Di Santi Maria Randazzo
Ad iniziare dal 1939 in Italia si delineano con chiarezza i due schieramenti che consigliano a Mussolini di non entrare, o di entrare in guerra a fianco della Germania: da un lato vi sono Galeazzo Giano ed il capo del S.I.M., il generale Giacomo Carboni, che propendono per una neutralità dell’Italia; dall’altro i vertici militari italiani, in particolare Badoglio, Graziani, Roatta e Soddu, che pur essendo consapevoli della assoluta impreparazione della macchina bellica italiana ad affrontare un conflitto contro nazioni come la Francia e l’Inghilterra, consigliano a Mussolini di schierarsi a fianco di Hitler, nella imminente guerra, pensando di trarne vantaggi in termini di carriera e potere, fidando stoltamente sulla presunta certezza della vittoria della Germania.
Benché il patto dell’Italia con la Germania, firmato il 22 maggio 1939, prevedesse che non venisse dichiarata alcuna guerra prima di tre anni dalla data di firma del patto, l’uno settembre 1939 Hitler invade la Polonia e spinge l’Unione Sovietica, il 9 settembre 1939, a invadere la Polonia ad est. Dopo l’invasione della Polonia da parte di Hitler, Galeazzo Ciano si impone a Mussolini ottenendo momentaneamente che si assumesse la decisione del non intervento da parte dell’Italia. Per ufficializzare le motivazioni che consigliavano all’Italia di mantenersi neutrale Ciano pronunciò un discorso alla Camera affermando tra l’altro, come riportato da Giacomo Carboni: “Il 16 dicembre 1939 Ciano aveva tenuto alla Camera il suo coraggioso discorso, dove aveva specificato come chi aveva tradito i patti fosse stata proprio la Germania, perché l’Asse era stato fondato sulla reciproca promessa di non scatenare guerre per almeno tra anni. […] Badoglio, nemicissimo di Ciano, definì il discorso ‘una grossa imprudenza, il che dimostrava come, già da quei tempi, egli temesse tanto i Tedeschi, da perdere la capacità di giudicarli nella loro vera natura.” (1) Dopo il discorso tenuto da Ciano le spinte interventiste dei vertici militari italiani subirono un momentaneo rallentamento e nel nuovo clima emerse la spinta filotedesca del generale Soddu collaborato dal generale Mario Caracciolo che accettò di collaborare con Soddu per moltiplicare falsamente il numero e le dotazioni delle divisioni italiane. In questa fase il generale Graziani, collaborato dal generale Ettore Cotronei, inizialmente aveva manifestato una propensione a che l’Italia entrasse in guerra a fianco della Germania, ma successivamente cominciò a rendersi conto della impreparazione dell’esercito italiano ed iniziò ad assumere posizioni che si opponevano a coloro che volevano convincere Mussolini ad entrare in guerra. (2)
Il serrato confronto tra i due fronti era tenuto dai vertici militari da un lato e dal capo del S.I.M. dall’altro che, al fine di acquisire informazioni utili a sostenere la necessità di mantenere l’Italia neutrale propose di essere autorizzato a recarsi a Berlino per incontrare i vertici militari dell’esercito tedesco; proposta che venne accolta da Ciano che lo autorizzò a svolgere quella missione: presi i necessari contatti con l’Ammiraglio Canaris, questi accettò di buon grado la visita di Carboni che partì per Berlino alla fine di gennaio del 1940 accompagnato dal maggiore di S.M. Fettarappa e dall’interprete, capitano Della Torre. Il giorno successivo al suo arrivo a Berlino, Carboni ebbe modo di incontrare per primo l’Ammiraglio Canaris, che in serata realizzò un pour parler riservato durante la cena con il solo Carboni, incontrò inoltre il generale Halder capo di stato maggiore, von Brauchitsch comandante dell’esercito tedesco e il suo braccio destro il generale von Tippelkirsch. Il giorno successivo Carboni incontrò il generale Keitel, capo di Stato Maggiore Generale di Hitler. (3) Il terzo giorno del soggiorno a Berlino, Carboni venne, senza che la cosa gli fosse stata preannunciata, fatto partecipare ad un confronto riservato a cui erano presenti Halder, Keitel, Canaris, von Tippelkirsch e von Brauchitsch, nel cui ufficio si svolse l’incontro. Halder coordinò l’incontro e chiese a Carboni la sua disponibilità, subito data, a rispondere ad alcune domande; in particolare Halder chiese a Carboni quale fosse la sua opinione circa l’eventuale intervento degli Stati Uniti a fianco di Inghilterra e Germania. Senza alcuna esitazione Carboni rispose: “Secondo me, l’intervento degli Stati Uniti di America, se la guerra non finirà in alcuni mesi, è non solo possibile e probabile, ma assolutamente certo:” (4)
Al tentativo di Halder di contraddire l’opinione di Carboni, questi reintervenne per sostenere con valide motivazioni la sua iniziale opinione, provocando l’irritazione di Halder che cercò bruscamente di porre fine al confronto. Con grande determinazione Carboni chiese agli astanti se poteva porre, ora lui, delle domande: Halder fu costretto a rispondere di si e Carboni chiese: “Se l’America entrerà in guerra, come io ritengo, in che situazione si troverà la Germania?” Dopo aver tentato inutilmente di tergiversare Halder, incalzato da Carboni, rispose: “Se l’America entrasse, la Germania avrebbe perduta la guerra.” (5) Alla fine della riunione Canaris accompagnò Carboni nel suo ufficio, che chiuse a chiave per parlare a quattrocchi con lui; riservatamente Canaris informò Carboni del fatto che negli uffici del Duce vi era un infiltrato dei servizi segreti tedeschi che passava copia dei documenti di Mussolini o che pervenivano a Mussolini, direttamente a Hitler, per cui lo consigliò di redigere una relazione sintetica e di informare verbalmente Mussolini di tutti i contenuti della riunione.
La dettagliata relazione di Carboni, che venne indirizzata a Mussolini, che la trasmise al Re, e a Ciano, così terminava: “La Germania, in sostanza, appare al visitatore obbiettivo, come un paese piegato violentemente sotto un vento di follia che lo trascina in corsa disperata verso l’autodistruzione. A mio parere mancano però del tutto, in questa corsa e in questa disperazione, quei motivi di consenso, o di furore popolare che soli potrebbero conferire, ad una Germania così scatenata, energie tali da renderla decisamente pericolosa per i suoi avversari.” (6) Mussolini convocò Carboni per discutere la relazione, cercando inutilmente di contestare le opinioni del capo del S.I.M. che rimase fermo nelle sue convinzioni e, forse, immaginando di avere offerto al Re un’arma decisiva per evitare che l’Italia entrasse in guerra a fianco della Germania.
Bibliografia:
- Giacomo Carboni – Memorie segrete – Parenti Editore – Firenze 1955 – p. 38.
- Idem – p. 39.
- Idem – p. 40.
- Idem – p. 42.
- Idem – p.44.
- – p.54.