Il percorso dei Sicani in contrada Orgale a Castiglione

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di Giuseppe Tizzone

Il Sardo nel libro “Castiglione città demaniale e città feudale” del 1908   riferisce come  la città di Castiglione   fosse abitata fin dai tempi remotissimi : “…specialmente in contrada Orgale, campagna al di là dell’Alcantara, in territorio di Castiglione, lungi circa un paio di chilometri dall’abitato dove vi è il così detto Piano delle Grottitte appunto per un gran numero di escavazioni di simil genere, che ivi si trovano, che chiaramente rimontano all’epoca dei Sicani e Siculi”.

La contrada è ricca di elementi che fin ora non sono stati oggetto di studio o non presi in considerazione, in particolare la grotticella poco distante a est del simbolo fallico. i Siculi dediti all’agricoltura adoravano la “dea madre” ed intorno ai falli di pietra (dal sancrito phalati germogliare, fruttificare) simbolo di fertilità praticavano il rito della fecondazione, danzavano e festeggiavano, la grotticella era simbolo sessuale femminile come luogo di rinascita e rigenerazione probabilmente venivano curati ammalati.

Salendo il sentiero, sulla sinistra si nota una capanna con parete nella roccia a quattro spioventi, che doveva essere sostenuta da pali lignei. Proseguendo il sentiero, sulla destra c’è un palmento interamente scavato nella roccia arenaria. Proseguendo si nota una roccia di forma triangolare e al centro della parete uno spazio usato probabilmente per dei pinakes. Salendo ancora, un’altra abitazione con la copertura simile a quello della Gurfa di Alia. Oltre al piano delle grottitte già conosciuto troviamo altri palmenti antichi e delle vasche. Vi è una porta conosciuta come “falsa porta” intagliata nella roccia. Continuando verso contrata Pigno, nella parte sommitale ci sono altre tombe a  grotticella e nelle adiacenze due “megaliti del volto “ e una grande pietra rotondeggiante che secondo la religiosità dell’epoca potrebbe essere interpretata come” l’ombelico della dea madre”.

Allo scopo di esplorare la contrada Orgale si è raccolto un team d’eccezione costituito da professionisti, esperti del settore, associazioni e appassionati che hanno visitato il sito. Tra questi, la dott.ssa Maria Teresa Magro, funzionario dei BB.CC.AA. di Catania, i geologi Francesco Vecchio e Salvatore Patané, rappresentanti delle associazioni locali come Giuseppe Tizzone, conoscitore del territorio e membro della Pro Loco di Castiglione, l’architetto Filippo Imbesi, fondatore e coordinatore del gruppo Ricerche della Val Demone, Carmelo Mangano presidente del C.A.I. di Linguaglossa, il dott. Nino Pavone, C.A.I. di Linguaglossa e la dott.ssa Cecilia Marchese, antropologa del Sacro, fondatrice e coordinatrice del gruppo Sicilia Preistorica e Protostorica: Centro del Mediterraneo e del gruppo archeoescursionisti Sicilia Preistorica e Protostorica: in cammino, il dott. Gaetano Consalvo direttore dell’Istituto per la Cultura Siciliana, il dott. Astronomo Alfio Maurizio Bonanno, il prof. Giuseppe Smedile e Salvatore Abramo di Tripi, esperto di palmenti rupestri.

L’intera mattinata trascorsa sull’altura di Contrada Orgale e Contrada Pigno, immersi in uno splendido contesto naturalistico che presenta un magnifico tasso di biodiversità della flora, ha visto al lavoro ogni membro del team, ciascuno impegnato ad offrire il suo contributo a seconda del suo ambito disciplinare. L’esito della spedizione ha confermato la presenza di rocce che riportano segni di intervento antropico (fori, coppelle, “maniglie”), tombe a grotticella, un corridoio dalla peculiare sezione verticale triangolare e infine un palmento rupestre. Notevole anche la presenza di petroglifi che, fino al momento, non hanno eguali nel panorama archeologico preistorico locale.

Filippo Imbesi sostiene che “nell’area spiccano varie conformazioni rocciose con caratteristiche antropomorfe e zoomorfe, un lungo corridoio ingrottato con funzione cultuale/rituale e alcuni petroglifi aventi un foro centrale e frecce orientate. Indagando un petroglifo è emerso che su di esso è possibile individuare, lungo l’asse verticale, l’ombra del sole a mezzogiorno. Questa caratteristica, tipica delle meridiane, e gli orientamenti di alcune conformazioni antropomorfe potrebbero rimandare alla necessità di misurare il tempo e a pratiche con cui era possibile prevedere, attraverso i solstizi e gli equinozi, l’arrivo delle stagioni. Indagini approfondite in tal senso saranno avviate nei prossimi mesi dall’archeoastronoma Silvia Motta (European Society for Astronomy in Culture, Società Astronomica Italiana, Società Italiana Archeoastronomia), membro del gruppo Ricerche nel Val Demone”.

Un’altra, interessante prospettiva sulla possibile funzione del sito ce la elargisce Giuseppe Tizzone, il primo ad averlo individuato e ad averne promosso l’esplorazione.

Cecilia Marchese sostiene che tutta l’area costituisse un santuario omogeneo, articolato in più “tappe” unificate da una Via Sacra, un percorso rituale che, partendo dalle falde dell’altura, si snodava fino alla cima. “La psiche dell’uomo preistorico” commenta la dott.ssa Marchese “identifica alture, colline e tumuli col grembo gravido di una grande Dea, manifestazione fisica, immanente della grande Dea Cosmica che incarna l’Universo. Non per nulla proprio sulla sommità dell’altura troviamo un grande monolite circolare e piatto collocato su una base che funge da altare, l’ombelico del ventre della Dea, con la stessa valenza liturgica e simbolica che poteva avere l’omphalos di Delfi, ed infatti il toponimo “Delfi” ha il significato di “utero”, essendo quell’illustre santuario storicamente consacrato alla Dea Ge, Madre Terra, molto prima che ad Apollo. A poca distanza dall’omphalos troviamo un corridoio ingrottato allineato sull’asse est-ovest, con un’intrigante sezione verticale a forma di triangolo isoscele che rimanda al paradigma costruttivo dei pozzi sacri di Sardegna, del dromos del grande tumulo irlandese di Newgrange o della cosiddetta tomba di Atreo a Micene, oppure ancora dei corridoi dell’Antro della Sibilla a Cuma: il riferimento ai genitali femminili, dai quali l’esistenza viene –letteralmente- alla luce e ai quali, secondo la visione del pensiero magico che identifica il corpo femminile con la Terra, essa ritorna alla sua conclusione è evidente. Dunque ci troviamo di fronte ad un luogo in cui, molto probabilmente, venivano praticati riti di Morte e Rinascita. La Dea della Vita è anche la Dea della Morte e, come tale, custodisce nel suo ventre le spoglie dei defunti per poi ripartorirli nel mondo fisico in una nuova incarnazione, oppure al mondo spirituale se si trattasse di Iniziati che si erano guadagnati l’accesso alla dimensione della beatitudine”.

Il fortuito ritrovamento di un frammento ceramico riconducibile alla Cultura di Castelluccio ha restituito il contesto cronologico del sito, che potrebbe provvisoriamente essere riferibile all’Età del Bronzo, ma di certo, per poter saperne qualcosa di più, si attendono ulteriori sopralluoghi e soprattutto l’avvio di una campagna di scavo.

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