A Cesare quello che è di Cesare

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Ovvero

La rivoluzione tradita, il nuovo ordine negato

di Guido Di Stefano

     Noi Siciliani siamo le vittime eccellenti dell’attuale Occidente, cristiano a parole, che fin dagli albori ha rinnegato i valori che dice di difendere: verità,  libertà, dignità, fratellanza umanità.

    Tanto per comprenderci presentiamo un “flash” dei precetti rivoluzionari predicati e praticati dal Maestro: date a Cesare quello che è di Cesare e a Dio quello che è di Dio; non spegnete il lucignolo fumigante ma ravvivatene la fiamma; non tagliate la corda aggrovigliata ma dipanate ogni singolo nodo; non sono venuto a cancellare (nemmeno una iota) ma a disincrostare, aggiornare, perfezionare, diffondere luce; il buon pastore è via  verità e vita perché  precede le sue pecore; chi vuole essere il primo sia il servo di tutti; il medico serve per i malati non per i sani; ha pronunciato condanne per i corruttori dei bambini, i ricchi (o meglio i servitori del dio denaro), i   violenti (sanguinari e vendicativi) contrapponendo sempre candore, semplicità, condivisione (non accumulo), perdono-comprensione-dialogo-fratellanza-amore.

    Le testimonianze pervenute indicano che all’inizio la “rivoluzione” funzionò. Fino a quando? Non abbiamo elementi certi per datare la vera deviazione.

    E’ certo che quando Pietro si trasferì a Roma fu raggiunto dai venti di persecuzione che si erano mossi in Palestina. E’ proprio strano che la Roma imperiale si mostrò intollerante con la nuova fede religiosa. Aveva sempre accolto tutte le credenze e tutte le divinità: forse c’erano “concorrenti” di provata storia che  mettevano in giro calunnie e dicerie per distruggere il crescente credo religioso? Forse Costantino scoprì l’inghippo e/o si arrese davanti all’inarrestabile ed emanò l’editto di Milano?

    In ogni caso troviamo già tracce di “intersezioni” (o ingerenze) religiose e temporali nel quarto secolo dopo Cristo, ai tempi degli Unni: non mancarono “critiche” cristiane (magari comprensibili) alle scelte politico-militari del Cesare di turno.

    Con i Merovingi (prima e i Carolingi poi) pesante divenne il condizionamento di qualche pontefice sul governo di stati e popoli.

    Certo erano tempi agitati quelli (invasioni, guerre, abbandoni, riconquiste): erano graditi i conforti spirituali e (se possibile) quelli materiali.

    Ma (imprevedibile epilogo) nel via-vai continuo maturò la donazione di Sutri (anno del Signore 728): il potere temporale (o di Cesare se vogliamo) apertamente e giuridicamente passato nelle mani dei pastori delle anime.  Da quel momento fu un continuo allargamento territoriale; anzi qualcuno pensò bene di allargare potere e ricchezza scoprendo proprio in quel tormentato periodo (o scrivendo) la donazione di Costantino ( Constitutum Constantini), datata anno del Signore 321, ma messa avanti per sottolineare uno “status quo”.

    E’ proprio vero ricchezza e potere non saziano mai!

    In ogni caso  il potere temporale era conquistato e asservito, grazie anche al perfezionamento di una imbattibile arma: la scomunica!

   I veri Re di Sicilia, i veri Siciliani ne furono ripetutamente e crudelmente colpiti: i “folli sacrileghi” pretendevano la separazione tra materia e spirito, tra Dio e Cesare come ordinato da Gesù Cristo.

Inconcepibile per i potenti dissacratori del messaggio (rivoluzione)di Cristo che dovessero rinunciare a denaro e potere. La storia racconta troppo sommariamente  i misfatti conseguenti  a questa visione che di fatto ha sostituito da allora ad ora il monoteismo del Dio dell’amore con il politeismo del denaro e del potere. Scomuniche, guerre, crociate, strage dei Catari, inquisizioni, amerindi “violati, gabbati e rispediti al creatore” e altre laide amenità: in nome di Dio, della civiltà, del progresso ufficialmente.

   Quanti roghi, anche nel nuovo mondo!

   E oggi?

Andiamo di male in peggio!

Esistono nazioni  (forse troppo poche) equilibrate dove i Cesare e Dio hanno i loro rappresentanti nettamente distinti e separati ma aperti e collaboranti nel reciproco rispetto e per il bene comune; ma troppe nazioni mischiano con inflessibile determinazione la potestà dei Cesare con quella di Dio; addirittura molte nazioni (più in occidente forse) sono passate al politeismo servendo come supreme divinità denaro e potere.

    Di conseguenza se nei tempi andati si colonizzava (e depredava) con le motivazioni (comode) della diffusione dei valori religiosi, della cultura e del progresso oggi si “neo colonizza” (e si saccheggia) strombazzando altisonanti proclami di progresso, democrazia, libertà e diritti umani.  Miseria, profughi, morti, massacri, genocidi, il caos diventano solo degli inevitabili effetti collaterali, il cui incalzare non turba i sonni dei nuovi “sommi signori” e  il cui fragore non raggiunge le loro dorate dimore.

    Perché non ci restituite la nostra indipendenza, il nostro pacifismo, la nostra umana e sentita religiosità, la nostra identità? Siamo il cuore del Mediterraneo, non solo quello orientale o quello occidentale, non quello settentrionale o quello meridionale: siamo tutto il Mediterraneo. Non ci riconosciamo negli dei Pluto e Moloch. Non ci riconosciamo nell’UE delle banche. Non ci riconosciamo nella NATO che è pronta ad aggredire ovunque e chiunque perché siano servilmente eseguiti gli ordini dei padroni.

    Noi siamo i Siciliani e inseguiamo solo un ideale: pace e concordia universale, per potere riprendere la scrittura del futuro dei nostri figli  dall’evangelico “toto orbe in pace composito”, il vero inizio del nuovo ordine perché “composito” non significa schiavizzato ma “messo insieme” (o se vogliamo costruito come un tempio dedicato al Dio dal volto umano, l’Onnipotente).

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