Il potere urlato

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di Guido Di Stefano

   In ogni epoca, in ogni parte del mondo è successo e succede che alcune persone vanno ad occupare i più alti scranni del potere abusivamente e/o immeritatamente.

   Tutto il mondo è paese, si dice solitamente: ma Sicilia e Italia sono “più paese” che altrove, a nostro avviso.

   I più (tra gli abusivi e/o immeritati) appena raggiunto il “soglio” si affrettano a vestire i panni dell’autoritarismo, non possedendo e (forse) non conoscendo neppure i vestiti dell’autorevolezza.

   Qualcuno più “esperto” riesce magari a simulare una certa autorevolezza, tradendosi di tanto in tanto con qualche “espressione” ad effetto e/o poco ponderata che è nativa di altri centri di potere e figlia di altri potenti discreti (che non vogliono apparire nell’immediato cioè) o dei loro “dante causa” (i creatori della loro attuale “eredità”): in ogni caso non mancano mai (anche se garbate e misurate) le manifestazioni di alto gradimento, obbligatorie o spontanee che siano.

  Nella trattazione in corso cosa può elevare velocemente e (forse) inspiegabilmente alla sommità? La forza, semplicemente la forza. Fosse quella elettorale si parlerebbe ancora di democrazia e “godrebbe” di una certa ponderazione. Ma si parla di ben altri “sistemi” di  forza: quella delle armi, quella economico-finanziaria, quella dei misteri, quella dei segreti, quella della disinformazione, quella della menzogna, quella della paura, quella della cancellazione, quella della negazione dell’identità e dell’essere.

  Sempre più spesso ci sembra che i benefici effetti della rivoluzione francese, che i “brillanti” colori della “triade libertè – egalitè – fraternitè” vengono progressivamente oscurati dalla nera caligine dell’oblio: oblio della storia e dei veri esseri umani che l’hanno progettata e vissuta fin dalla notte dei tempi .

  Il potere delle persone di cui sopra viene dalle stesse “proclamato” o urlato (per dirla con Orazio) “ab ovo usque ad mala”. Ovviamente in via prioritaria provvedono all’insediamento della loro corte, composta per lo più da loro pari o da esperti campioni del “salto sul carro del vincitore”. Nel contempo si visualizzano e si propongono le schiere dei “volontari per soccorrere il vincitore” e vengono ri-tarati gli applausometri.

   Che siano potenti in proprio o per grazia (o delega) ricevuta  poco importa. Come è repentina l’ascesa così iniziano le manifestazioni del potere urlato, inizialmente dalla quasi totalità dei “fedeli” applaudito e da qualche “rio” criticato.

   Giorno dopo giorno le stesse litanie: da domani (o più in là) diremo, vedremo, faremo, costruiremo, rivoluzioneremo, purificheremo, saremo diversi dagli “altri”;  da ieri via questo, via codesto, via quello; a voi chiediamo da subito sacrifici, onestà, trasparenza, tasse, rinuncia a diritti pregressi, rinuncia a dignità, rinuncia a tutto e di più; e per finire “vinceremo”, anche se non è affatto chiaro contro chi o contro cosa né tanto meno quando.

   Questo secolo è già reduce dalle follie di quello precedente; eppure velocemente sta percorrendo la china verso il baratro da cui l’umanità è uscita da appena settanta anni. Chi dobbiamo ringraziare? Forse i favoriti da tutte (o parte) delle forze che spingono al vertice? Forse sì! Oppure in parte?

   Sembrano portatori di pensieri altrui! Si sbracciano, sgomitano, urlano e non si accorgono che nella dialettica e nei comportamenti  richiamano i tragici fantasmi di morte che hanno imperato sul mondo.

   Cambiano le parole ma reiterano i sostanziali identici concetti e impulsi di guerra. Hanno reintrodotto il “bestiario” nella foga oratoria (ai richiamati sorci verdi si sono aggiunti felini e pennuti) come se noi vittime-ascoltatori fossimo visitatori sempre paganti e componenti nati del grande  zoo umano. Pretendono dai popoli una fiducia cieca, fideistica osiamo dire. Si mostrano inflessibili (con gli umili) e fermamente intenzionati a fare percorrere alle genti la “ strada di lacrime sangue” da loro tracciata per gli altri cioè per i “miseri”.  Vedono,  additano, minacciano nemici in ogni circostanza e in ogni dove. Vedono nemici interni (critici, dissenzienti, scontenti) ed esterni (intere nazioni che chiedono rispetto e dignità): tutti da emarginare, rigettare, sanzionare e magari invadere e sradicare dalle loro terre, salvo poi farne motivo di altri “urli” più roboanti. E vinceranno (almeno sembra che così intendono con il loro citato “vinceremo”).

   E urlano sempre per nascondere il vuoto creativo che li avvolge; urlano (così diremmo se fossimo a teatro) per nascondere la voce del suggeritore; e sembra che alzano l’indice non per indicare una meta ma solo per guardarselo; mentre c’è il dubbio che alle loro orecchio non giunge il lamento delle genti  ma gli scrosci delle corti plaudenti  e le carezzevoli voci degli eventuali demoni protettori.

   In tutto il mondo! Ma le nostre terre sono “più mondo” perché (riteniamo noi) vi  dominano più numerosi  misteri e segreti, nemici della speranza e del futuro, e nel  loro tetro silenzio acquistano maggiore risalto i toni, le minacce e gli inganni di ogni urlo.

   Chissà come si comporterebbero tanti “capi” se per una qualche legge cosmica (nota a tutti però) non potessero  lasciare, mai e per nessun motivo,  le terre dove hanno urlato  il loro potere!

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