Presentato il nuovo libro di Paolo A. D’Angelo: Tracce di vita. Il segno di un passaggio che resta

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Nella splendida cornice dell’Auditorium di Mascalucia ieri, domenica 16 giugno, è stato presentato il nuovo libro, opera prima, di Paolo Alessandro D’Angelo dal titolo “Tracce di vita”, edito Mare Nostrum Edizioni. L’evento è stato curato dall’Istituto per la Cultura Siciliana.

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A seguire pubblichiamo le parole che il nostro Direttore ha voluto dedicare al libro, al suo autore e al pubblico.


La presentazione di un libro è cosa seria: impegna chi lo presenta molto più dello stesso Autore in quanto dell’Autore si fa “garante” non solo verso chi ascolta (come in questo momento) ma soprattutto verso chi leggerà il libro. Una responsabilità da non sottovalutare ma anche, in un certo senso, una “scommessa” sull’Autore.

Chi leggerà questo “Tracce di vita” troverà già nella Premessa di Luigi Asero e nella Prefazione di Mafalda Marcella Franchino le annotazioni utili per comprendere “chi” sia Paolo Alessandro D’Angelo e “cosa” abbia inteso trasmettere al lettore con il “suo” scritto.

Definire Paolo, come fa Luigi Asero, a 36 anni “un Autore giovane e un vecchio insieme” potrebbe apparire fuorviante, ma così non è: la definizione corrisponde pienamente alla realtà. Ma… è una definizione che riguarda, a nostro avviso, soltanto “un presente” di Paolo Alessandro D’Angelo: il “dopo” è tutt’altro discorso.

Intanto…

Chi è Paolo? Il lettore lo potrà scoprire da sé scorrendo questo “Tracce di vita” sin dalle prime pagine, là dove si incominciano a intravedere le cosiddette “differenziazioni generazionali”, che sempre sono esistite e sempre ci saranno. Fa notare Mafalda Marcella Franchino:

“… ci si ritrova a dover fare i conti con il mondo degli adulti, con una realtà, come quella del lavoro, totalmente diversa da come la si era immaginata. Un mondo dove regna il cinismo, l’egoismo, il compromesso; dove non conta tanto il merito quanto il privilegio…”, sottolineando la crescita di un “mal di vivere…”. Questo è uno dei “leit motivche si incontrano nel libro: “leit motiv” che Paolo definisce “Tracce” che costellano un’esistenza, la “sua” vita, cioè.

Ancora più specifico Luigi Asero:

 …Paolo scrive dalla parte degli “ultimi”, di chi non è riuscito, non ha avuto successo… semplicemente di chi ci ha provato o sta provando a emergere da questo pantano societario a tratti povero anche di sentimenti…Una “presa di coscienza” di ciò che è, e che forse non potremo cambiare, un piccolo “manuale di istruzioni” per chi verrà, per chi le “istruzioni” di questa vita le sta ancora cercando…

Per Paolo le “Tracce” sono le “musiche e le parole” che lo hanno seguito lungo il suo itinerario: le offre al lettore con le incertezze che le caratterizzano, con le speranze che non possono mancare, nella consapevolezza che chiunque le legga ne possa fare buon uso.

Dunque Paolo, senza falsi pudori, pone sul tappeto tutto ciò che negli anni ha “avvertito” sulla propria pelle, ma non come pseudo autocritica di ciò che può essere stato giusto o sbagliato nella sua vita. Semplicemente come l’esposizione di episodi non frammentati che compongono un quadro definito. Una sorta di spartito, parlando di “Tracce” musicali, che costituiscono le parti di un concerto dove ogni singolo passaggio ha la sua logica e, perché no, la sua vena poetica. Un concerto che esalta i valori della vita in ogni sfaccettatura: le amicizie che il tempo non cancella, il lavoro nei suoi risvolti sempre attuali, i doveri e i diritti che ogni essere umano dovrebbe possedere.

Ed ecco le sue parole, facili da comprendere:

Penso a quel giuramento che più di vent’anni fa ci facemmo, quando tutto sembrava possibile e che niente e nessuno potesse “piegarci”; la promessa che comunque sarebbe andata e in qualunque luogo il nostro percorso ci avrebbe portati, saremmo stati amici per sempre e che sempre avremmo potuto contare l’uno sull’altro (…)

Il lavoro è tutt’altra cosa: ti permette di pianificare e ideare il futuro, non di arrancare quotidianamente senza la minima certezza del domani. A oggi si impegnano le giornate come meglio si può ma sarebbe saggio non paragonare questa miseria e lo sfruttamento delle persone a ciò che realmente la parola “lavoro” racchiude in sé (…)

Non esistono solo doveri; sono i diritti che permettono di non trasformare una persona in un moderno schiavo.

Si potrebbe iniziare con il non confondere più l’orgoglio con la dignità, per esempio (…)

Probabilmente chi leggerà questo “Tracce di vita” potrà ritrovare qualche parte che lo tocca da vicino per esperienze consumate nel percorso personale, e si chiederà magari se comprendere ciò che ci circonda sia sufficiente. Di certo dei ricordi non ci si libera facilmente. I “ricordi” di Paolo prendono l’avvio con la descrizione di un passato adolescenziale, vissuto in una piazzetta insieme a un gruppo di coetanei e si concludono con amare riflessioni sull’oggi: vedo tutti impegnati a vivere le infinite vite che i social network creano ad personam: saggezza, principi, valori ed esaltazioni del proprio essere sfilano glorificate sul web ma ben rinchiuse in quei confini che una tastiera ed un monitor tracciano. Appena mettono la testa fuori, nel mondo reale, eccoli spaesati e presuntuosi aggirarsi come bestie feroci affamate pronti a esaltarsi davanti le tue debolezze (…).

Dalle speranze smarrite, alla tristezza e poi, infine, ancora alla speranza: Mentre mi allontano penso ai miei amici: a chi è riuscito a crearsi una famiglia e ai loro meravigliosi figli a cui auguro, crescendo, di trovare la “loro” piazzetta e la giusta combriccola, con cui condividere le giornate proiettati nel mondo reale e non in quello social; gli auguro di vivere momenti intensi guardandosi negli occhi e non attraverso uno smartphone, di ricevere e dare abbracci forti e protettivi e non di promettersi il bene con una faccina in un messaggio freddo inviato tramite chat.

Ecco: “Tracce di vita” un titolo appropriato per questo “lavoro” di Paolo Alessandro D’Angelo: un filo di musica che si snoda nel tempo, ma “traccia” significa anche qualcosa d’altro: il segno manifesto di un “passaggio”, un segno visibile che rimane per quanto necessario. Paolo adesso sta lasciando una sua “traccia”, un “segno” vitale.

Forse Paolo, ora come ora, non se ne rende pienamente conto: quale potrà essere il suo futuro, se continuerà a scrivere o imboccherà altre strade, comunque e in ogni modo sta lasciando – lo ripetiamo – una “sua” traccia: utile per sé stesso, per capirsi meglio con l’avanzare degli anni, e per gli altri, per quanti lo seguiranno nel suo cammino, che in un modo o in un altro gli rammenteranno questo importante periodo della sua vita.

 

PROSSIMAMENTE PUBBLICHEREMO IL VIDEO INTEGRALE DELLA PRESENTAZIONE

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