In una recente inchiesta/reportage (28 aprile scorso) sul “Corriere della Sera”. Milena Gabanelli e Andrea Nicastro hanno tracciato un esauriente e significativo quadro dei “separatismi” in Europa, annotando scrupolosamente i Paesi nei quali maggiormente è avvertita la spinta secessionista. In questo quadro la Sicilia non compare e non appare, nonostante che nell’Isola ci sia una notevole fioritura di centri sociali e associazioni che si rifanno all’Indipendentismo tout court.
Voglia d’indipendenza o “separatismo”?
Ma cos’è l’indipendenza? Il dizionario specifica Capacità di sussistere e di operare in base a principi di assoluta autonomia.
E cos’è il separatismo? Sempre secondo dizionario l’Aspirazione di alcuni gruppi etnici o religiosi, dotati di caratteristiche proprie, a staccarsi dall’organismo statale di cui fanno parte e a ottenere l’autonomia.
Allora, per quanto riguarda la Sicilia ci sarebbe da sottolineare come l’assoluta autonomia la Sicilia l’ha conquistata nel lontano 1946 divenendo Regione a Statuto Speciale, appunto con la concessione di uno Statuto che la rendeva autonoma dallo Stato sotto tanti e tanti aspetti. Che poi lo Statuto Autonomistico non è stato applicato da chi ha governato l’Isola, è tutt’altro discorso. Quindi nel “quadro” che Milena Gabanelli e Andrea Nicastro hanno tracciato sul “Corriere della Sera” la Sicilia correttamente non ha trovato posto. Certo c’è da ricordare che sempre sul “Corriere della Sera” quasi quattro anni prima (il 17 settembre 2014) Francesca Gambarini nella sua “Mappa degli indipendentisti europei” citava la Sicilia in questi termini: (…) Non è da meno la Sicilia, che proprio il 18 settembre, giorno del referendum scozzese, riflette sulle istanze separatiste del territorio con un seminario dal titolo “Sicilia, Scozia, Catalogna alla prova dell’autodeterminazione”, che si terrà a Palermo e che coinvolgerà alcuni dei movimenti che spingono per l’indipendenza dell’isola (…). Probabilmente in Sicilia la “voglia d’Indipendenza” è andata ad affievolirsi dopo le vicissitudini (ancora non concluse) della Catalogna, che portano ad un’unica “sentenza”: chi si muove per rendere “indipendente” la propria Terra che sta in un “libero” Stato, finisce in galera!.
Gabanelli e Nicastro mostrano, però, un scenario “mutante” dell’Europa d’oggi che, indubbiamente, dovrebbe far riflettere. I due giornalisti affermano: Non sono solo Catalogna e Scozia a inseguire il sogno di una patria su misura. In Europa sono decine i partiti, i movimenti e le associazioni irredentiste con lo stesso progetto. Esiste persino un partito transeuropeo che fa loro da ombrello. Si chiama Ale, Alleanza Libera Europea, e aderisce al gruppo dei Verdi nel Parlamento di Bruxelles. Dal 1984 hanno aderito ad Ale diversi separatismi nati e votati all’interno di Stati «ufficiali»: tutti movimenti dediti a reclamare il rispetto di una qualche «nazione» più o meno oppressa. È pensando a loro che il presidente della Commissione europea, Jean-Claude Juncker, ha detto di non volere un’Europa divisa in 95 staterelli. Come potrebbe un’Europa così frammentata tenere testa ai colossi Usa, Cina, Russia, Brasile, India? A Juncker possono anche non piacere, ma gli «staterelli» sono lì, pronti a cavalcare l’onda giusta per loro nella storia. Impossibile? Niente affatto (…).
Ed è da considerare acuta l’osservazione di Gabanelli/Nicastro: Il grande confine europeo che dovrebbe garantire mercati e stabilità finanziaria, autorizza progetti in stile «piccolo è bello». Ma tra Stato e nazione il passo è lungo. Lo Stato è il compromesso pragmatico di scelte politiche, vittorie o sconfitte militari, geografia e convenienze economiche. La nazione è un gruppo umano con una cultura specifica che a volte può vantare anche una lingua propria e un’etnia che lo distingue dagli altri (…).
Esplicativo della situazione attuale il grafico che propone il “Corriere della Sera”: basta saper leggere per comprendere che le mutazioni in corso potranno cambiare (e forse non in tempi lunghi) la “composizione” unitaria dell’Europa:
In questo grafico la Sicilia non c’è, e con molta probabilità non ci sarà neanche in un futuro più o meno vicino, più o meno lontano. La Sicilia non è la Catalogna, né la Scozia e neppure il Veneto o la Lombardia. I contemporanei “movimenti” isolani non destano preoccupazione, né allarmismi, così come vengono considerati oggi. Cioè (purtroppo?) sono considerati aspetti del folklore locale…