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Radon: se ne parla poco ma è altamente pericoloso

In edicola > Articoli pubblicati > N°4-5_2011

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Pur essendo una sorgente di radioattività non evoca immagini inquietanti e il rischio legato alla sua presenza non è percepito in modo altrettanto netto rispetto a quello che accompagna, per esempio, le indagini radiologiche o la medicina nucleare

Il Radon è una sostanza naturale che viene originata ininterrottamente da alcune rocce della crosta terrestre ed in particolar modo da Lave, tufi, pozzolane e alcuni graniti

Sebbene le concentrazioni di Radon siano maggiori nei materiali di origine vulcanica spesso si riscontrano elevati tenori di radionuclidi anche nelle rocce sedimentarie come marmi, marne, flysh. Come gas disciolto viene veicolato anche a grandi distanze dal luogo di formazione poiché può essere presente nelle falde acquifere

di Vito Zingale

Dopo il fumo, è la seconda causa di tumore ai polmoni, tuttavia si parla poco di questo gas radioattivo, nocivo per la salute

Il Radon è un gas naturale radioattivo di cui si parla poco, anche se è molto pericoloso per la salute: basta pensare che è la seconda causa di tumore ai polmoni dopo il fumo.
Si stima che sia responsabile del 10 per cento di tutti i casi di questo tumore. Si tratta quindi di un elemento molto più pericoloso, per esempio, dell’ amianto o del benzene, che può essere presente nelle nostre abitazioni.

Sporadicamente il Radon ha guadagnato le luci della scena come è accaduto invece per altri temi di salute ambientale, per esempio il benzene, l'amianto e i campi elettromagnetici. Pur essendo una sorgente di radioattività, poi, non evoca immagini inquietanti e il rischio legato alla sua presenza non è percepito in modo altrettanto netto rispetto a quello che accompagna, per esempio, le indagini radiologiche o la medicina nucleare. Forse perché la definizione e le caratteristiche della sostanza inquinante mal si adattano a una sostanza naturale come è, appunto, il Radon. Eppure a questo gas radioattivo è dovuta circa la metà della quantità di radiazioni ionizzanti ricevuta in media nella vita, escludendo le irradiazioni per uso medico.

Il Radon e' un gas radioattivo incolore estremamente volatile prodotto dal decadimento di tre nuclidi capostipiti che
danno luogo a tre diverse famiglie radioattive; essi sono il Thorio 232, l'Uranio 235 e l'Uranio 238. Nella tabella seguente e' riportata la sequenza del decadimento del nuclide più abbondante in natura e cioè' l'Uranio 238 responsabile della produzione dell'isotopo Radon 222. Il Thorio 232 e l'Uranio 235 producono invece rispettivamente il Rn 220 e Rn 219.

Il Radon viene originato ininterrottamente da alcune rocce della crosta terrestre ed in particolar modo da Lave, tufi, pozzolane, alcuni graniti, etc. Sebbene sia corretto immaginare che le concentrazioni di Radon siano maggiori nei materiali di origine vulcanica spesso si riscontrano elevati tenori di radionuclidi anche nelle rocce sedimentarie come marmi, marne, flysh etc. Come gas disciolto viene veicolato anche a grandi distanze dal luogo di formazione poiché può essere presente nelle falde acquifere. Infine è nota la sua presenza in alcuni materiali da costruzione. La via che generalmente percorre per giungere all'interno delle abitazioni è quella che passa attraverso fessure e piccoli fori delle cantine e nei piani seminterrati. L'interazione tra edificio e sito, l'uso di particolari materiali da costruzione, le tipologie edilizie sono pertanto gli elementi più rilevanti ai fini della valutazione dell'influenza del Radon sulla qualità dell'aria interna delle abitazioni ed edifici in genere. Alcuni studi nell'ultimo decennio hanno dimostrato che l'inalazione di radon ad alte concentrazioni aumenta di molto il rischio di tumore polmonare.


