La Voce dell'Isola


Vai ai contenuti

Menu principale:


Politica - Mediterraneo in fiamme

In edicola > Articoli pubblicati > N°2-3_2011

Share |

La comunità del Vecchio Continente si gira dall'altra parte
Mediterraneo in fiamme
l'Italia e l'Europa
restano indifferenti

Rivolta in Algeria

Senza parole, incapaci di esprimere nulla (politicamente parlando) se non formali supporti nei confronti delle popolazioni in rivolta. Ma è proprio vero che davvero non interessa nulla di quel che avviene in Egitto, in Tunisia, in Algeria, ed ora in Libia o in Iran? Se così fosse, allora dovremmo cominciare a porci delle domande serie, a compiere un'autocritica costruttiva

di Marco Di Salvo

Europa muta, Italia distratta. Così si possono analizzare le reazioni nei Paesi dell'Unione a ciò che sta accadendo nella sponda sud del Mediterraneo. Europa muta nei fatti, incapace di esprimere nulla (politicamente parlando) se non formali supporti a parole nei confronti delle popolazioni in rivolta. Ben poco per chi è partner dei paesi del Mediterraneo. Ma forse proprio per questo l'Europa sta zitta, visto che con quei dittatori (chiamati così solo ora, naturalmente) l'Europa ha trattato fino all'ultimo (anche in facezie, come ad esempio raccontano le cronache delle ultime vacanze del premier Francois Fillon, accusato di aver trascorso le vacanze di Natale in Egitto con la famiglia a spese del presidente egiziano Hosni Mubarak). Ha trattato, è stata complice dei ladrocini, ha mantenuto una posizione di superiorità “morale” da residuo coloniale che è meglio che dismetta presto, pena un conflitto di cui non si possono, ad oggi, prevedere le conseguenze.

E qui in Italia cosa accade? Risparmiamo qualsiasi commento sulle persone che istituzionalmente dovrebbero rappresentare la nostro politica estera. Sulla pagina Facebook del ministro Frattini fino a pochi tempo fa campeggiava ancora una nota intitolata: "Mubarak continui a governare con saggezza".

Esordiva con: “Speriamo che il presidente Mubarak continui, come ha sempre fatto, a governare il suo paese con saggezza e con lungimiranza" e proseguiva a livello da temino delle medie, chiudendosi con: "Se rifiuteremo di aiutare lo sviluppo dove vivono queste persone queste verranno a casa nostra". Di una povertà impressionante, non solo sul piano formale e lessicale.

Ma come è stato raccontato dai nostri media quello che è un vero e proprio crollo del muro mediterraneo? Ignorando, in pratica, la questione. Certo i tg e maggiori quotidiani hanno fatto le aperture, nei giorni più caldi, ma senza analisi di prospettiva degne di nota. Anzi, in alcuni casi le analisi sono state fatte, in realtà.

Ma i prestigiosi commentatori sono bei tomi come Tarak Ben Ammar, proconsole berlusconiano d'affari in Tunisia o Neguib Sawiris (proprietario di Wind), che è uno di coloro che hanno tratto più vantaggi dal sistema Mubarak, comprando aziende e concessioni a un ottavo del valore di mercato.

In Tunisia la Banca mondiale ha bloccato un prestito di 250 milioni di dollari quando Sawiris ha acquistato una rete locale con un credito delle banche tunisine sul 100% del valore della transazione. Sawiris con Wind è uno dei maggiori inserzionisti di tv e giornali, quindi è scomodo dire la verità su questo signore che adesso partecipa al processo di transizione, parla di democrazia e reclama persino un piano Marshall.

Ma imbarazzante è anche l'approccio “ideologico” di alcuni giornalisti italiani. Il direttore de “Il Giornale” Sallusti, nella puntata del 6 febbraio della trasmissione TVtalk in onda su Rai Storia, ha tranquillamente affermato che il suo giornale non apre con le notizie riguardanti l'Egitto perché agli italiani di questo argomento “non interessa nulla”. Ed ha avvalorato la propria tesi dicendo che il “Corriere della Sera”, nei tre giorni che ha “aperto” sull'Egitto, ha venduto meno copie. Il compito di un direttore di giornale - ha continuato Sallusti - è quello di vendere “una copia in più”, a quanto pare anche a spese dell'informazione pubblica. Vendere una copia in più quindi, non informare. Interessante deontologia professionale...

Ma è proprio vero che agli italiani davvero non interessa nulla di quel che avviene in Egitto, in Tunisia, in Algeria, ed ora in Libia o in Iran? Se così fosse, allora dovremmo cominciare a porci delle domande serie, a compiere un'autocritica costruttiva.Dovremmo iniziare a ringraziare l'esempio degli egiziani: un popolo quindi tutt'altro che «incompleto», ma coraggioso, che ha molto da insegnarci.

Ma per quale motivo agli italiani poco importa di tutto questo: degli egiziani, di Mubarak? Alcuni maliziosamente potrebbero rispondere che agli italiani poco importa di Mubarak perché già fin troppo dà loro da pensare sua “nipote”.

Ma a parte la satira… forse il problema è proprio questo: ovvero che in Italia si fa sempre più satira e sempre meno politica, trasportando il dibattito sul piano del pettegolezzo, oscurando la realtà dei fatti, la loro reale consistenza. È così che poi il politico si specializza in comicità e appare simpatico, mentre al comico tocca occuparsi di politica, a rischio di apparire inopportuno.

A parte la satira, quindi, sembra che gli italiani siano un popolo sempre meno reattivo, più provinciale e ripiegato su se stesso: non c'è interesse per ciò che non ci riguardi direttamente, e spesso nemmeno per questo. Ma siamo sicuri sicuri che questo disinteresse non sia prodotto dai media (e non solo da essi ratificato) e che tutto questo non faccia comodo a chi sta sulla tolda del Titanic Italia?


Torna ai contenuti | Torna al menu