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Sicilia e Autonomia, bruciati 64 anni

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Mentre potenti e politici festeggiano l’unità d’Italia e Garibaldi
NELLA SICILIA DELL’AUTONOMIATRADITA
BRUCIATI 64 ANNI DI STATUTO SPECIALE


Di SALVO BARBAGALLO

Il presidente della Repubblica Giorgio Napolitano a Marsala, poche settimane addietro per dare l’avvio alle celebrazioni del centoncinquantesimo anniversario dell’Unità d’Italia, è stato lapidario. Esprimendosi nei confronti di chi parla di secessione o di frantumazione del Paese ha affermato: “Un balbettare penoso, negando il salto di qualità che il Paese tutto fece unendosi”. E’ indubbio che sarebbe folle parlare di secessionismo in un mondo ormai globalizzato, ma a noi “Siciliani” viene difficile ammettere che il “salto di qualità” provocato dall’unione delle varie parti dell’Italia abbia mai portato qualcosa di positivo alla Sicilia ed alla sua popolazione. E sosteniamo ciò con convinzione nella ricorrenza (avvenuta a pochi giorni dalla vista del Capo dello Stato nei luoghi dello sbarco dei Mille di Garibaldi) di un altro anniversario, il sessantaquattresimo, quello dell’Autonomia Siciliana. Una “Autonomia”, forte di uno Statuto Speciale che fa parte integrante della Costituzione Italiana, mai applicata e che in tanti hanno cercato di cancellarla in maniera definitiva.
Quell’Autonomia, “concessa” da uno Stato nascente che risorgeva dalle macerie della guerra, contro ogni tipo di dittatura, in Sicilia non ha portato nulla di buono, così come è accaduto quando si realizzò l’unità del Paese, perché i principi che animavamo quelle importanti determinazioni, sono stati palesemente e costantemente disattesi.
Quell’Autonomia nasceva da una spinta “secessionista” di una popolazione che voleva rendersi “indipendente” quando l’Italia era dominata dai fascisti e da Mussolini e che, a Italia liberata, non sapeva quale futuro potesse attenderla. La Storia viene dimenticata, o “manipolata” per ragioni politiche ma, allora, nel 1946, coloro che rappresentavano l’Italia, si resero ben conto che alla Sicilia “qualcosa” bisognava pur dare, se non si voleva che accadesse il peggio. Illustri studiosi elaborarono uno Statuto della Regione che potesse portare allo sviluppo dell’Isola, e lo Statuto, con qualche modifica, venne approvato e promulgato. Evidentemente, però, doveva esserci sotto un qualche “trucco” poiché la Sicilia, nella sua lunga storia, di “regali” non ne ha mai ricevuti. Il “trucco” è emerso nel corso di questi sessantaquattro anni. Lo Statuto non doveva essere applicato, le prerogative in esso contenute ignorate. Ma sicuramente se ciò si è verificato la responsabilità non può essere soltanto dei governati l’Italia, ma anche (se non soprattutto) di chi ha avuto ruoli nel governo dell’Isola, indubbiamente conniventi nella strategia di tenere costantemente la Sicilia sottomessa, in balìa dei più forti del momento.
Il Presidente della Repubblica a Marsala ha rimproverato i politici del Sud, e li ha invitati a riconoscere “le proprie insufficienze in decenni di autogoverno”, spronandoli a sfruttare le “specificità” concesse. E parliamo, dunque, di quelle “specificità” statutarie che mai sono state applicate, quelle che quando qualche presidente (ricordiamoci di Silvio Milazzo e di Rino Nicolosi) ha tentato di mettere in moto quelle prerogative dello Statuto (oggi chiamate “specificità”) subito si è fatto in modo di renderlo inoffensivo?
Oggi si torna a parlare delle “specificità” poiché , come è stato sottolineato, con il Titolo V della Costituzione si lavora ad “un più conseguente sviluppo delle Autonomie” nel Paese: per i Siciliani, dopo sessantaquattro anni di Autonomia “bruciata” dalla negligenza e dalla indifferenza, la volontà di intenti non appare credibile.
Il Presidente della Repubblica è stato accolto trionfalmente dai Siciliani, così come vennero accolti Garibaldi e gli yankees che sbarcarono nel luglio del 1943 nell’isola, sperando (ed è questo l’errore) che qualcosa potesse cambiare, che si potesse essere cittadini di prima classe come tutti in Italia, e non subordinati. In realtà la colonizzazione della Sicilia è stata non-stop: tutti vengono ad attingere, pochi a dare.
Resta l’amaro in bocca. Resta la rabbia.


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