Guerra del gas: Italia fuori dal Piano di indipendenza energetica UE

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Il consorzio Shakh Deniz esclude il gasdotto sostenuto dal governo italiano dall’itinerario di cui l’Azerbajdzhan si avvarrà per l’invio dell’oro blu centro-asiatico in Europa. L’isolamento energetico di Roma rende il Belpaese sempre più dipendente dalla Russia monopolista, e mette a serio repentaglio il nostro interesse nazionale

Se mai il gas dal centro Asia sarà trasportato in Italia, a gestire il traffico saranno svizzeri, norvegesi e tedeschi. Questa è la decisione presa dal consorzio incaricato della gestione del giacimento Shakh Deniz: una delle riserve di gas naturale più ricca al Mondo, per questo individuata dall’Unione Europea come serbatoio da cui attingere oro blu per diminuire la dipendenza dalla Russia.

Come riportato dall’autorevole Trend, il gasdotto TAP – Trans Adriatic Pipeline, compartecipato dalle compagnie elvetica EGL, dalla norvegese STATOIL, e dalla tedesca E.On – è stato designato come unica via su cui il consorzio azero intende puntare per il trasporto del proprio gas in Europa meridionale.

Questa scelta rappresenta una sconfitta per l’Italia e perla Grecia, i cui governi hanno attivamente sostenuto l’Interconnettore Turchia-Grecia-Italia – ITGI: candidato alternativo alla TAP, compartecipato dalle compagnie turca BOTAS, greca DESFA, ed italiana Edison.

Maggiori dettagli sul perché di tale scelta non sono stati resi noti, ma alcuni esperti hanno evidenziato come il consorzio azero abbia ritenuto più sicuro un gasdotto prevalentemente terrestre, con capacità di trasporto superiore rispetto ad una conduttura interamente sottomarina: a discapito delle pressioni politiche di Roma e Atene.

Infatti, la TAPè progettata per il trasporto del gas dalla Grecia a Brindisi passando per l’Albania, mentre l’ITGI collega il Mare Egeo allo Ionio fino ad Otranto.

Tuttavia, la presenza italiana nella corsa all’approvvigionamento diretto al Centro-Asia potrebbe subire ulteriori limitazioni, in quanto la decisione definitiva del consorzio Shakh Deniz riguarderà la scelta tra un “tragitto meridionale” – rappresentato dalla TAP – ed uno “settentrionale” servito dal gasdotto Nabucco: infrastruttura compartecipata dalle compagnie bulgara Bulgargaz, romena Transgaz, ungherese MOL ed austriaca OMV.

Se, come probabile, gli azeri punteranno sul secondo progetto, l’oro blu importato dal Bacino del Caspio sarà convogliato dalla Turchia al terminale di Baumgarten, in Austria, attraversola Bulgaria,la Romania e l’Ungheria: il nostro Paese perderebbe così una preziosa opportunità per diversificare le proprie forniture di gas, per le quali oggi l’Italia è fortemente legata alla Russia.

L’importanza per l’Europa dell’Azerbajdzhan e delle sue risorse naturali è nata dalla politica energetica della Commissione Barroso, che, per scalfire il monopolio di Mosca nella compravendita di gas nel Vecchio Continente, ha stretto accordi con Baku per l’importazione di oro blu centroasiatico.

Per il trasporto di questo carburante in Europa dal Gasdotto Transanatolico – TANAP: infrastruttura deputata al trasporto del gas dal Mar Caspio allo stretto del Bosforo, compartecipata dalle compagnie azera SOCAR, turca BOTAS, olandese Shell e britannica British Petroleum, e sostenuta dai governi di Baku e Ankara – è scoppiata una vera e propria gara tra diverse condutture: espressioni di differenti interessi, tra i quali il consorzio Shakh Deniz è stato costretto ad una scelta lunga ed accurata.

L’Europa litiga, la Russia vince

L’assenza di una proposta unica europea, e il proliferare dei gasdotti, rischia però di rallentare irreversibilmente l’inizio dell’invio di gas centro-asiatico in Europa, e favorire la politica energetica della Russia, la quale, intenzionata com’è a mantenere la propria egemonia sull’Unione Europea, sta percorrendo con successo due diverse strade.

Per affossare il patto tra Bruxelles e Baku, il monopolista statale russo, Gazprom, ha progettato la costruzione del Southstream: gasdotto sottomarino ideato per trasportare il proprio gas dalla Russia meridionale in Europa attraverso il fondale del Mar Nero e, successivamente, due tronchi che, dalla Grecia, serviranno verso sudla Puglia, e verso nord i Balcani ela Pianura Padana.

Compartecipato da Gazprom, dal colosso italiano ENI, dalle compagnie tedesca, francese e greca Wintershall, EDF e DEPA, e da quelle nazionali di Macedonia, Serbia, Slovenia e Montenegro, il Southstream ricopre un tragitto speculare a quello progettato dalla Commissione Barroso per importare il gas dall’Azerbajdzhan.

Inoltre, consapevole di non essere in grado di soddisfare la richiesta di gas – sempre più alta da parte degli acquirenti Occidentali –la Russiaha puntato sull’acquisizione totale o parziale dei gasdotti dei Paesi dell’Unione Europea, e in tale direzione ha già raggiunto accordi con Germania, Francia, Austria, Slovenia e Slovacchia.

La quasi certa prossima cessione a Mosca del sistema infrastrutturale energetico dell’Ucraina – a cui Kyiv sarà presto costretta in cambio di uno sconto sulle tariffe per il gas – permetterà al Cremlino il controllo diretto dei gasdotti tramite i quali l’Italia importa l’oro blu necessario per sostenere la propria economia.

Per questa ragione, la diminuzione dell’importanza del BelPaese nella politica della Commissione Barroso, e, più in generale, il fallimento della strategia di Bruxelles e Baku, da cui dipende la realizzazione degli obiettivi della Russia, costituisce un serio colpo all’indipendenza energetica italiana, e, in misura ben maggiore rispetto alla crisi dell’Euro, mette a serio repentaglio la nostra sicurezza nazionale.

Matteo Cazzulani

 

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