I risultati di tali studi supportano l'opinione che, in alcune regioni europee, il radon può essere la seconda causa in ordine di importanza, di cancro ai polmoni. Abbiamo i mezzi e le conoscenze per contrastare il pericolo ambientale che l'Organizzazione mondiale della Sanità attraverso l'IARC ha inserito nel Gruppo 1 degli agenti cancerogeni conosciuti.
Intorno al 1470, nella regione di Schneeberg, una piccola città della Sassonia, sul versante nord della catena degli Erzgebierge (Monti di roccia mineraria), ebbe inizio un’intensa attività mineraria per l’estrazione di argento. All’incirca nello stesso periodo, si estraeva altro argento nella regione di Joachimstahl (oggi Jachymov), sul versante sud della stessa catena, in Boemia. Le tecniche minerarie praticate in queste regioni all’inizio del 16° secolo furono illustrate da Agricola (1494 – 1555), considerato il padre della mineralogia, che lavorò come medico a Joachimstahl dal 1527 al 1533. Il suo testo più famoso,
De re metallica, fu tradotto in inglese (dal latino) dall’ingegnere minerario americano Herbert C. Hoover (poi presidente degli Stati Uniti) e da sua moglie Lou. Agricola racconta che a Jachymov la roccia argentifera grezza veniva estratta dalla superficie o in sua stretta prossimità, mentre a Schneeberg veniva già estratta da profondità considerevoli. Alcuni pozzi raggiungevano i 400 m.
Già all’inizio del 16° secolo, nella regione di Schneeberg, veniva osservata una mortalità stranamente elevata, dovuta a complicazioni polmonari, tra minatori in giovane età. Il primo rapporto ci viene da Paracelso (1493 – 1541) nel suo libro Über die Bergsucht und andere Bergkrankheiten (“Sul Bergsucht e altre malattie dei minatori”, 1537, pubblicato postumo). Il termine Bergsucht riassume le malattie polmonari osservate nei minatori.
La frequenza di queste affezioni polmonari, poi chiamate “morbo polmonare di Schneeberg”, andò aumentando nel 17° e 18° secolo, in concomitanza con l’intensificarsi dell’estrazione di argento, cobalto e rame. La malattia venne identificata come cancro polmonare da Haerting e Hesse (1879). Dapprima considerata come un sarcoma linfatico, che traeva origine dai linfonodi bronchiali, fu più tardi classificata come cancro bronchiale. Haerting e Hesse riferiscono che in quel periodo il 75% dei minatori della regione di Schneeberg moriva di cancro polmonare. I rapporti disponibili indicano che tale percentuale era forse più bassa tra i minatori di Jachymov.
Paracelso classificò il morbo polmonare di Schneeberg tra i
Mala metallorum. Si pensava che il cancro polmonare fosse causato dall’inalazione di polveri minerarie contenenti metalli diversi. Si pensava altresì che tra i fattori che contribuivano alla cancerogenesi si dovessero includere anche le malattie tubercolari e la presenza di arsenico nelle polveri.

