Sicilia, Autonomia già “abrogata”

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venere4di Carlo Barbagallo

Sarà colpa del caldo africano, sicuramente non è da menti lucide sostenere che occorre un referendum per abrogare l’Autonomia Siciliana e riportare l’Isola ad un’amministrazione di “normale” regione. Probabilmente il caldo non ha nulla a ché vedere con le affermazioni dei novelli “riformatori”, ma è soltanto una semplice questione di ignoranza: peccato mortale, visti gli illustri nomi di chi intenderebbe promuovere iniziative referendarie.

Ignoranza “peccato mortale” in quanto sono Siciliani i personaggi che stanno cercando di animare la “disputa” (con scarso risultato politico e di audience) e stanno dimostrando di conoscere molto poco le origini e le ragioni che hanno indotto lo “Stato italiano” a concedere alla Sicilia un’Autonomia e uno Statuto Speciale. L’invito che si può rivolgere a questi “illustri” personaggi è quello di andare a studiare (oseremmo di a “scoprire”) cosa sia accaduto in Sicilia “prima” della concessione dell’Autonomia e, soprattutto, “perché” è stata concessa, su quei pochi libri considerati “fuori” dalle linee “storiche” ufficiali. E dopo “capire” perché l’Autonomia non sia mai stata applicata, nel corso dei decenni, da chi ha governato la Regione.

Senza andare oltre, presentiamo sulla questione l’intervento di Mario Di Mauro, presidente dell’Istituto “Terra e Liberazione”, dal titolo emblematico “Non serve nessun Referendum. Lo Statuto siciliano del 1946 è già stato abrogato”:

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Non serve nessun Referendum, come qualcuno propone per “provocazione culturale” (addirittura!). Lo Statuto siciliano del 1946 è già stato “abrogato” nel 1957, con la “sospensione” dell’Alta Corte (in realtà di quasi tutto il Titolo Terzo art.24-25-26…un golpe bianco in piena regola!). Quell’Alta Corte che, de facto ancor più che de jure, lo avrebbe potuto e forse anche dovuto far applicare integralmente e correttamente. Dobbiamo discutere del Nulla?. Di improbabili referendum per l’abrogazione del già defunto Statuto in nome di una ritrovata “normalità”?. E sia.

Come Garibaldi nel 1860, che promise la terra ai contadini (ppi vurricalli!), anche nel 1946 “…ci fecero molte promesse, più di quante ne ricordi, ma ne mantennero una sola: promisero di prendere la nostra terra. E se la presero.” (Nuvola Rossa).

A voler raschiare il fondo della giara ci sarebbe ancora una parte spendibile, che è la parte economica, l’allora ottimo Titolo Quinto…dico spendibile perché, specie grazie al grande avvocato del Popolo siciliano, Giovanni Guarino Amella, ci sono, tra l’altro, anche gli artt. 40 e 41(senza bis) dello Statuto che tra le altre cose ci permetterebbero di legittimare perfino una moneta sociale complementare: potrei scriverci un romanzo sull’asineria di chi, in quasi 70 anni di “riparazionismi” in salsa parassitaria, di “sacchi” urbanistici, di truffe agrarie e di riciclaggio privato di spesa pubblica, avrebbe potuto impegnarsi almeno su questo tema, che fece inorridire a suo tempo Luigi Einaudi, e non mi riferisco solo a politici e politicanti vari.

Ma è fiato sprecato. La nostra Sicilia non ha una classe dirigente, né politica, né economica, né culturale…Quanto al “ceto politico” non può che essere espressione della Palude sociale che lo riproduce come proiezione delle sue miserie materiali e morali. 

L’”Autonomia vigilata” divenne ben presto la foglia di fico di un compromesso moderato semplice ed efficace: mano libera al notabilato politicante e affaristico, ascaro di “Roma”, nel riciclaggio clientelare e parassitario della spesa pubblica, in cambio di voti e controllo sociale, modello “riserve indiane”: al resto ci pensava l’emigrazione di massa, una vera e propria selezione genetica al contrario, una “secessione dei migliori”. Un etnocidio sofisticato completato dalla “società dello spettacolo”. Il sicilianoide medio di oggi è del tutto un colonizzato irrecuperabile, è il tipo sociale selezionato nel ciclo storico dell’ “Autonomia vigilata”.

L’abrogazione del vecchio e mai normato Statuto, “concesso” in fretta e furia per spegnere la Rivolta indipendentista, la trasformazione di questa Regione da “speciale” a “ordinaria”, non cambierà di una virgola questa Realtà, che è neocoloniale a prescindere. Qualcuno, con calcolo bottegaio, vuole solo ruffianarsi il neocentralismo romano di marca PD, che da un lato espropria i suoi stessi Enti territoriali, dall’altro cede sovranità all’Altare del Quarto Reich.

