L'opinione – Farmaci in libertà? Molti rischi e poca utilità

Condividi questo articolo?

La crisi economica incombe. Serpeggia un diffuso pessimismo sul futuro di noi tutti.

Si parla di chiusura di aziende piccole e grandi, di precariato, di pensioni misere e tagli alla spesa sociale.

Non si sa più dove recuperare un bel pò di quattrini e manovra dopo manovra tutto sembra esser sempre al punto di partenza.

In tv come sulla carta stampata si cerca pure di sdrammatizzare un pò con notizie più leggere :

come quella sorniona delle vicende hot di Berlusconi e compagni (ormai diventate quasi moda da seguire); si dà la caccia a quei misteriosi brutti ceffi che all’insaputa dello stesso ministro Claudio Scajola pagavano la sua casa con vista sul Colosseo; in parlamento il ministro Tremonti mette la ciliegina sulla torta parlando di numeri in positivo sullo stato di salute dell’economia italiana.

Tutte a mio avviso solo fesserie e cattivi esempi se paragonate a quello che veramente la gente sta vivendo in prima persona in questo momento e non si sa più come andare avanti.

Ed è per questo che è in atto una sorta di scissione che si avverte da tempo tra società in agonia e politica dei furbetti, inerme, pasticciona e prepotente.

Una politica tanto a destra che a sinistra che in nome di bilanci in rosso ha purtroppo come obiettivo il risparmio spasmodico e senza regole.

Conseguentemente sistemi e apparati fondamentali dello Stato che hanno retto da decenni come la scuola, le pensioni, gli ordini professionali, le forze armate, il servizio sanitario nazionale, si stanno riducendo all’osso.

Su quest’ultimo vorrei soffermarmi, parlando di una sua branca:il settore farmaceutico e il farmaco.

La farmacia italiana da diverso tempo è presa di mira da vari gruppi politici e non.

Si sta assistendo quasi passivamente a delle trasformazioni in nome delle varie liberalizzazioni che avrebbero secondo alcuni dei vantaggi verso fruitori e pazienti .

Ma in questo caso si sa cosa vuol dire veramente liberalizzare il farmaco?

Quali trasformazioni e innovazioni in positivo avrebbero i numerosi utenti?

Liberalizzare la commercializzazione di farmaci addirittura senza l’ausilio di un addetto ai lavori (anche questo è stato proposto) sarebbe il risparmio vincente?

Allora prima di addentrarci nell’argomento desidero ricordare come già una prima liberalizzazione alla vendita di farmaci c’è stata a partire dal 2009 con l’ormai famoso decreto Bersani.

Risultato pratico è stato il proliferare di parafarmacie e corner e la libera vendita sempre in presenza di un farmacista abilitato (meno male) dei farmaci detti otc e sop accompagnati da offerte e guerra dei prezzi.

Se da un lato a me personalmente è difficile pensare ad offerte sui farmaci per incentivarne l’acquisto e quindi il consumo, dall’altro le differenze sul prezzo, si è visto, sono risultate minime e più di un certo margine al ribasso non possono andare perché altrimenti si va sotto.

Non contenti di questo si parla di liberalizzare ulteriormente il mercato in modo tale che ad esempio un’aspirina possa esser  trovata e acquistata come fosse un pacco di biscotti o un genere alimentare senza l’ausilio del farmacista , o ancora liberalizzare addirittura i farmaci di fascia C.

Salvaguardare l’indipendenza dei professionisti rispetto all’ingresso nella farmacia delle società di capitali è prioritaria e non possiamo non considerare che la liberalizzazione dell’etico fascia C non rimborsato, associato alla liberalizzazione del prezzo porterebbe rapidamente alla scomparsa proprio degli esercizi di vicinato se non addirittura delle farmacie dei singoli professionisti.

Un mercato parallelo a prezzo libero così allettante, infatti, non potrebbe che richiamare in forze soggetti economici ben più potenti del singolo farmacista che, a mio avviso, possono condurre con altri mezzi una guerra sul prezzo.

Ebbene ricordiamoci che per decenni le sole farmacie ubicate in maniera capillare nel territorio in base appunto al criterio demografico (grazie alla cosiddetta pianta organica)  hanno superato brillantemente un esame. Quello cioè di fornire ed accompagnare alla prescrizione medica consiglio guida e cure appropriate alla collettività, evitando spesso che il paziente confuso, stanco e a volte pure analfabeta possa cadere in fatali errori o intraprendere cure che per tempi, modi e quantità posologiche possano danneggiarlo anziché curarlo. Il che credetemi succede spesso.

Non solo, ma la farmacia è un presidio facilmente accessibile, aperto per 365 giorni all’anno.

Il paziente si rivolge spesso al farmacista non solo per prelevare le sue medicine ma per piccole patologie o per comparare ciò che gli viene detto dal medico e se ha ben capito cosa deve fare.