Scoperto nel 1898 da Pierre e Marie Curie, il Radon è un
gas nobilee radioattivo che si forma dal decadimento del Radio (con espulsione di un nucleo di Elio), generato a sua volta dal decadimento dell'Uranio.
Il Radon è un gas molto pesante, pericoloso per la salute umana se inalato. L'
isotopopiù stabile, il Rn ha una vita media di 3,8 giorni e viene usato in radioterapiaUno dei principali fattori di rischio del radon è legato al fatto che accumulandosi all'interno di abitazioni diventa una delle principali cause di tumore al polmone. Si stima che sia la causa di morte per oltre 20.000 persone nella sola Unione Europea ogni anno ed oltre 3.000 in Italia. Polonio e Bismuto sono prodotti, estremamente tossici, del decadimentoradioattivo del Radon.
Il Radon è un elemento chimicamente inerte, naturalmente radioattivo. A temperatura e pressione standard il Radon è inodore e incolore. Alcuni esperimenti dimostrano che il fluoro può reagire col Radon e generare il fluoruro di Radon. E' solubile in acqua e poiché la sua concentrazione in atmosfera è in genere estremamente bassa, l'acqua naturale di superficie a contatto con l'atmosfera (sorgenti, fiumi, laghi...) lo rilascia in continuazione per volatilizzazione anche se generalmente in quantità molto limitate. D'altra parte, l'acqua profonda delle falde, può presentare una elevata concentrazione di Rn rispetto alle acque superficiali. In Italia l'ente preposto alla misura del Radon nelle abitazioni e nei luoghi chiusi sono le ARPA, a cui si può fare riferimento per adottare provvedimenti di bonifica nei casi di superamento dei limiti di legge.
Al confronto delle situazioni minerarie, la possibile influenza del Radon sul rischio di tumore polmonare per la popolazione fu scoperta molto più recentemente. Un anno dopo la scoperta del Radon, le misure di Elster e Geitel (1901) mostrarono che esso costituiva una componente pressoché ubiquitaria dell’aria atmosferica. In un documento dal titolo “
Alcuni aspetti cosmici della radioattività”, letto nell’aprile del 1907 nel corso di un meeting in Canada, Ernest Rutherford dichiarò: “Tutti noi dobbiamo aver presente che stiamo continuamente inalando le emanazioni del radium, del torio e dei loro discendenti, oltre che aria ionizzata. Alcuni hanno considerato la possibilità che la presenza di materiali radioattivi e di aria ionizzata possa giocare qualche ruolo nei processi fisiologici”. E’ degno di nota il fatto che negli anni successivi cominciarono le applicazioni “termali” del Radon. Il primo stabilimento del genere venne aperto a Bad Kreutznach, in Germania, nel 1912.
Le prime misurazioni di Radon “ambientale” si limitarono prevalentemente agli spazi aperti. Solo nel 1956 Hultqvist pubblicò un primo set di misure indoor, relativo a 225 abitazioni svedesi. Questo studio, avviato da Rolf Sievert, riportava livelli di Radon piuttosto elevati in alcune case costruite con un calcestruzzo ad alto contenuto di Radon. A questa scoperta venne data scarsa risonanza internazionale, in quanto si riteneva fosse un problema locale svedese.
Circa vent’anni più tardi, in molti paesi si svolsero indagini più estese. I loro risultati sono riassunti nei rapporti UNSCEAR 1977, 1982, 1988, 1993. Questi studi rivelano un’estrema variabilità del radon nelle abitazioni, da pochi Bq/m fino a 100 kBq/m (
Bq/m = Bequerel per metro cubo). Ciò significa che alcuni individui sono esposti a livelli di Radon raffrontabili a quelli dei minatori delle prime fasi di estrazione dell’Uranio. Si riconobbe che in molte abitazioni il maggiore responsabile degli alti livelli di Radon non era il materiale da costruzione bensì il flusso convettivo del Radon derivante dal sottosuolo. Questa scoperta si rivelò di grande rilievo nella pianificazione di efficaci interventi tecnici di risanamento.
Secondo questi studi i livelli medi indoor di radon e progenie spaziano entro un range di 5 – 50 Bq/m di concentrazione equilibrio– equivalente (ovvero, se il fattore di equilibrio è pari a 0,4 da 12,5 a 125 Bq/m di Radon) . Il rapporto UNSCEAR 1988 assume un valore medio globale di circa 15 Bq/m e un valore medio per l’equivalente di dose attribuibile all’epitelio bronchiale di 15 mSv/anno (
mSv = millesimo di sievert, ossia la dose equivalente depositata nel tessuto corporeo, mediata in tutto il corpo), circa dieci volte più alto della dose media che tutte le altre fonti naturali di radiazioni impartiscono ai tessuti extra polmonari. Quindi, in base alla media mondiale, l’inalazione indoor dei discendenti del Radon è responsabile della metà dell’intera dose efficace dovuta a cause naturali.

