Da Caltanissetta a Caltatristezza: il boom di suicidi che non preoccupa nessuno

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di Luigi Asero

 

Quando il vaso è colmo basta, a volte, una singola goccia a farlo traboccare. Come basta un nulla per instillare nella mente di una persona affetta da un forte stato depressivo, a volte latente, il pensiero che “farla finita” sia la scelta più giusta per sé e per gli altri. Ecco, la goccia che ci porta a scrivere questo pezzo oggi è l’ennesimo suicidio di un giovane di appena 22 anni accaduto appena quattro giorni dopo il clamoroso suicidio di una giovane poliziotta.

Non entreremo nella cronaca e nelle motivazioni che possono aver indotto queste giovani e brillanti vite a scegliere il gesto estremo per esprimere (o piuttosto per non esprimere più) il disagio che attanagliava le loro menti. Un giornale, secondo il nostro modo di concepire l’informazione, in questi casi deve limitarsi alla cronaca essenziale. Non entrare nell’intimità dei soggetti coinvolti. In rispetto dei familiari, affranti, più che per le vittime che dal silenzio eterno scelto non avrebbero nulla -probabilmente- da eccepire.

Però un discorso più generale va imbastito, una tematica sociale che è ormai emergenza va affrontata e se a farlo non sa, o colpevolmente non vuole, la politica allora tocca alla stampa aprire la tematica sperando di riuscire ad aprire un varco tramite i suoi lettori almeno nella società civile.

Il titolo scelto purtroppo non ci da molte speranze. È infatti un titolo forte, che sarà visto di cattivo occhio da ogni nisseno, da ogni cittadino. Perché di fronte al dolore strettamente privato di madri e di figli, di mariti e di mogli, delle persone suicide, scatta invece quello stupido orgoglio per cui la comunità cui si appartiene è “la più bella del mondo”.

Orrore. “La Voce dell’Isola” scrive di Caltanissetta ciò che i nisseni mormorano, ma mai affermano a viva e gran voce: e cioè che ormai è diventata “Caltatristezza“.

Cari amici nisseni, cari parenti di persone che hanno scelto la via più drastica… che dirvi? Non è nostra intenzione offendere nessuno, se non chi si ritiene “colpevole” di questa situazione. Il nostro è piuttosto un grido di dolore. Il grido di quelle persone che hanno scelto di non gridare più. Era appena il mese di novembre 2018 quando nella sola città di Caltanissetta si registrarono tre suicidi (che poi furono cinque considerando quelli in provincia), oggi 1 aprile (e purtroppo non è il classico “pesce”) siamo già a due suicidi in quattro giorni. La domanda è: che sta succedendo a Caltanissetta?

Parliamo nel titolo di “boom di suicidi“. A un’analisi sui numeri assoluti questa considerazione può apparire azzardata. Ci sono infatti città dove si registrano (non per forza riportati dalle cronache) anche tre suicidi al giorno. I numeri però vanno letti integralmente. E confrontati. Così se una tale percentuale può apparire “normale” in una metropoli da oltre un milione di abitanti, così non può e non potrà essere per una cittadina che conta (dati Istat 2017) 63.157 abitanti e che, comprendendo la provincia (o libero consorzio) arriva a 271.758 abitanti (dati Istat 2016). Ecco, così la proporzione assume un livello preoccupante. Un livello che ci fa appunto parlare di boom di suicidi.

Di chi le colpe di questa situazione? Chiaramente parlare di “colpe” è azzardato, diciamo però che ci sono responsabilità. Collettive e individuali. Perché se è vero che uno stato depressivo, o singole situazioni personali, non possono essere addebitate direttamente alla “società”, è altrettanto vero che il mondo che tutti noi abbiamo creato (nessuno escluso) è un mondo ormai cieco ai bisogni dei più deboli. Dove con l’espressione “debole” non si può intendere sempre e comunque il povero o il malato. “Debole” è per definizione colui o colei che non riesce a reagire a determinate situazioni che gli appartengono o che si trova a fronteggiare. Definizione che include chi si sente rifiutato dagli altri, anche semplicemente per una propria impressione e non per un effettivo stato delle cose. Il mondo che abbiamo creato, o cui nella migliore delle ipotesi non ci ribelliamo diventandone così complici, è un mondo fatto di dicerie, di insulti più o meno velati. Accusiamo troppo spesso, a ragione, i giovani di fare bullismo e non capiamo che i primi bulli siamo noi. Ogni volta che ci atteggiamo in maniera incivile. I primi complici siamo noi ogni volta che “e che posso fare? Tanto non cambia nulla“.

