La Voce dell'Isola


Vai ai contenuti

Menu principale:


L'uomo continua a scherzare col fuoco...

In edicola > Articoli pubblicati > Altri articoli

Share |

Quale clima dovremo aspettarci in futuro nell'area del Mediterraneo?

di Corrado Rubino

Non abbiamo ancora finito di contare i morti dei terremoti di Haiti, della Nuova Guinea, dell'Indonesia e del Cile che dall'inizio del 2010 hanno colpito il nostro pianeta ed eccoci alle prese con un'altra pericolosissima eruzione di un vulcano islandese dal nome impronunciabile.

Il vulcano Eyjafjallajokull, nel sud dell'Islanda prende il nome dal ghiacciaio di cui fa parte e ha deciso dopo 187 anni di far sentire la sua voce. L'eruzione spinge nell'atmosfera oltre ai gas potenzialmente pericolosi, oltre alle ceneri vulcaniche anche una enorme quantità di vapore acqueo. La grossa nube di ceneri è stata trasportata dai venti verso l'Europa dove il traffico aereo è stato quasi completamente paralizzato. Si sono registrati gravi disagi per il traffico aereo perché le micro particelle abrasive di silicio contenute dalla nube vulcanica avrebbero potuto danneggiare i motori dei velivoli. In Islanda, intanto, continua a sciogliersi rapidamente il ghiacciaio del vulcano in eruzione, e l'isola è colpita da inondazioni alluvionali.

Il rischio che la ricaduta della nube che sta interessando l'Europa possa provocare affezioni respiratorie, sembra limitato. Le componenti più sottili delle ceneri e i composti dello zolfo e del fluoro, se inalati, potrebbero, infatti, aggravare le condizioni di salute di quanti sono già affetti da problemi respiratori, in maniera del tutto analoga a quanto accade quando vengono superati i limiti dell'inquinamento dell'aria a causa delle emissioni antropiche. A tale proposito anche l'OMS ha già lanciato un'allerta e continua a monitorare con attenzione la situazione.

Il risveglio del potente vulcano islandese pone anche grandi interrogativi sul rischio di effettive influenze sul clima, principalmente legato all'eventuale lunga durata di un'attività eruttiva così forte.

In particolare è la nube di ceneri vulcaniche, ha gravato e grava su gran parte dell'Europa grazie alla disposizione dei venti in quota, che può avere delle conseguenze significative anche sul clima. Le polveri vulcaniche possono infatti arrivare ad avere un ruolo importante nello schermare la radiazione solare diretta sul nostro Pianeta, determinando alla lunga dei raffreddamenti climatici.

"Difficile fare previsioni sull'evoluzione del fenomeno, - ha detto Warner Marzocchi dell'Istituto nazionale di Geofisica e vulcanologia - ma perché le cose cambino ci sono solo due possibilità: che l'eruzione si riduca o che le correnti aeree diffondano altrove ceneri e gas." Ma le simulazioni condotte dal Centro fenomeni estremi (Cetemps) dell'Università de L'Aquila, in coordinamento con il Met Office britannico e il centro meteorologico tedesco Wetter, e fornite alla nostra Protezione civile, hanno mostrato come le particelle silicee si potevano distribuire sull'intera Europa ricoprendo tutta l'Italia, Sicilia compresa. Sono state riversate nell'atmosfera duecentomila tonnellate di materiale da parte del vulcano islandese e la loro maggior parte si concentra a un'altezza, a seconda della geografia, fra tre e otto chilometri. Dopo aver attraversato ad alta quota le Alpi sono arrivate sulla Penisola. Forse si scaricherà in modo diluito sulle varie regioni contribuendo ad intensificare le precipitazioni; cioè potranno aumentare le piogge e la caduta di neve sui rilievi perché le particelle funzionano da nuclei di condensazione.
Solamente nel caso in cui la quantità di massa espulsa dal vulcano dovesse diventare notevolmente consistente e duratura tanto da estendersi con incisività nella stratosfera, gli effetti arriverebbero ad estendersi all'intero globo. In quel caso le particelle di zolfo rilasciate nell'alta atmosfera contribuirebbero a danneggiare lo strato d'ozono peraltro già danneggiato dalle nostre dissennate politiche industriali. L'ultima volta che un'eruzione vulcanica ha avuto effetti importanti sul clima fu nel 1991, quando il vulcano indonesiano Pinatubo provocò un piccolo raffreddamento globale che fu in grado di frenare, in quel momento, per almeno un anno, il "global warming" o riscaldamento globale.