Le stime sul pericolo di tumore polmonare da esposizione indoor sono tuttora basate sui dati epidemiologici dei minatori (ICRP 1987, NRC 1988). Come puntualizzato da Stidley e Samet (1993), gli studi sulle influenze geografiche o ecologiche sembrano di modesto rilievo, causa la fuorviante coesistenza di numerosi altri fattori. Una possibile eccezione potrebbe essere rappresentata dalla recente scoperta di un’elevata frequenza di tumore polmonare a Umhausen, una piccola comunità austriaca, in Tirolo. Più incoraggianti sembrano gli studi basati sul controllo casuale delle concentrazioni di Radon indoor, portati avanti in molti paesi. Sono stati anche pubblicati i risultati preliminari di qualche studio limitato di questo genere. Sebbene indichino una correlazione positiva tra livelli di Radon indoor e tumori polmonari (in accordo con i dati estrapolati dai minatori), resta un notevole margine di errore statistico.
In ultima analisi, l’approccio al problema Radon nelle abitazioni si basa su tre elementi indiscutibili: 1) un’estrema variabilità dei livelli di concentrazione indoor, 2) un equivalente di dose all’epitelio bronchiale sensibile relativamente elevato, 3) una convincente evidenza epidemiologica di un elevato rischio di tumore polmonare nei minatori esposti al Radon. Permane una maggiore insicurezza nella quantificazione degli effetti cancerogeni attribuibili all’esposizione indoor, vista l’influenza sinergica del fumo.

La maggiore sorgente di Radon è il sottosuolo, dal quale il gas fuoriesce attraverso crepe e fessure, penetrando nelle abitazioni attraverso giunti di connessione, fessure, canalizzazioni di impianti idraulici, elettrici e di scarico


La maggiore sorgente di Radon è il sottosuolo, dal quale il gas fuoriesce attraverso crepe e fessure, penetrando nelle abitazioni attraverso giunti di connessione, fessure, canalizzazioni di impianti idraulici, elettrici e di scarico. Il rischio cresce all’aumentare della concentrazione e del tempo di contatto. Gli ambienti chiusi come case, scuole e uffici sono quelli da considerare più a rischio.

Il nostro Paese, per la sua conformazione geologica, è particolarmente soggetto al problema

Il nostro Paese, per la sua conformazione geologica, è particolarmente soggetto al problema.
Dato un certo contenuto di Radon nel suolo, la quantità di gas rilasciata varia in relazione alla permeabilità del suolo (densità, porosità, granulometria), del suo stato (secco, impregnato d'acqua, gelato o coperto di neve) e dalle condizioni meteorologiche (temperature del suolo e dell'aria, pressione barometrica, velocità e direzione del vento). In più, la concentrazione di Radon si abbassa rapidamente con l'altitudine. L'acqua sotterranea, i gas naturali, il carbone e gli oceani sono altre fonti minori di radiazioni. E' quindi chiaro che il Radon è universalmente presente, ma la velocità di emissione varia significativamente nel tempo, anche per uno stesso luogo. A livello regionale o locale, indipendentemente dalle condizioni prevalenti in un dato periodo, il fattore che più influenza il rilascio di Radon è la geologia ( per esempio il contenuto di Uranio delle rocce). In parole povere è più facile che contengano Radon i terreni granitici e vulcanici, così come le argille contenenti alluminio. Ci sono eccezioni a ciò, tuttavia: si possono trovare miniere di Uranio in terreni sedimentari, o Radon in suoli calcarei. La maggior parte del Radon presente in un edificio ha origine dal suolo sul quale esso è costruito. Se il basamento ha un pavimento di fango, il Radon può penetrare facilmente. Se il pavimento è di cemento, il Radon penetra attraverso le spaccature che si formano con il tempo, lungo le tubature o attraverso le giunture tra i muri. Il Radon può anche provenire - in misura minore - dai muri, se essi sono stati edificati utilizzando materiali radioattivi (tufi vulcanici, per esempio) o dai rubinetti, se l'acqua contiene del Radon disciolto. Il Radon "condotto" all'interno di una casa tende a restare lì.

