Mattarella richiama la funzione della Stampa a garanzia della Democrazia, definendo gli atti contro l’informazione “Eversivi”

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Di Santi Maria Randazzo

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Oggi, nel corso della cerimonia del ”Ventaglio”il Presidente della Repubblica, Sergio Mattarella ha richiamato l’attenzione di tutti al ruolo fondamentale che la libera informazione svolge a garanzia della Democrazia, definendo “Eversivi” quegli atti che tendono a limitarla. L’intervento di Mattarella si esplica in un contesto storico che fa emergere inquietanti segnali politicamente regressivi che, per alcuni aspetti richiama il contesto che già si manifestava all’indomani della fine del secondo conflitto mondiale, allorché quelli che Massimo (Max) Salvadori definì “Fiancheggiatori del Regime” tramavano per impedire il pieno esplicarsi della Democrazia che la Resistenza voleva attuare in Italia. Di seguito riporto in gran parte l’analisi condotta da Salvadori nel suo libro “Storia della Resistenza italiana”. “Solo in parte vennero realizzate le promesse implicite nel successo della Resistenza e dell’insurrezione dell’aprile 1945: vi furono libere elezioni; venne proclamata nel 1946 la Repubblica; entrò in vigore nel 1948 una Costituzione democratica; nella nuova atmosfera di libertà si verificarono la ripresa dell’economia e la rinascita rigogliosa delle attività intellettuali. Ci furono anche durante questo decennio gli ostacoli creati da coloro che non volevano che la Repubblica fosse qualche cosa di più di un nome e i tentativi compiuti da molti che volevano servirsi della democrazia per distruggerla. Le difficoltà incontrate dopo il 1945 non provenivano principalmente dai resti del fascismo, rivelatosi, malgrado varie manifestazioni, fenomeno effimero, estraneo alla coscienza della maggior parte degl’Italiani; episodio triste, ma superficiale. […] Il CNL aveva visto giusto quando, dopo l’armistizio, aveva rifiutato di collaborare con il governo del 25 luglio. Per rinnovare l’Italia non bastava distruggere il fascismo, era necessario privare del loro potere e della loro influenza coloro che ne erano stati i fiancheggiatori. L’aver pensato che questi fossero stati convertiti dall’entusiasmo della Resistenza, si rivelò presto un’illusione. Trovandosi di fronte ad una crisi quale era stata quella del 1943, si erano nascosti, ed a fronteggiare la crisi erano rimasti, come gruppo organizzato, solo gli antifascisti, coloro che senza dubbi ed incertezze avevano deciso di risolverla solo alla maniera in cui questo poteva esser fatto: combattendo. Superata la crisi, scomparso il pericolo, glim ex fiancheggiatori erano fuori, con prudenza, a poco a poco; avevano trovato amici, clienti, aderenti; anche se disprezzati, agli occhi di molti rappresentavano quello che di più stabile vi era nella nazione; ad una ad una riprendevano in mano le leve del comando, dirigevano l’economia sia pubblica che privata, davano ordini alla burocrazia, riempivano di loro candidati il parlamento. […] Essi stessi erano stati contro l’Italia parlamentare: non l’avevano combattuta con le armi, ma avevano applaudito ai fascisti che la combattevano; trionfato il fascismo, l’avean servito per abbandonarlo appena si era trovato in pericolo ed aveva dato segno di non poter tenere testa alla tempesta. Non avevano partecipato alla resistenza; scelto un luogo sicuro, vi si erano rinchiusi; tutt’al più avevano fatto il doppio gioco, servendo (ovviamente) le due parti non per tradire, ma per esser sicuri di trovarsi dalla parte del vincitore. Non amavano la Repubblica nata dalla Resistenza; ma lentamente si erano fatti largo: possedevano il più delle industrie e della terra; avevano scuole e giornali; guidavano le coscienze; erano gli esperti di questioni economiche, amministrative ed internazionali di cui avevano bisogno ministri e sottosegretari; poi diventarono essi stessi ministri e sottosegretari, e si diedero da fare per corrodere gl’istituti sui quali poggiava la Repubblica. Non avevano bisogno di un partito perché formavano il grosso di vari partiti ed erano fra i dirigenti di altri. (1)

Bibliografia:

  1. Massimo Salvadori – Storia della Resistenza Italiana – Neri Pozza Editore – Venezia 1955 – pp. 180-182.

 

 

 

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