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Siamo in guerra con la libia

In edicola > Articoli pubblicati > N°4-5_2011

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In poche settimane il mondo sta letteralmente cambiando
Siamo in guerra con la Libia ma nessuno è disposto a dirlo
Nei Paesi del nord Africa il mutamento è epocale, ma per quanto è accaduto e sta accadendo le informazioni non possono considerarsi attendibili: sono scarse e non verificabili nella loro entità

Di SALVO BARBAGALLO

Troppi avvenimenti, dalle catastrofe naturali (vedi Giappone), agli sconvolgimenti politici di intere aree (vedi le cosiddette rivolte in Tunisia, Egitto, Libia, eccetera) si stanno verificando nell’arco di poche settimane, tanti da restare disorientati. Sui disastri dovuti agli sconvolgimenti della natura si pongono poche domande, ma ci si dovrebbe chiedere se non sono poi il frutto delle violenze che l’uomo ha fatto alla natura nel corso di decenni e decenni in nome della scienza e del progresso. Per quanto riguarda le rivolte, non siamo tanto convinti che esse siano state provocate da una richiesta di democrazia, o per vera fame. Così come nessuno osa dire apertamente (almeno in Italia) che siamo in guerra contro la Libia, e, ovviamente, per quale concreto motivo. Alla fine, ci si ritrova con tanta confusione, tanta da non riuscire ad analizzare con equilibrio il reale stato delle cose.

In Giappone terremoto e tsunami hanno provocato anche un disastro nucleare la cui consistenza non si riesce a valutare pienamente, ma c’è chi ipotizza danni maggiori di quelli provocati dalla centrale di Cernobyl.

Nei Paesi del nord Africa il mutamento è epocale, ma per quanto è accaduto e sta accadendo le informazioni non possono considerarsi attendibili: sono scarse e non verificabili nella loro entità. Dalla Tunisia, Egitto, Libia, Siria e da quant’altro è in “rivolta” non c’è resoconto giornalistico, resoconto politico o visione televisiva che abbia potuto offrire un quadro esauriente, nonostante le avanzatissime riprese satellitari, vanto della tecnologia moderna.

Mentre andiamo in stampa non sappiamo quale possa essere la conclusione della guerra a Gheddafi, o che fine farà il leader libico con le sue truppe, o se i cosiddetti ribelli avranno la meglio o la peggio. Ma non riusciamo a credere che i trecento missili scagliati sul territorio libico, o i continui bombardamenti dei sofisticati velivoli delle coalizioni sulle città di quel Paese non abbiano fatto vittime fra la popolazione.

Gheddafi è un dittatore che ha vessato la sua gente? Ma ci accorgiamo soltanto ora che la Libia era governata da una dittatura con la quale gli italiani e il mondo intero hanno fatto affari? Ha ragione Luisa Confalonieri (Tgcom del 21 marzo scorso) quando si chiede “Perché Gheddafi, dopo anni in cui faceva esattamente quello che ha fatto in questo ultimo mese, in cui veniva accolto con tutti gli onori, e piantava la sua tenda in tutte le capitali (non solo a villa Pamphili), in cui faceva affari con tutti, e solo dieci mesi fa addirittura assumeva la presidenza del Consiglio dei Diritti Umani dell’Onu, ora diventa quel mostro che forse è sempre stato. Salvare la popolazione libica dalla sanguinaria repressione del colonnello è la motivazione nobile, il paravento dietro il quale ci nascondiamo. Se così fosse davvero, ci saremmo dovuti muovere molto prima. No, i motivi sono altri, e molti autorevoli editorialisti in queste ore si affannano a ripeterlo. Ogni Paese della “coalizione” ha il suo motivo meno “alto”.

E ci si deve chiedere anche, come ha fatto Mario Giordano (Tgcom del 20 marzo scorso), dove sono i pacifisti? Afferma Giordano: “Accidenti, che strano: non ho visto nemmeno una bandiera arcobaleno. Sui balconi, dico. Alle finestre. E nemmeno per strada. Fateci caso: non ci sono vessilli della pace. Neppure uno. Eppure vi ricordate quanti ne sventolavano ai tempi dell’Iraq? La situazione non è poi così diversa: allora c’erano i raid aerei, un dittatore arabo, le popolazioni oppresse da difendere, qualche interesse per il petrolio. Adesso ci sono i raid aerei, un dittatore arabo, le popolazioni oppresse da difendere, qualche interesse per il petrolio. Dov’è la differenza? Bisogna chiederlo agli esperti della Settimana Enigmistica, rubrica “aguzza la vista”.

Stiamo attenti: non stiamo tentando di difendere Gheddafi, sul quale in più circostanze abbiamo espresso la nostra opinione negativa. Stiamo cercando di comprendere i reali motivi che stanno alla base di questi repentini stravolgimenti geopolitici in un’area del globo che è molto vicina a noi.

Possiamo essere in errore, ma noi riteniamo che quanto stia accadendo in nord Africa possa spiegarsi con poche parole: le mani sul petrolio (altrui)!

S.B.


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