Un nuovo, prestigioso polo di ricerca per fare del Mediterraneo non una frontiera, ma un laboratorio di dialogo
Ieri mercoledì 22 sono stato invitato nell’Aula Magna del Rettorato dell’Università degli Studi di Catania per inaugurare il “Centro Studi Emir Abdelkader per la ricerca, gli studi strategici e il dialogo mediterraneo”. L’evento, che ha registrato una notevole partecipazione di pubblico, segna un passo significativo verso una collaborazione euro-mediterranea più stretta e strutturata, capace di coniugare rigore accademico con un impegno sociale e politico concreto.
All’incontro, moderato da Emiliano Abramo della Comunità di Sant’Egidio, hanno portato il loro contributo autorevoli voci del mondo accademico, diplomatico e religioso. Nonostante impegni istituzionali lo trattenessero altrove, il Magnifico Rettore Enrico Foti ha voluto far giungere un suo personale messaggio di saluto, esprimendo il suo profondo rammarico per non poter presenziare a un evento di tale rilievo per l’Ateneo.
Sono intervenuti il Presidente del Centro Emir Abdelkader Kheir Abdelhafid, l’Ambasciatore algerino a Roma Mohamed Khelifi, il Professore di Storia del Diritto Giuseppe Speciale e Mons. Luigi Renna, Arcivescovo di Catania.
Un parterre d’eccezione che ha sottolineato la natura trasversale e inclusiva dell’iniziativa.
Il valore della memoria e il lavoro silenzioso
Mentre i relatori dipingevano le grandi prospettive del Centro, dalle sfide geopolitiche alle opportunità di cooperazione culturale, un riconoscimento è andato anche al lavoro preparatorio, spesso non in vista, che rende possibili simili progetti.
In questo solco si inserisce l’operato di Paolo Garofalo, già sindaco di Enna, la cui capacità di tessere sinergie tra le diverse realtà culturali della Sicilia si è rivelata fondamentale per la riuscita del progetto. Nel suo intervento, in qualità di fondatore del Centro Studi Med. Mez. “Napoleone Colajanni”, Garofalo ha richiamato il pensiero del politico e intellettuale siciliano, indicandolo come un faro per interpretare la società contemporanea con sguardo laico e critico.
Con un intervento breve e conciso ha citato i principi ispiratori di Med.Mez. – solidarietà, antirazzismo, laicità e impegno per la giustizia – che trovano oggi, con l’adesione a questo progetto strategico, la loro ideale prosecuzione nel nuovo polo di studi. Una continuità che dimostra come un lavoro di base, solido e radicato in valori precisi, possa gettare le fondamenta per iniziative di respiro internazionale.
I diversi interventi hanno esplorato le molteplici sfaccettature del dialogo mediterraneo. L’Ambasciatore Khelifi ha sottolineato “l’importanza di costruire ponti duraturi sulla base di una storia condivisa e di interessi comuni”, evidenziando il ruolo dell’Algeria come partner strategico.
Il j’accuse del Dottor Bartolo: “Qui si scrive l’enciclopedia dell’orrore”
A smuovere le coscienze e a strappare un silenzio carico di emotività in sala è stato l’intervento del Dottor Pietro Bartolo. La sua non è stata una semplice relazione, ma la testimonianza cruda e diretta di un uomo che, da trent’anni in prima linea a Favignana, custodisce la memoria dolorosa di quelle che ha definito le “macerie umane” del Mediterraneo.
Con un racconto tanto sobrio quanto straziante, il Dottor Bartolo ha elencato i suoi tragici, disumani primati: oltre 50.000 morti , un numero infinito di ispezioni cadaveriche – un record mondiale macabro per un singolo professionista – e la penosa necessità di coniare nuove terminologie mediche per descrivere l’indicibile.
Ha parlato di “torture ormonali” subite dalle donne, e della “malattia da gommone”, condizioni nate dall’inferno dei viaggi della disperazione.
La sua voce, carica di una stanchezza che è anche una profonda indignazione, ha poi sfidato le paure europee sulla “sostituzione etnica”, ribaltando la prospettiva. Il vero pericolo, ha affermato, non è l’arrivo di chi cerca un futuro, ma il declino di un’Europa che, invecchiando, rischia di trasformarsi in una “RSA diffusa”, bisognosa di assistenza ma incapace di generare la vitalità necessaria per sostentarsi. Una riflessione che ha colpito al cuore il dibattito, trasformando la commozione in un potente monito civile.
Laicità e fratellanza: il ponte ideale con Abu Dhabi
Una nota di alto profilo spirituale e etico è stata aggiunta da Mons. Renna, che ha parlato di “ospitalità come vocazione e dovere civile”, richiamando un filo ideale, tessuto di dialogo e riconoscimento reciproco, che ha unito Catania ad Abu Dhabi. Mentre i relatori del convegno catanese sottolineavano il valore di uno Stato laico che non emargina, ma garantisce e valorizza la libertà religiosa, le cronache riportavano l’anniversario del “Documento sulla Fratellanza Umana” firmato da Papa Francesco e dal Grande Imam di Al-Azhar ad Abu Dhabi nel 2019.
Quella del Centro Emir Abdelkader non è una riflessione astratta, ma trova una potente attualizzazione in quel Trattato, che invita a costruire società plurali dove la fede sia una forza di coesione e non di divisione. La laicità discussa a Catania non è chiusura dello Stato alla dimensione spirituale, ma l’unica cornice possibile per un’autentica fratellanza, esattamente come sancito nel documento di Abu Dhabi. Due eventi, un unico messaggio: il futuro del Mediterraneo si gioca sulla capacità di far convivere, in piena libertà, diverse fedi e convinzioni sotto il comune tetto dei diritti umani.
Con questo importante atto inaugurale, Catania si conferma un crocevia culturale di primo piano, pronta a raccogliere la sfida di guidare, attraverso lo studio e il confronto, una nuova stagione di cooperazione nel bacino del Mediterraneo.
di Giuseppe Smedile