Fatte in linea di massima queste considerazioni di carattere generale che riguardano, ovviamente, non la sola realtà nissena, forse è il caso di iniziare a puntare il dito contro una serie di eventi ed evenienze che invece proprio la realtà nissena toccano.

Tenuto conto di quanto sia facile parlare degli altri, puntare contro gli altri il proprio “indice accusatorio”, la cosa migliore è iniziare a parlare contro noi stessi. Noi della stampa, online e cartacea.

Quale dovrebbe essere il ruolo del giornalismo nella sua accezione più ideale, più nobile? Ovviamente informare, fare inchieste; rischiando anche, ma rimanendo con la schiena dritta. Oggi il mondo creato invece produce una massa di informazioni enorme, divisa fra mille fonti più o meno verificabili e più o meno verificate. Il risultato è un pessimo servizio ai lettori.

Pochissimi conoscono il senso della parola “Editoriale“, che non è un qualsiasi articolo, ma un articolo curato da un giornalista esperto e conosciuto dal pubblico che tratta un problema o un fatto di rilevante attualità cercando di indicare delle possibili linee guida per i lettori e se intellettualmente onesto cercando di rimanere distaccato (utopia) da proprie convinzioni politiche e da interessi di svariata natura. Quali editoriali aventi queste caratteristiche leggiamo delle nostre città siciliane? Dove siamo noi della stampa locale se non a “inseguire” il suono delle sirene per quei “clic” che, in assenza di finanziamenti, sono l’unica fonte di guadagno per le testate (posto che si riesca a vendere corrispondente pubblicità?).

La politica. La politica nissena, insieme alla politica regionale e non, ha certamente le sue colpe. Nessuno in verità in questo boom di suicidi è esente da “colpe”. La città ha subìto un progressivo declino, gli ultimi dieci anni sono stati una completa debacle di ideali e di azioni. No, non è un attacco alla Giunta uscente. È un attacco alla politica di ogni parte, di maggioranza e di opposizione. La cura delle proprie piccole aiuole (leggi alla voce “bacino elettorale”) ha lasciato morire gli interessi e gli stimoli di una città che avrebbe il suo punto di forza nella sua centralità rispetto alla regione. Passivamente si è lasciato morire il centro storico che non risorgerà certamente grazie alle automobili qualora fossero nuovamente autorizzate a transitare. Passivamente si è lasciato che i giovani lasciassero il capoluogo per “lidi migliori” assistendo a un progressivo invecchiamento della popolazione. Passivamente si è lasciato che aumentassero a dismisura reati come lo spaccio di droghe pesanti e leggere vera catastrofe di un mondo che non sa più sviare in altro modo le sue preoccupazioni; consentendo che i giovani si riunissero in un’area di servizio che supplisce all’assenza di reali luoghi di aggregazione.

In tutto questo non un “mea culpa” da parte di nessuno, in tutto questo non una parola concreta nemmeno da parte di alcuno dei candidati alle prossime elezioni amministrative. Ecco, le prossime amministrative. Forse sarebbe il caso di smettere di elencare problemi noti a tutti e iniziare a proporre soluzioni. Che saranno opinabili, perfettibili, ma che siano almeno possibili soluzioni.