Se non si prendono misure speciali, la pressione all'interno di un edificio è leggermente più bassa che all'esterno, l'aria interna tende a stagnare piuttosto che a rinnovarsi. Si può facilmente provare questo esperimento in inverno, ponendo la mano vicino allo stipite di una finestra: una corrente di aria fresca, più o meno intensa secondo la larghezza della fessura, si può percepire chiaramente all'interno della casa, ma non all'esterno. Per un dato terreno, e indipendentemente dal tempo, la concentrazione finale di Radon in una casa è quindi dipendente dal tipo di costruzione. Dipende anche, in larga misura, dall’aerazione, sia passiva (cattivo isolamento) che attiva (per esempio, aprire le finestre a intervalli lunghi o brevi). Il ruolo ricoperto dalle condizioni meteorologiche (vento, pressione barometrica, umidità) spiega non solo le variazioni stagionali della concentrazione di Radon in una data casa, ma anche le differenze analizzate tra i livelli diurni e notturni.
Il Radon è presente in tutta la crosta terrestre. Si trova nel terreno e nelle rocce ovunque, in quantità variabile. Il suolo è la principale sorgente del radon che arriva in casa. I materiali edili che derivano da rocce vulcaniche (come il tufo), estratti da cave o derivanti da lavorazioni dei terreni, sono ulteriori sorgenti di Radon. Essendo un gas, il Radon può spostarsi e sfuggire dalle porosità del terreno disperdendosi nell’aria o nell’acqua. Grazie alla forte dispersione di questo gas in atmosfera,all’aperto la concentrazione di Radon non raggiunge mai livelli elevati ma, nei luoghi chiusi (case, uffici, scuole, etc) può arrivare a valori che comportano un rischio rilevante per la salute dell’uomo.
Il Radon si distribuisce uniformemente nell’aria di una stanza (principio di Pascal), mentre i suoi prodotti di decadimento si attaccano al particolato (polveri, aerosol) dell’aria che si respira per poi depositarsi sulle superfici dei muri, dei mobili etc. La maggior parte del Radon che inaliamo viene espirata prima che decada (ma una piccola quantità si sposta nei polmoni, nel sangue e, quindi, negli altri organi), mentre i prodotti di decadimento si fissano alle pareti dell’apparato respiratorio e qui irradiano (tramite le radiazioni alfa) soprattutto le cellule dei bronchi.
Il Radon si può trovare anche nell’acqua potabile. La concentrazione è molto variabile sia dal punto di vista spaziale che temporale e, anche se in maniera trascurabile rispetto alla sua presenza in atmosfera, può comunque rappresentare una fonte di esposizione dello stomaco a radiazioni ionizzanti.Prima di costruire un edificio, bisognerebbe tener conto del rischio legato al Radon. Le regole principali possono essere nazionali, regionali o locali e dovrebbero essere fatte rispettare.
Le concentrazioni di Radon che devono essere raggiunte tramite misure correttive o preventive possono differire, nelle condizioni di un edificio esistente o in fase di progetto. Ci sono "valori raccomandati", "valori guida" o "livelli di azione", che variano da un Paese all'altro.

Le stesse regole possono essere applicate a edifici non abitati permanentemente (posti di lavoro e scuole), tranne che per il fatto che i livelli di azione devono essere valutati in termini di tempo massimo di occupazione. Si stima che la cittadinanza europea in media trascorra 19,2 ore al giorno (l'80% del suo tempo) all'interno! E' dunque legittimo interrogarsi riguardo l'opportunità di applicare le stesse regole agli ambienti nei quali le persone trascorrono non più di alcune ore ogni giorno.
In pratica, la Commissione Internazionale per la Protezione Radiologica consiglia di applicare identici livelli di azione alle case e agli edifici pubblici dove la gente trascorre un tempo apprezzabile (scuole, ospedali, centri residenziali). D'altra parte, quando il tempo trascorso dalla gente in un luogo è limitato, come in uffici, librerie e teatri, non sono richiesti particolari provvedimenti.
La conoscenza della distribuzione di Radon nei gas del suolo consente la predisposizione di vere e proprie mappe di rischio. Tali mappe sono state elaborate per esempio in Svezia e di fatto sono state inserite nel contesto della pianificazione Urbanistica del Territorio.
In particolare le aree più a rischio sono prevalentemente quelle di origine Vulcanica con profonde faglie tettoniche (come ad esempio, in Italia: l'area dei Castelli Romani e dell'Etna?) e falde acquifere a servizio di uno o più Comuni e quindi di grande rilevanza sulla sanità pubblica in caso di contaminazione.


