Elezioni, alla conquista di una Sicilia in svendita

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di Salvo Barbagallo

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Aggregazioni politiche (?) che non hanno capo né coda, candidati premier/Governatore della Regione che invece di presentare programmi si affannano a dimostrare chi è che ha più “impresentabili” nelle loro liste, una collettività isolana confusa che non riesce a individuare punti di riferimento certi e veramente affidabili: questo lo scenario che si sta presentando a pochi giorni (il 5 novembre) dall’apertura delle urne per il rinnovo del Governo della Sicilia.

Indubbiamente, a parole, chi si sta presentando alla ribalta elettorale afferma che vuole una Sicilia migliore, fiorente, bella, bellissima, stella brillante che faccia da guida ai naviganti nel periglioso mare Mediterraneo, senza rendersi conto che di “promesse da navigante” i Siciliani ne hanno avute da oltre mezzo secolo a questa parte, promesse che sono finite sempre in fondo allo stesso mare che nessuno ormai chiama “Nostrum”.

Dall’impietoso Nord sono scesi tutti nell’Isola derelitta, anche la commissione antimafia che, però, controllerà gli eletti a cose fatte, e non i candidati prima che vengano sottoposti al giudizio di dei votanti. Ma questo “aspetto” potrebbe considerarsi, paradossalmente, “marginale” nella situazione in cui i Siciliani sono chiamati alle urne. C’è, infatti, anche una sottile manovra “programmatica” di qualche autorevole esponente “politico” (Davide Faraone) di Sinistra (?) che vorrebbe addirittura eliminare lo Statuto Speciale Autonomistico per rendere la Sicilia Regione “normale” al pari della maggior parte di quelle “italiane”. Manovra che sta passando (quasi) inosservata, ma che si potrebbe anche vedere realizzata qualora gli interessi nazionali (e internazionali) la ritenessero utile, chissà per quali scopi.

Tante e tante voci in questa anomala campagna elettorale regionale, che avviene a ridosso (pochi mesi) di quella nazionale (che sarà ancora più anomala con la nuova legge elettorale) e che costituisce la concreta sperimentazione della “tipologia” di aggregazione di partiti, ex partiti, movimenti ed ex movimenti, di leader ed ex leader.

A chi dovrebbero dare ascolto i Siciliani? Ai Berlusconi, ai Grillo, ai Renzi, ai Bersani (eccetera) in trasferta in Sicilia per dare man forte ai loro candidati/Governatore? A Berlusconi che promette “meno tasse e più opere” come se tutti avessero dimenticato quanto non ha fatto quando era al Governo del Paese? Oppure ai Franceschini che sostengono “Sicilia, sviluppo possibile con cultura e turismo” che è come scoprire l’acqua calda, oppure ai Delrio che parla ancora del Ponte sullo Stretto? Oppure, ancora, agli intellettuali di Bruno Tabacci che affermano “la Sicilia deve diventare crocevia del Mediterraneo”, ignorando che fra questi intellettuali ci sono personaggi di spicco come Salvo Andò e Enzo Bianco (entrambi “Siciliani”) che sono stati “ministri” d’Italia, ma che la Sicilia non ricorda d’averne ricavato benefici di sviluppo?

Grillo riempie le piazze mentre Renzi raccoglie le briciole? Tutto nella “norma”, in un gioco perverso dopo la posta resta la Sicilia, nel nome della quale tutto è lecito promettere, ignorando disoccupazione (giovanile e no), scandali, latrocini continui della dignità del Siciliano, ignorando pure i disastri perpetrati dall’ultimo Governo Crocetta.

Il pesante rischio è quello che i Siciliani, in massa, non vadano a votare: un ennesimo errore che favorirebbe – volente o nolente – le aggregazioni in corsa per la conquista delle poltrone della Regione…

 

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