Au revoir Jean-Luc Godard

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Di Salvo Barbagallo

Ai giovani d’oggi forse il nome “Jean-Luc Godard” dirà poco: probabilmente è conosciuto (parlando sempre di “giovani”) dagli appassionati di Cinema, quelli che non si possono  ritrovare nei “cinema d’essai”, in quelle sale cinematografiche ormai del tutto scomparse che improntavano la programmazione a criteri di qualità artistica e culturale, ma vanno però alla ricerca. delle rare riproduzioni elettroniche di opere d’Autorie e di prestigio.

Jean-Luc-Godard non è stato soltanto un “regista”: può considerarsi uno dei principali protagonisti di un’epoca che si è voluto dimenticare, ma che ha improntato il presente e il futuro di quanti “allora” erano giovani e ritenevano di potere cambiare il mondo.

E’ scomparso a 91 anni: Jean-Luc-Godard pertanto si è potuto rendere conto dei “cambiamenti” che quel mondo che si voleva cambiare ha subito nel corso degli anni.

Era nato a Parigi il 3 dicembre del 1930, e la sua casa era la “Cinémetèque” che lo forgiò sotto tutti gli aspetti. Già dagli Anni Cinquanta si faceva notare per le sue critiche radicali sulla rivista “Cahiers du cinéma”, per poi porsi dietro la cinepresa e dare l’avvio alle sue opere, definite subito “film maledetti”. in quanto fuori dagli schemi noti. E’ .François Truffaut, con il quale aveva collaborato alla realizzazione del documentario “Une histoire d’eau”, a fornire a Jean-Luc il soggetto e gli curerà la sceneggiatura per il film che lo porrà nel 1960 all’attenzione internazionale “Fino all’ultimo respiro”(“À bout de soufflé”), con un giovanissimo e profondo Jean Paul Belmondo. E’ questo film può considerarsi il “manifesto” della “Nouvelle vague”.

Jean-Luc-Godard uno dei primi mattoni sui quali sarà costruito il ben noto periodo del Sessantotto? Sicuramente ciò che il regista ha espresso con i suoi lavori ha dato un indirizzo non solo alla sua generazione, ma anche a quelle che ne sono seguite. Allora il Cinema era il maggior influencer sul mercato.

Ricordare i passi, i molti passi che hanno caratterizzato la sua lunga carriera – è nostra opinione – significa percorrere i decenni di quanti oggi non sono più giovani e di quanti hanno mantenuto una “memoria” di quello che è stato un “presente” e poi un “futuro” che è diventato un “passato”. “Pierrot le fou” insegna.

Au revoir, Jean-Luc.

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