parigi; tale dovrebbe essere la parola ‘ordine della riscossa. Ma qualunque ne sia il luogo, qualunque l’ora, noi crediamo poter affermare che la prima bandiera di popolo, innalzata in nome della Patria e dell’Umanità, sarà tosto seguita dall’altre. L’insurrezione darà moto all’insurrezione; la prima vittoria a dieci vittorie su dieci diversi punti. Non v’è oggi nazione che non possa con atto energico e potente di volontà redimere l’Europa intera.”

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