Poiché il Radon è un gas incolore ed inodore, i suoi effetti non sono direttamente avvertibili dai sensi dell'uomo. Al contrario alcuni animali ne sentono gli effetti indesiderati e si allontanano naturalmente da quei luoghi. Oggi è possibile però risalire alla presenza di Radon principalmente con due tipi di dispositivi:
I Rivelatori Passivi che non necessitano di alimentazione elettrica; dopo un tempo di permanenza, la cui durata dipende dal tipo di rivelatore, vengono rimossi e soggetti in laboratorio a procedure di tipo chimico-fisico per la determinazione della concentrazione media nel periodo di integrazione.Rivelatori Attivi che sono costituiti da strumenti dotati di un particolare sensore Geiger sensibile prevalentemente alla radiazione alfa.
Relativamente al rischio Radon si può procedere in maniera ordinata, evitando di spaventare la popolazione non fornendo vie pratiche per risolvere il problema. Il primo passo è quindi la stima della serietà del problema, e l'incoraggiamento ad altri a fare ciò.
L'iniziativa può essere a livello nazionale, locale o individuale. In tutti i casi la cittadinanza deve essere informata.

Studi cartografici nazionali o regionali possono fornire dati utilizzabili a livello locale

Studi cartografici nazionali o regionali possono fornire dati utilizzabili a livello locale. Tuttavia, in alcuni casi, questi dati possono essere inesistenti o inadeguati. Soltanto un gruppo di specialisti può decidere se sono necessarie ulteriori misure per ricavare statisticamente conclusioni valide a livello locale. Le autorità per la salute locale o gli istituti nazionali di ricerca hanno tali gruppi di specialisti disponibili.
In una stessa località, la situazione può variare considerevolmente da un edificio a un altro. Nelle aree valutate a rischio geologico, può essere necessario effettuare misure nelle singole case.
E' spesso più economico analizzare i problemi che il Radon può porre prima di costruire un edificio. Le precauzioni da prendere varieranno, secondo la natura del suolo e del sottosuolo. Ogni autorità locale dovrebbe avere una lista di esperti da consultare prima di iniziare i lavori di costruzione.Quando si rileva un'alta concentrazione di Radon in un edificio già esistente, le sue vie di accesso devono essere identificate ed eliminate. Il ruolo dell'autorità locale in questo caso dovrebbe essere:
tenere una lista di individui qualificati ad identificare i punti di entrata del Radon nelle case e compiere i lavori necessari;i privati ad effettuare i lavori necessari;e, se necessario, ridurre le concentrazioni di Radon negli edifici di cui è responsabile.
Se gli studi mostrano un rischio collegato al valore di Radon elevato, la cittadinanza deve esserne informata. Bisogna ricordare che il rischio, anche in una casa in cui la concentrazione sia particolarmente elevata, è funzione del tempo di esposizione. In altre parole, gli abitanti di tale casa devono essere avvisati dei rischi che corrono, ma non è necessario che la casa sia evacuata immediatamente: il rischio consiste nella grandezza della dose complessiva ricevuta in un lungo periodo. Bisogna dare il giusto impulso, con l'aiuto di specialisti, perché la gente entri in azione, senza causare ingiustificati allarmismi.
A livello mondiale, nel 2005, l’Oms ha creato l’International Radon Project (Irp), in cui venti Paesi hanno formato una rete di collaborazione per identificare e promuovere programmi per la riduzione dell’impatto del Radon sulla salute. Il progetto, di durata triennale, aveva l’obiettivo basilare di formulare un manuale contenente linee guida e raccomandazioni con l’intento di favorire una strategia comune nei diversi Stati. Il primo e il secondo meeting si sono svolti a Ginevra rispettivamente a gennaio 2005 e a marzo 2006, il terzo si è tenuto a Monaco a marzo 2007.