Sia chiaro: le inadempienze gravi nell’attuazione dello Statuto siciliano si configurano come un crimine storico attuato con metodo da “Roma” con la complicità di un esercito di ascari che ai partiti centralisti deve le sue miserabili fortune. E questo al di là dell’inadeguatezza strutturale della nostra Regione, che è una specie rara di ircocervo, per metà Stato e per metà… Provincia. In realtà fu concepita per non funzionare. Poi, in tanti ci hanno messo del loro…

Il ciclo storico della falsa Autonomia, alibi della dominazione neocoloniale sulla nostra Isola, è chiuso: plasticamente, per dirne una, non serve più neanche il Commissario dello Stato, antieroe della commedia autonomistica, infatti, da pochi mesi, è stato sostanzialmente eliminato con sentenza della Corte costituzionale. Era una figura pensata dai padri costituenti solo per bilanciare i poteri dell’Alta Corte, vera garanzia costituzionale dello Statuto, già “sospesa” alla fine degli anni Cinquanta e mai più ripristinata. Simul stabunt, simul cadent: ma ci sono voluti oltre 50 anni, ma tant’è, nelle colonie il Tempo non esiste, il colonizzato ritrova un senso solo nel Mito, annotava Albert Memmi nel suo Portrait du colonisé (un capolavoro, credo mai pubblicato in italiano, malgrado la prefazione di Sartre!).

Nel Deserto sociale che avanza, dobbiamo come prima cosa riconoscere che un ciclo storico si è chiuso. E’ il ciclo storico che, nello specifico statale della relazione “centro-periferia” e delle sue forme e dosaggi,  possiamo definire dell’ “Autonomia vigilata”, legittimato da uno Statuto che, tanto più dal 1992 (Maastricht, le stragi politiche di Capaci e via D’Amelio in Palermo, l’Operazione Britannia) vale meno di certi Trattati di Pace tra il Governo di Washington e le Nazioni indiane; una “Autonomia vigilata” e subordinata a “Roma”, perché il colonizzato è un mezzo ritardato incapace di camminare da solo nella Vita; uno Statuto, di natura formalmente “pattizia”, che venne comunque del tutto sterilizzato, già negli anni Cinquanta, malgrado o forse proprio perché fu veramente conquista de facto di indipendentisti come il professore Antonio Canepa, fondatore dell’EVIS, che ci rimise la vita, e di molti altri Siciliani coraggiosi.

Il ciclo fallimentare della vecchia “Autonomia vigilata”  – ne salvo solo la prima legislatura – si chiude del tutto con la sconfitta del recente, contraddittorio, tentativo autonomista animato da Raffaele Lombardo. Travolto, va detto, da un golpe mediatico-giudiziario che necessitava una risposta strategica e popolare, non solo una legittima difesa personale. E’ il limite di un certo “bonapartismo”: tutto comincia e finisce col leader e si risolve nel suo cupio dissolvi. E’ una lezione per l’Avvenire e purtroppo anche un avvertimento sistemico: lo scenario è assai più grande delle sedute spiritiche su cui è costruito il processo “Iblis” (il nome arabo del Diavolo!). Per esempio, non lo si dice, ma Hillary Clinton in persona, a Pechino, manifestò insofferenza per l’apertura del dialogo diretto Sicilia-Cina!. E di certo nervosismo per la resistenza dilatoria sul Muos da parte dell’allora Presidente Lombardo, al quale ho spiegato personalmente di cosa si trattava, gli sembravano le solite quattro antenne dei telefoni… Sia chiaro: contro il Muos in sé la Regione non ha potere alcuno, decidono a Roma e Washington: e tutti i vari governi, da destra a sinistra, lo hanno approvato. Ma alcune, importanti, autorizzazioni amministrative, grazie al fantasma dello Statuto di Autonomia (basta il fantasma!) restano pur sempre di competenza regionale e perfino comunale!. Quella di Lombardo, ormai travolto dal golpe mediatico-giudiziario, fu una firma sbagliata, sebbene apposta ponendo condizioni –che hanno aperto un varco ai successivi ricorsi – e con una “pistola” puntata alla tempia. Abbiamo vinto, grazie a Lombardo, battaglie importanti, in primis contro i megainceneritori e le loro nuvole di diossine e polveri sottili letali. Ma abbiamo perso una guerra, come al solito. Punto.

Il Popolo siciliano non conterà nulla fin quando non si mobiliterà per la sua Autodeterminazione fino all’Indipendenza. Per la sua Sovranità: sul suolo, sul sottosuolo, sullo spazio aereo e sulle acque territoriali dell’intero Arcipelago dei Siciliani. Per essere liberamente del Mondo e non più colonizzati e fuori dal Mondo. 

Ma nel Deserto sociale che avanza, dobbiamo come prima cosa assimilare che un ciclo storico si è chiuso. E’ il ciclo storico dell’“Autonomia vigilata”. Un giro a vuoto lungo settantanni. Ma la Storia continua e il Secolo XXI presenterà le sue occasioni. Si tratta solo di farsi trovare pronti.

 

Mario Di Mauro

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