E il mondo della scuola come quello della cultura in genere? Coglie forse questi disagi? O è invece chiuso nei suoi eventi quasi “personali”? Dov’è la capacità di coinvolgere giovani e meno giovani nelle tante iniziative culturali che pur sono proposte? Anche qui una sorta di “élite” che gestisce i pochi spazi, che non è capace di richiamare a sé giovani e fascia media per proporre la bellezza della cultura, delle arti in genere. E infatti i fine settimana sono il tripudio dei centri commerciali (quasi tutti rigorosamente fuori provincia ad aggravare la già forte crisi economica del commercio). Eppure Caltanissetta è una bella fonte culturale, ricca di autori passati e attuali, ricca di belle menti mortificate da un provincialismo che ha assunto (ora e non prima) una deriva preoccupante. Certo, non è colpa di insegnanti o esponenti della cultura se le persone non ne sono attratte particolarmente, ma è anche vero che se troppo raramente si riesce ad attrarre, allora forse qualcosa non funziona nel metodo adottato per portare a conoscenza delle iniziative intraprese.

E poi c’è il quasi silenzio di gran parte della Chiesa, chiusa ai suoi riti, alle sue Messe, alla sua Settimana Santa (importantissima e da valorizzare principalmente nel suo significato più Interiore). Sante Messe spesso troppo cantate e troppo poco pregate. In una sorta di distrazione di massa che appare ben distante dai bisogni personali dell’anima. Attenta a troppi interessi profani e poco attenta ai veri interessi evangelici. Tema caldo anche questo. Ma se Gesù Cristo è Speranza allora forse qualche suo discepolo in terra non ne ha compreso bene lo Spirito.

E poi… e poi i diversi simboli dedicati non al Bene ma al Male. Fatti nella assoluta non comprensione dei cittadini che forse non ne comprendono la simbologia. Che pur c’è ed è lì, parata davanti ai loro occhi. Simbologia che spiega bene come qualcuno agisca, in cuor suo, contro gli interessi del Bene Comune. Senza rendersene conto anche dei suoi stessi figli.

Caltanissetta è una città ricca di miniere abbandonate, di luoghi da visitare che nessuno visita più, che spesso nessuno più conosce. Come nessuno sa cosa sia veramente quel MUOS che a poche decine di chilometri (nella sughereta di Niscemi), emette onde radio potentissime, che agiscono su un raggio di 144 Km e che mettono in comunicazione (ufficialmente) la Marina USA e NATO nel mondo. Onde radio sulle quali neanche la comunità scientifica è concorde sui possibili effetti nel medio/lungo termine sulla popolazione.

Cittadini, troppo chiusi nei loro problemi per ascoltare i bisogni di chi è loro accanto, troppo presi da quella smania di apparire d’aver dimenticato -delle volte- quanto sia importante l’ “essere”.

Lo sappiamo, non vi piacerà questo articolo. È duro, molto duro. Va contro tutti o quasi, e ci scusiamo se abbiamo “dimenticato” qualcuno. Ma è un monito, un modo per dire attenti. Risvegliamo questa città. Se avete letto bene, insieme ai tanti “rimproveri” abbiamo scritto tante cose che rappresentano le potenzialità per risvegliare questa città (e forse altre città in simili situazioni). Se non le avete lette… rileggete con calma. Magari dopo qualche minuto. Perché adesso, non più “domani o poi”, adesso è il momento di rimboccarsi le maniche e iniziare tutti insieme a lavorare per questa città, perché rinasca, perché non sia più in cronaca per il “sistema Montante” o per il suicidio del giorno. Perché non si continui a leggere brevi di cronaca di qualche giovane o meno giovane suicida.

Ecco. Un impegno noi de “La Voce dell’Isola” cerchiamo di prenderlo, cercheremo di fare la nostra parte, da oggi con voi lettori nisseni. Cercare di esserci oltre la cronaca e gli eventi. Ci aspettiamo che anche le altre categorie toccate da queste pagine facciano la loro parte, ognuno per ciò che può. Insieme. Perché finisca questo boom di suicidi che sta suicidando la stessa Caltanissetta.


LEGGI ANCHE: Una lettrice ci scrive in merito al nostro editoriale dal titolo: Da Caltanissetta a Caltatristezza: il boom di suicidi che non preoccupa nessuno

 

 

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