In Italia, nel 2002, è stato elaborato un Piano nazionale radon (Pnr)


In Italia, nel 2002, è stato elaborato un Piano nazionale radon (Pnr) con la collaborazione di un gruppo multidisciplinare di esperti, nell’ambito della commissione per l’elaborazione di proposte di intervento sull’inquinamento indoor. Il Pnr rappresenta un insieme organico e coordinato di azioni volte alla riduzione del rischio Radon (incluse normative, mappature, informazione, formazione) ed ha avuto il parere favorevole del Consiglio superiore di sanità e della Conferenza Stato-Regioni. Dalla fine del 2005, il Pnr è stato inserito tra i progetti del Ccm, ottenendo un primo finanziamento per due anni come “Avvio del Piano nazionale radon”. A coordinare il progetto è l’Istituto superiore di sanità, con la collaborazione delle Regioni, dell’Istituto superiore per la prevenzione e la sicurezza sul lavoro (Ispesl), dell’Agenzia per la protezione dell’ambiente e per i servizi tecnici (Apat). Il Piano nazionale radon punta a realizzare nei prossimi anni, in modo coordinato e condiviso a livello nazionale, il complesso di azioni necessarie per affrontare in problema Radon.
Nuovi studi a livello mondiale sono in arrivo, per conoscere meglio un pericolo dal quale, fortunatamente, ci si può difendere. Non ancora attraverso strumenti legislativi, che in Italia non definiscono i limiti di esposizione nelle nostre abitazioni, ma adottando altre misure relativamente semplici e anche poco dispendiose. La presenza di radon in Italia varia da regione a regione, con una media nazionale intorno ai 70 Bq/m. In Lombardia sono stati misurati valori medi più elevati.

Il Radon è molto presente anche nelle zone vulcaniche del Lazio e della Campania, in cui è diffuso l' uso del tufo come materiale da costruzione.

La zona del Carso, in Friuli-Venezia Giulia, deve il suo alto livello medio alla forte erosione del terreno. In misura minore, poi, il Radon è presente anche in Sardegna e in Piemonte. Anche all' interno di regioni con valore medio basso, però, possono esistere zone di alta concentrazione, come accade per esempio per la parte settentrionale delle province venete di Belluno e Vicenza.
In Italia non esiste una normativa specifica che definisca i livelli limite di Radon nelle abitazioni. Il riferimento normativo è una raccomandazione della Comunità Europea (Raccomandazione 90/143/Euratom), che indica in 400 e 200 Bequerel per metro cubo, rispettivamente per le abitazioni già esistenti e per quelle di nuova costruzione, i valori oltre i quali si suggerisce di intraprendere azioni di rimedio. Sono particolarmente a rischio le miniere e i locali seminterrati e interrati. La normativa italiana (D. L. 26/05/00, n. 241) ha invece fissato in 500 Bq/mil valore massimo accettabile (soglia) per la concentrazione di radon negli ambienti di lavoro.
E in Sicilia?

Si effettuano Convegni e Tavoli tecnici per discutere del problema.

