L’Instituto Cervantes di Palermo, diretto da Juan Carlos Reche, presenta la mostra “Lur Sareak/Reti di Terra” di Gandolfo Gabriele David, evento inserito tra le attività di BAM-Biennale Arcipelago Mediterraneo, realizzato in collaborazione con il Festival Internazionale d’Arte Contemporanea Sète-Palermo.
Ospitata nei locali della Chiesa di Sant’Eulalia dei Catalani (via Argenteria, 33-35), la mostra – curata da Federica Fruttero e corredata dal testo di Lori Adragna – verrà inaugurata domani giovedì 1 dicembre alle ore 18.30 con una performance dal vivo dello stesso artista; l’esposizione, ad ingresso libero, rimarrà fruibile fino al 27 gennaio 2023 (dal lunedì al venerdì, dalle 9.30 alle 13.00 e nel pomeriggio su prenotazione).
«Tra gli obiettivi dell’Istituto Cervantes – dichiara il direttore Juan Carlos Reche – non c’è solo la promozione delle culture dell’Iberoamerica, ma anche delle lingue e culture co-ufficiali (catalano, basco, galiziano, valenziano, aranese). In questo caso il progetto Lur Sareak/Reti di Terra usa per la realizzazione delle opere la materia presa direttamente dal territorio basco di San Sebastián. Tutte le informazioni in mostra saranno quindi in basco, spagnolo e italiano”.
Lur Sareak/Reti di Terra rappresenta l’ultima tappa, in ordine di tempo, di un progetto ben più ampio iniziato nel 2017 ad Ustica, frutto di una residenza dell’artista portata avanti a stretto contatto con le comunità di agricoltori e pescatori dell’isola. Qui l’artista ha raccolto le loro storie e ne ha osservato i gesti. Da questo dialogo è nato un lavoro visuale e performativo che restituisce il forte legame dell’artista con quegli uomini e quei luoghi e il suo desiderio di trasmettere, attraverso l’arte, un Patrimonio immateriale da preservare.
Le opere realizzate sono il risultato di diverse performance in cui David, in una sorta di danza rituale, rievoca i gesti dei pescatori “gettando” più volte le reti imbevute di terra e colla su una tela adagiata al suolo. L’impronta che ne risulta viene a sua volta ricoperta di terra, che si fissa al supporto e dà vita a immagini dalla grande forza espressiva, densamente materiche, ogni volta diverse.
Nel 2019 David aggiunge una nuova tappa al progetto approdando nei Paesi Baschi, a San Sebastian. In Lur Sareak (Reti di terra in basco) abbina le reti dei pescatori di Pasaia, piccolo porto del litorale, alla terra del Monte Igueldo, perseguendo il proprio desiderio di legare territori e culture apparentemente lontani tra loro.
A settembre scorso, in occasione del Festival Sète-Palermo, David ha realizzato un’altra opera frutto sempre di una performance che in questa occasione esporrà insieme alle produzioni precedenti e a quella che prenderà vita nel corso della performance inaugurale.
La terra utilizzata nell’azione performativa all’Instituto Cervantes proviene da San Sebastián e dai campi di agricoltura biologica che l’agronomo Alfonso Aparicio coltiva sulle colline della città basca.
Gli spettatori presenti all’inaugurazione sono invitati a portare con sé una manciata di terra che verrà poi mescolata insieme a quella utilizzata durante la performance. Le reti, invece, provengono da uno dei piccoli comuni costieri siciliani dove ancora si pratica la pesca artigianale.
Tra l’Italia, la Spagna e la Francia, Reti di Terra ha coinvolto negli anni donne e uomini dei tre paesi, creando una vera e propria “rete” tra i quattro porti, nutrita dal desiderio di condivisione, di inclusione e di trasmissione dell’artista e concretizzata nella forma partecipativa che contraddistingue molti suoi progetti.
Un messaggio di tolleranza e di apertura in contrasto con la violenza delle attualità.
«L’arte – afferma Gandolfo Gabriele David – non può cambiare lo status quo ma può porre domande e scardinare prospettive e visioni obsolete per far riflettere sulle emergenze attuali. La materia stessa delle opere diventa portatrice di messaggi destinati a sensibilizzare sulla complessità del momento che stiamo vivendo”.
Nel testo di Lori Adragna a corredo dell’esposizione si legge: «Quando guardiamo le immagini del ciclo Reti di Terra, che conservano le tracce gestuali della performance, vediamo emergere figure dai confini porosi, creature ctonie dalle profondità terrestri e marine, al contempo nuove e antiche che, nella loro ibridazione, potrebbero annientare o sfilacciare un immaginario obsoleto. (…) Questa è una produzione che scaturisce dal gesto. Il “vero gesto” che si basa sulla vicinanza tra l’esecutore e lo spettatore-testimone, all’interno di un contesto pubblico eseguito nella stessa realtà condivisa. Così Gandolfo G. David invita il pubblico a “sporcarsi le mani”, a mescolare e impastare le terre lasciando che il gesto esista nello spettro dell’azione, scivolando tra l’interpretativo e l’esperienziale (…)».