Bergamo, l'ex arbitro Mazzoleni insieme alla Polizia salva giovane da suicidio

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BERGAMO – A raccontare questa storia ci pensa il Corriere di Milano che ha raccolto le dichiarazioni di un volto noto dello sport, l’ex arbitro di serie A Mario Mazzoleni, involontario co-protagonista di una triste storia conclusa bene, ma che non può destare riflessioni. La storia di un giovane 31enne che ha cercato di suicidarsi e che distratto dalle sue parole e da quelle di alcune altre persone è stato poi afferrato da un agente di Polizia che si è avvicinato a lui, afferrandolo pochi istanti prima dal tragico lancio nel vuoto da un cavalcavia.

Riportiamo le dichiarazioni dell’ex arbitro, che nella vita ha anche una ottima esperienza di volontariato presso una comunità di recupero per tossicodipendenti, esperienza che gli ha fornito le parole giuste per distrarre quel giovane affetto da un solo problema, che non è la tossicodipendenza, ma l’aver perso da tempo il posto di lavoro e non riuscire più a ricollocarsi nel mondo del lavoro in questo periodo di crisi e disperazione.

Racconta Mazzoleni: “Non appena lo abbiamo afferrato, il ragazzo è scoppiato in un pianto disperato: lì abbiamo capito tutti che non stava fingendo, che non voleva solo attirare l’attenzione… mai avrei pensato di dover affrontare tra quelle case a me familiari un caso simile: un uomo di appena 31 anni che ha già perso ogni speranza; e le ragioni poi: un conto sono la droga o l’alcol con cui ti sei autodistrutto. Ma arrivare a togliersi la vita perché non c’è più il lavoro o l’affetto di una fidanzata, beh, è una novità che ci deve fare riflettere… Il vero eroe è stato il poliziotto che senza farsi accorgere ha saputo cogliere di sorpresa il suicida. Assieme a me, poi, altre persone si erano fermate per dare aiuto a quel poveretto. Non c’è stata indifferenza ed è un fatto che merita di essere sottolineato… Si vedeva che quel ragazzo non era alterato da droghe; era lucido e raccontava di sé: mi ha chiesto di dare un biglietto a suo padre, parlava con chiarezza. Ero a un metro da lui, istintivamente mi è venuto spontaneo tendergli la mano ma ogni volta lui minacciava di lasciarsi cadere nel vuoto. Allora ho preferito parlargli, dirgli che il suo gesto non avrebbe risolto nulla ma anzi causato dolore in più”.

Nella mente dell’uomo di sport sono passate le immagini dei casi disperati che affollano la comunità di suor Rosalina Ravasio: “Quel posto è stato di aiuto anche a me perché una volta lasciata la ribalta del calcio, quel mondo dove tutto sembra dorato, fai i conti con la realtà, quella vera. E sapeste quanti giovani, quanti adolescenti ancora bussano alla nostra porta. Il suicidio di quel disoccupato è stato evitato, ma per lui il vero cammino è cominciato nel momento in cui si è rialzato da terra, afferrato dagli agenti. Ora non deve essere abbandonato… “

Luigi Asero

 

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