Catania e il fiume Lòngane, ovvero quando la storia si intreccia con la leggenda

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Di Rosario Bonatesta 

La città di Catania e i suoi corsi d’acqua sotterranei, chilometri di fiumi e di torrenti che nascono, s’intrecciano e scorrono tra le fessure lasciate dalle numerose eruzioni che si sono succedute nei secoli di storia della città etnea.

La narrazione che intendo oggi proporre trae spunto dalla curiosità che da bambino mi spinse ad indagare su uno “strano” rumore proveniente da una stradina senza sbocco che aveva accesso dalla Via Cifali, una delle più note ubicate nell’omonimo quartiere.  

Fu così che, seguendo l’istinto del mio udito, percorsi la stradella cieca quasi sino alla fine, allorché il “rumore” ebbe finalmente una sua logica spiegazione. Con stupore, mi accorsi che si trattava di una … cascata d’acqua. Si, proprio una piccola cascata, meglio definirla in “salto di quota”. Si trattava di acqua corrente, non ebbi dubbi. Metabolizzata nel tempo la meraviglia, fu solamente molti anni dopo che iniziai le ricerche sul corso d’acqua.

Elemento dirimente e fondamentale fu la scoperta dell’esistenza di un libro scritto da un sacerdote appassionato di storia, tale Mariano Foti, che iniziò il suo ministero ecclesiastico proprio nella Parrocchia di Cibali.

Nel libro di Foti, tra gli svariati argomenti riguardanti l’origine e lo sviluppo del quartiere nei secoli, si narra di ritrovamenti di antichi reperti, risalenti alla prima e alla seconda età del bronzo. Ceramiche, rozze anfore, macine cilindriche, focolari sono alcuni degli oggetti presenti all’interno delle caverne e delle gallerie laviche che contraddistinguono il sottosuolo del quartiere di Cibali, la cui denominazione, recente e artefatta, trae origine dal termine “Cifali”, antichissimo e genuino, di etimologia greca. Esso, infatti, scaturisce proprio da uno degli aspetti territoriali, dettato dalla presenza della “testa”, in greco “κεφάλι” (Kefalé), del fiume Lòngane, la cui prima testimonianza visiva può essere osservata nella Piazza Bonadies, in cui sono ubicati il vecchio lavatoio realizzato nel XVII secolo dai monaci benedettini e la fonte attigua, cui ancora tantissimi abitanti attingono per rifornirsi dell’ottima acqua potabile.

Ma ancor più a monte, sulla collina di Santa Sofia, gli scavi effettuati diversi anni orsono su un terreno privato per la posa delle fondazioni di un nuovo edificio portarono alla luce i resti dell’antico acquedotto. Fui tra coloro i quali ebbero l’opportunità di visitare il ritrovamento archeologico, del quale si doveva evidentemente essere già a conoscenza, in quanto ubicato nei pressi di Via della “Sorgiva”, circostanza che ci lascia intuire come proprio in quel luogo il fiume doveva anticamente affiorare in superficie venendo a formare una vera e propria “sorgente”.

Il Lòngane si snoda ancora sotterraneamente, per gli effetti dell’eruzione che nel 1382 lo ricoprì, imprigionandolo nei meandri lavici, in corrispondenza dei soprastanti assi viari di Viale Regina Margherita e di Corso Italia, per poi deviare verso il quartiere di Ognina, che deve la sua denominazione proprio al fiume (Lòngane à Lògnina à Ognina), dove sfocia nel mar Jonio, in corrispondenza dell’antico “porto di Ulisse”, costruito dai Calcidesi nel VIII sec. a.C., poi occupato dai greci di Gerone e successivamente dai Romani, del quale oggi rimane un’insenatura risparmiata dalla lava.

Uno dei tanti percorsi storico-culturali che non finiscono di entusiasmare e alimentare la sete di conoscenza di questo luogo tanto antico quanto ancora misterioso.

Nella foto, la fonte di Piazza Bonadies

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