Nessuna preoccupazione quindi, se non per il fatto che le eruzioni di questo vulcano sono di solito accompagnate dall'eruzione di un altro vulcano situato nei pressi, il Katla, che si trova sotto il Myrdalsjokull (ghiacciaio appena a est del Eyiafjallajokull).
Le eruzioni di questo secondo vulcano sono di solito molto più potenti ed il ghiacciaio annesso al Katla è molto più grande, col rischio di portare quindi a un evento alluvionale del Markarsfljot, il fiume che raccoglie le acque scaturite da entrambi i ghiacciai, ancora più potente di quella in atto.

Se invece l'eruzione resta sostanzialmente a questi livelli non si prevedono gravi conseguenze sul clima.

Affinché anche il clima, a medio e lungo termine, sia influenzato da questo fenomeno, la nube dovrebbe avere una forza termica tale da bucare la tropopausa (circa novemila metri di quota) e finire nella stratosfera, dove le polveri potrebbero ristagnare per mesi e anni dando vita a cambiamenti climatici molto significativi.

In questo caso, la Terra avrebbe un nuovo e insolito "schermo" che fungerebbe da specchio per la radiazione solare provocando un importante riscaldamento della stratosfera (sopra la nube) e un raffreddamento dei bassi strati dell'atmosfera (sotto la nube). In parole semplici, la nube vulcanica potrebbe oscurare il sole e quindi provocare un netto raffreddamento del pianeta. Solitamente ciò accade durante i due anni successivi all'evento eruttivo, ed è già capitato più volte in passato, basti pensare all'eruzione del Tambora, in Indonesia, nell'aprile del 1815 o al più recente Pinatubo, nelle Filippine, nel giugno 1991.

Non resta che attendere di vedere come evolverà l'eruzione per valutare in modo più approfondito l'eventualità concreta di una possibile influenza a livello generale del clima delle zone mediterranee. Si parla da tempo della possibilità di un'estate 2010 più fresca della norma nel Vecchio Continente e non solo per via di vari fattori fra i quali la bassissima attività solare che ci trasciniamo avanti nell'ultimo periodo. In realtà, gli ultimi dati termici di marzo smentiscono qualunque frenata del riscaldamento globale e il periodo di El Niño, che solo adesso ci stiamo per lasciare alle spalle, di solito ha sempre favorito estati in genere relativamente calde in Europa e nel Mediterraneo. Di certo c'è che se davvero ci dovessimo trovare dinanzi ad un'eruzione vulcanica particolarmente significativa e duratura, allora bisognerebbe rivedere simulazioni e previsioni.

Aldilà dei cataclismi naturali il trend, atteso nel prossimo futuro, è quello di un lento ma inesorabile incremento della temperatura media nell'area mediterranea. Nessun modello di simulazione messo in pratica dagli studiosi prevede una diminuzione di temperatura.

Le mappe di previsione evidenziano un notevole incremento termico in tutte le stagioni, ed in particolare in estate, in tutta l'area mediterranea, leggermente inferiore soltanto al centro del bacino. Per quanto riguarda la piovosità, invece, i modelli mostrano come l'Europa meridionale appaia praticamente spaccata in due: la metà superiore appare più umida e quella inferiore più arida. La linea di demarcazione appare oscillare, a seconda delle stagioni, tra le regioni dell'Italia settentrionale (in inverno e primavera) e la Scandinavia (in estate), ed in estate praticamente l'intera Europa sudoccidentale appare in condizioni di maggiore siccità, con valori estremi in Portogallo, Grecia e comunque anche in Italia.

In ogni caso gli studiosi di climatologia riscontrano come l'area mediterranea rispetto a tutte le regioni della Terra, appaia sempre una delle zone del globo più sensibili ai cambiamenti climatici, in particolare in riferimento alla diminuzione delle precipitazioni (-20%) ed all'aumento della loro irregolarità (40%) durante l'attuale secolo.

Ma non preoccupatevi il mondo sta per dividersi fra quelli che non vogliono ridurre le emissioni di gas serra perché perderebbero denaro e quelli che vogliono fare denaro proprio con il business del clima e delle catastrofi naturali. Non ci deve far paura la natura, ma i pazzi che non la rispettano!



Torna ai contenuti | Torna al menu