A trent’anni dagli eccidi di mafia di Capaci e via D’Amelio giornalisti, magistrati e storici si interrogano sulle vicende di allora e di oggi, analizzando cosa è successo e chiedendosi cosa sta avvenendo ora. Perché se anche la mafia non spara più, ciò non significa che sia scomparsa: si è solo inabissata.
E’ stato presentato ieri a Roma, alla Libreria Feltrinelli di Piazza Colonna, l’ultimo saggio di Lirio Abbate, direttore dell’Espresso, che ha dedicato “Stragisti” (Rizzoli editore) agli uomini e donne delle bombe di mafia. Non alle vittime, questa volta, ma ai carnefici diretti e indiretti, a chi diede gli ordini e a chi li eseguì.
Da Giuseppe Graviano a Matteo Messina Denaro, Abbate -autore di numerose inchieste giornalistiche su mafie e collusioni dei politici con i boss- esamina “gli anni del sangue”. Un periodo drammatico che lui stesso visse come cronista in Sicilia. (segue)
Tra il 1992 e il 1993 Cosa nostra ingaggia una guerra contro lo Stato: il 23 maggio ’92 a Capaci, “l’attentatuni” a Giovanni Falcone. Cinquantasette giorni dopo, in via D’Amelio, muore Paolo Borsellino, muoiono le cinque persone della scorta. Un anno dopo, ancora a maggio, il fallito attentato a Maurizio Costanzo al Teatro Parioli di Roma e pochi giorni dopo, a Firenze, la strage di Questa la cronaca. Dietro la scarna cronologia degli eventi, ci sono le strategie della mafia degli anni Novanta e una “foto di famiglia” che l’autore, grazie anche a documenti inediti e storie segrete, ricompone. E’ il ritratto -a distanza ravvicinata- degli “Stragisti”, uomini e donne che, sotto l’influenza e gli ordini del Capo dei Capi, Totò Riina, hanno insanguinato la Sicilia e il Paese intero.
I due fratelli Graviano, Giuseppe e Filippo, sono al centro di questa storia, affiancati dal loro “gemello diverso”, Matteo Messina Denaro. I primi due verranno arrestati nel 1994 e il loro fermo coinciderà con la fine della strategia stragista. Il secondo, ancora latitante, è l’ultimo depositario dei segreti di quella stagione. (segue)
Oggi, a trent’anni da eventi rimasti nella memoria collettiva del Paese, “Stragisti” ci riconduce nelle strade di Palermo, Firenze, Milano e Roma, della Costa adriatica e della Toscana, in cui “i boss si muovevano quasi indisturbati” come spiega Abbate. E ci svela i meccanismi di potere all’interno della famiglia Graviano, getta luce sui misteri di una latitanza dorata e sul ruolo della sorella, Nunzia, fino a cercare risposta a un quesito assurdo. Come è potuto succedere, infatti, che due boss al 41bis abbiano avuto entrambi un figlio durante la detenzione?
E’ proprio sul carcere ostativo che il direttore dell’Espresso ha ingaggiato battaglia: secondo la riforma Cartabia in corso, proprio i fratelli Graviano, ergastolani, potrebbero presto tornare in libertà, a trent’anni dagli eccidi per cui furono condannati. L’incontro di stasera è con Francesco Vitale e Alfondo Sabella, mentre oggi alla Feltrinelli del Duomo di Milano, il giornalista parlerà del suo saggio con Francesca Fagnani e Nando dalla Chiesa.