Il 28 febbraio 2009 si è tenuto a Messina un Convegno su “Uomo, Ambiente e Terremoti, effetti indoor ed outdoor del Radon
L’11 marzo del 2010 l’Assessore regionale del Territorio e dell'Ambiente On.le Giovanni di Mauro ha firmato un Decreto per l’Istituzione del “Tavolo tecnico per la prevenzione e la riduzione dei rischi connessi all’esposizione al gas radon” presso il Dipartimento Regionale dell'Ambiente che avrebbe (il condizionale è d’obbligo) il compito di coordinare, nel rispetto delle competenze proprie dei diversi soggetti istituzionali che operano nel campo della tutela della qualità dell’aria dal rischio di radiazioni ionizzanti generate da fenomeni naturali di natura geologica, le iniziative finalizzate a dare attuazione alle direttive europee ed alle norme nazionali che regolano la materia.
La Provincia di Ragusa è stata la prima provincia siciliana ad essere stata coinvolta nelle attività che prevedono l’installazione di circa 500 dosimetri (misuratori passivi della concentrazione di Radon) in altrettante abitazioni del territorio provinciale, estratte in maniera del tutto casuale in proporzione alla popolazione residente nei singoli Comuni. La misura del Radon con i dosimetri rientra nell'ambito del "Progetto di rilevamento della presenza di gas Radon nel territorio provinciale", nato grazie alla collaborazione tra l'Assessorato provinciale Territorio e Ambiente, l'ARPA Sicilia, il Dipartimento Provinciale dell'ARPA di Ragusa, il Servizio Regionale di Protezione Civile, i Comuni e l'Asp di Ragusa. Il progetto si inserisce nel più ampio Piano nazionale radon, fortemente voluto dal Ministero della Salute che ha assegnato all'Istituto Superiore di Sanità il compito di procedere alla mappatura nazionale delle aree a maggiore presenza di Radon.
L'Assessorato provinciale al territorio e Ambiente di Raguisa ha messo in campo, negli ultimi anni, una serie di iniziative che hanno visto il coinvolgimento di esperti in materia come il responsabile del Piano Nazionale Radon dell'Istituto Superiore di Sanità di Roma, Francesco Bocchicchio, che ha sottolineato come un'attenta pianificazione nella realizzazione di una mappatura è un passo fondamentale senza il quale viene vanificato qualunque lavoro di misurazione.
Risulta che anche altre Città siciliane, comprese le Università, abbiano intrapreso la strada della prevenzione istituendo ulteriori Tavoli tecnici e qualche volta anche misurazioni della concentrazione del Radon effettuate, per esempio, dall’Università degli Studi di Catania, al Dipartimento di Matematica e Informatica.
Il decreto legislativo 241/00 dispone l'obbligo di controllare le emissioni del Radon nei luoghi di lavoro. Tra questi vanno anche annoverati gli edifici pubblici e le scuole. La legge non rende ancora obbligatorio il controllo del Radon negli edifici adibiti ad uso domestico (abitazioni private), anche se l'OMS lo consiglia fortemente.
In conclusione, noi riteniamo che la Pianificazione Territoriale, attraverso la conoscenza degli elementi di rischio di un territorio, consente la predisposizione di strumenti urbanistici adeguati.
Se questo vale per il rischio idrogeologico, sismico, vulcanico, industriale ecc. deve valere anche per il Radon ed i suoi prodotti di decadimento a causa dell’elevato impatto sulla salute pubblica.
Poiché la geologia del territorio controlla la distribuzione e la migrazione del Radon, appare chiaro che una prima selezione delle zone ricche di questo gas si può effettuare in base a considerazioni sulla natura geologica delle aree.

In più, tali studi non rappresentano un maggior onere per la Comunità in quanto la Geologia è, di norma, a corredo di ogni buona predisposizione di pianificazione.
Piuttosto esso andrebbe posto come elemento di conoscenza da parte dei progettisti. In questo
senso le Amministrazioni che sovrintendono la salute pubblica dovrebbero approfondire le loro conoscenze sul rischio Radon - mappa delle aree a rischio - ed emanare regolamenti edilizi che prevedano l'adozione di strumenti idonei alla mitigazione degli effetti sulla popolazione derivanti dall'inalazione del Radon e dei suoi prodotti di decadimento e, strumenti che saranno differenziati a seconda dell'area e, quindi, del livello di rischio oggettivo.




Pubblicato sul n° 4-5 Aprile/Maggio 2011 - V.Z.


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