di Salvo Barbagallo
Perché mai gli italiani dovrebbero chiudersi in casa? Non lo sappiamo, ma questo è l’invito/consiglio del premier Matteo Renzi: “Non chiudersi in casa!”. Ovviamente il premier si è riferito alla “questione terrorismo”, nel suo discorso di domenica scorsa (29 novembre) a Bruxelles al vertice con la Turchia sui migranti/profughi, affermando “…Non credo che il cittadino italiano debba rinchiudersi in casa. Noi non sottovalutiamo i rischi che ci sono ma vogliamo dare un messaggio positivo, di ripartenza (…) La posizione italiana sulla grave crisi che si vive a livello internazionale credo sia la più forte in prospettiva (…) Le grandi crisi internazionali in atto non si risolvono con qualche dichiarazione verbale muscolare. Ci vuole un investimento di natura diplomatica. Su questa posizione italiana arriveranno anche gli altri Paesi nei prossimi mesi (…)”. Non c’è che dire, se non apprezzare anche le doti di preveggenza (Su questa posizione italiana arriveranno anche gli altri Paesi nei prossimi mesi) che Matteo Renzi mostra di possedere. E allora? Potrebbe anche darsi che il premier conosca situazioni che gli italiani ignorano.
Allora…Gli italiani dopo i feroci attentati jihadisti a Parigi non si sono chiusi in casa: certo, hanno mostrato raccapriccio seguendo le ore di sangue di quella terribile sera di venerdì 13 novembre, ma non si sono chiusi in casa, non hanno temuto per la loro vita. Incoscienza? O semplice “non” consapevolezza di eventuali e presunti pericoli sul patrio suolo? O forse qualcosa d’altro che riguarda il “carattere” degli Italiani, quel carattere che a volte li rende spavaldi fin quando le cose gravi capitano altrove e non dietro l’angolo dove si abita? Non sappiamo. Di certo non riteniamo che la sottovalutazione del problema sia da addebitare alla certezza della “sicurezza”, almeno così come in Italia viene rappresentata e intesa dopo Parigi. Gli italiani, nel peggiore dei casi, hanno rinunciato alle vacanze all’estero, e comunque non tutti, specialmente quelli che non vogliono perdersi il Natale o il Capodanno al di là delle frontiere nazionali.
O forse gli italiani hanno (finalmente!…) compreso che le scelte prese in materia di terrorismo da chi rappresenta l’Italia sono quelle giuste, perché sono quelle che assicurano la sicurezza al Paese…? Sta di fatto che un presunto pericolo terroristico in Italia (o almeno nella maggior parte del Paese) non si avverte, non viene “percepito”, come si usa dire ora. Sicuramente nelle città considerate più a rischio (Roma, come Milano) l’accresciuta vigilanza (polizia o esercito) fa comprendere alla gente che in ogni modo “qualcosa” è cambiato nella vita dell’Europa, ma quanto vale il “sentimento” europeo in ogni italiano, in ogni siciliano o in ogni sardo? In quasi tutte le grandi città (per non parlare dei centri urbani più piccoli) non si nota (e non perché sia molto “riservata”) la presenza dello Stato che tutela i cittadini. In Sicilia, per esempio, la presenza dello Stato che dava “sicurezza” si notò (e come!) negli Anni Novanta con l’operazione anti terrorismo mafioso “Vespri Siciliani”: erano altri tempi, governanti d’altro stampo che davano risposte concrete, così come avvenne negli anni di piombo con il terrorismo nero e rosso. Ma anche allora, in quel lungo periodo oscuro, gli italiani non si chiusero in casa, e non solo per la loro voglia di vivere senza essere oppressi dalla paura. Probabilmente allora (come, d’altra parte, adesso) non c’era il senso della paura, e il panico collettivo previsto dagli autori delle stragi non si diffuse.
E allora?
Ma quale Paese in Europa è più elastico (o opportunista?) dell’Italia in materia di fuggitivi/profughi? Basti ricordare che in molti (personaggi noti o sconosciuti) sull’accoglienza dei disperati hanno lucrato e continuano a lucrare, e basti ricordare che sino a qualche mese addietro il ministro dell’Interno affermava l’impossibilità di infiltrazioni jihadiste fra i poveri disgraziati che riuscivano a raggiungere le coste nazionali. I fatti, poi, hanno dimostrato il contrario, anche se per la sicurezza è cambiato ben poco.
E c’è di nuovo che anche il ministro Pier Carlo Padoan mette le mani avanti su un eventuale rallentamento dell’uscita dalla crisi, sostenendo che “Il clima seguìto ai terribili fatti di Parigi è negativo e questo potrà avere effetti sulla ripresa”. Disoccupazione, sottoccupazione, lavoro nero dilaganti non hanno alcun nesso con il terrorismo jihadista: disoccupazione, sottoccupazione, lavoro nero, eccesso di tasse, eccetera hanno radici profonde, innescate nel malcostume e nel malgoverno, da tempo. Se la “ripresa” sarà rallentata o bloccata la causa non è il terrorismo che, comunque, ha bussato alla porta accanto.
E allora?
Allora dovremmo continuare ad affrontare i temi che questo giornale tratta da anni, quali (se parliamo sul piano nazionale) la dignità e l’identità di questo Paese, o (se parliamo sul piano regionale) l’assenza di un governo reale, l’annullamento della sovranità con l’occupazione militare straniera (quella degli USA) del territorio. Temi scomodi che… a rifletterci su, non ci fanno chiudere in casa per paura, ma ci danno la voglia di uscire da casa. Per andare altrove…