Francesco Randazzo: “Il vero amore è una quiete accesa”

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Di Veronica Marino

(AdnKronos) – “Non è una storia che indulge al romanticismo, quella di Tommaso e Moira, per niente. E’ una storia che sgorga da una attrazione forte e istintiva, senza nessun sentimentalismo, ma una fisicità piena che accende entrambi”, tanto da saper mettere radici più profonde e costruire “una fedeltà” all’altro che seppellisce la distanza temporale dettata da un tragico evento. E’ la storia che, come racconta all’Adnkronos il drammaturgo e regista siciliano Francesco Randazzo, è racchiusa nel romanzo ‘Il vero amore è una quiete accesa’ (Graphofeel edizioni), titolo che prende in prestito un verso della poesia di Ungaretti (‘Il vero amore è come una finestra illuminata in una notte buia. Il vero amore è una quiete accesa’…).

Non c’è ‘in scena’ un amore ideale, dice il regista, ma “un rapporto pieno di errori, di equivoci, un rapporto basato su un’attrazione fisica travolgente che diventerà però una fedeltà radicata al punto che, quando lui avrà un incidente che lo obbligherà all’immobilità del coma per ben due anni, lei di nascosto lo seguirà e lo aspetterà per tutto il tempo. E quando si ritroveranno è come se avessero interrotto il loro incontro poco prima”, perché Tommaso e Moira sono riusciti a creare comunque una realtà nuova, terza, a sé stante. Un romanzo sul destino, sul tempo, sull’amore, ambientato nella Città Eterna, il luogo perfetto delle contraddizioni umane, su cui volteggiano ancora Iride e le sue sorelle, divinità dell’Olimpo ellenico: “l’occhio esterno dell’autore e cioè il mio – sorride Randazzo – che mi sono divertito a frammentarlo come se fossi io Iride, Ocipete, Aello, come se fossi una sorta di deus ex machina che non può intervenire sugli eventi, ma che in realtà lo fa, scrivendoli”.

Ma prima che il lettore incontri il Tommaso e Moira adulti, capitano tante cose al bambino Tommi e alla ragazzina Leyla (questo il suo nome prima che lei stessa lo rifiuti e che Tommaso gliene desse uno nuovo, Moira, appunto), figlia di due grandi medici, in lotta contro la cecità da cui la salverà proprio il bioingegnere Tommaso, ignaro di chi fosse realmente e di cosa avesse attraversato la bambina a cui lui aveva restituito la vista reincontrata per caso tanti anni dopo. (di Veronica Marino – AdnKronos)

Nella foto, Francesco Randazzo

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