Si evitano lunghe attese o perdite di tempo presso studi medici, pronto soccorso, guardie mediche.

Le liberalizzazioni avrebbero l’alibi di favorire l’impiego e nuovi posti di lavoro ma in effetti sembra solo un’ulteriore escamotage della grande distribuzione e aziende farmaceutiche di ampliare il loro bacino d’utenza ad altre attività commerciali (le parafarmacie appunto se non altrimenti gli scaffali di qualsiasi market).

Il bilancio di questa liberalizzazione è stato sicuramente un aumento delle vendite della categoria di farmaci liberalizzata ma per contro sembra che circa la metà delle parafarmacie che sono sorte come funghi in questo biennio ha già chiuso i battenti e molte sono in difficoltà.

Il serio problema di trovare spazi economici non solo risiede nella saturazione delle aree e del mercato ma soprattutto dalla corsa al ribasso che solo catene di parafarmacie e gdo possono sostenere e non sicuramente il semplice laureato farmacista che vuole mettersi in proprio.

Inoltre le liberalizzazioni invocate e seguite in tutta la loro forza da paesi sicuramente molto più in bilico come ad esempiola Poloniaola Grecianon sembrano oggi affatto vincenti  rispetto all’Italia sulla gestione del farmaco e del sociale ad esso connesso. Questo forse dovrebbe far riflettere sulla razionalità di alcune liberalizzazioni nelle quali in maniera subdola lo stato vuole scrollarsi di responsabilità e spese che in passato però hanno garantito un servizio serio e puntuale ben gradito dalla collettività.

Immaginando quindi uno scenario di farmaci “in libertà” e quindi abolizione di alcuni parametri fondamentali quali numero e distanza tra un esercizio e altro chi mai resterebbe a praticare la professione in quei paesi rurali, frazioni di periferia e isole minori dove a volte manca pure un ufficio postale o una stazione di carabinieri?

Si assisterebbe ad una desertificazione di alcune aree geografiche meno commerciali e abitate con migrazione verso zone più redditizie e popolose. Sicuramente ci scapperebbe il morto.

Così, alla fine, depauperato il servizio farmaceutico pubblico assente e non più capillare, battute le parafarmacie sul piano della concorrenza, avremmo una situazione in cui i farmacisti potranno aspirare al ruolo di dipendente di una multinazionale della farmacia non convenzionata.

Per non parlare di come sono andate alcune liberalizzazioni.

Un referendum popolare ha bocciato a grandissima maggioranza la liberalizzazione dell’acqua intesa come distribuzione e non come proprietà; nelle assicurazioni è accaduto che nonostante le liberalizzazioni i consumatori abbiano dovuto cambiare di anno in anno la propria agenzia a causa degli esosi aumenti tariffari anche in mancanza di sinistri, e si potrebbe andare avanti ponendo altri esempi come quello eclatante dei carburanti.

E se si parla sempre di tagli e di bilanci perché la prima e immediata riforma non dovrebbe riguardare pure la razionalizzazione della spesa politica sia in termini di stipendi che di privilegi?

La spesa politica è stata mai tagliata? Sui conti della nostra economia in che percentuale incide?

Che risparmio porterebbe sulle nostre finanze se i politici di ogni ordine e grado rinunciassero anche per poco tempo e solo in parte ai loro emolumenti e privilegi?

Io proporrei una liberalizzazione del parlamento, fatta non solo di ridotte poltrone ma di previsioni, obiettivi e fatturati da raggiungere, un pò come si fa nelle normali aziende dove se non porti i risultati non ti danno le provvigioni o addirittura vai a casa.

Allora si che in quei posti di prestigio siederebbe veramente chi fa questo lavoro non solo per lo stipendio ma propensione al bene collettivo e del paese

C’è da riconoscere che nelle stanze del potere e della politica il licenziamento e il precariato non sussistono:se non riesci in Parlamento,un posticino nel CdA di qualche azienda pubblica decotta non si nega a nessuno e bastano anche pochi giorni fermi incollati alla poltrona, e il vitalizio è assicurato.

Fortunatamente nel mese di settembre sono stati respinti alcuni emendamenti di deregolamentazione finalizzati al processo  liberalizzazione del settore farmaco; sia quelli volti ad estendere la vendita di fascia C con ricetta alle parafarmacie, sia quello volto a trasformare le parafarmacie in farmacie a tutti gli effetti. Pericolo scampato per adesso. Per un pò non se ne parlerà più, ma per quanto?

Esempio che forse la cara e vecchia politica ha meditato e si sta svegliando? Meglio così per tutti, perché la gente è stanca.

Benedetto Sciannaca

Potrebbe interessarti

Leave a Comment

Questo sito usa Akismet per ridurre lo spam. Scopri come i tuoi dati vengono elaborati.