Relazione della Direzione Investigativa Antimafia al Parlamento

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Nella relazione della Direzione Investigativa Antimafia al Parlamento, relativa al 1° semestre 2021, si sottolinea come la pericolosità delle compagini mafiose pugliesi è dimostrata dalla “loro accertata capacità di creare cointeressenze economiche con sodalizi di diversa matrice criminale soprattutto nell’ambito degli illeciti relativi al traffico di sostanze stupefacenti”. Viene ricordata a questo proposito “la cooperazione delittuosa di gruppi mafiosi della sacra corona unita con sodalizi calabresi e campani, come emerge dall’indagine ‘Faust’ conclusa dai Carabinieri il 19 gennaio 2021 che ha rivelato l’esistenza di una fiorente attività di narcotraffico dall’hub portuale di Gioia Tauro con il coinvolgimento di realtà criminali organizzate campane, pugliesi e lucane”.

Dalle investigazioni è stato possibile evidenziare “il ruolo di un pluripregiudicato brindisino legato per vincoli di parentela alla sacra corona unita e capace di interagire anche con un esponente della cosca Pisano di Rosarno”. Altre indagini hanno rivelato come la criminalità organizzata pugliese sia capace di intessere relazioni anche internazionali nello specifico settore del traffico di droga. “E’ il caso dell’operazione ‘Skipper’ – si legge nella relazione – eseguita dalla Dia il 2 febbraio 2021 che ha evidenziato una consolidata e capillare rete criminale dedita stabilmente al commercio transazionale di cocaina. Tra gli indagati risulta anche un noto pluripregiudicato referente del clan Amato sul territorio di Scorrano ed alcuni autotrasportatori campani che trasferivano lo stupefacente da Amsterdam fino ai depositi di stoccaggio nel napoletano ed infine nel territorio salentino, curando anche i movimenti di denaro dalla provincia leccese all’Olanda”.

Continua a permanere “l’interesse dei sodalizi pugliesi nel mercato del gaming e del gioco d’azzardo”, sottolinea la Dia. “È del 26 marzo 2021 l’operazione ‘Doppio gioco’ con cui la Guardia di finanza ha smantellato un’organizzazione che gestiva a Lecce un vorticoso giro d’affari nel settore delle slot machines, dei videopoker e nella raccolta di scommesse per eventi sportivi fatte confluire sulle piattaforme informatiche di bookmaker stranieri operanti sul territorio senza la prescritta autorizzazione rilasciata dall’Amministrazione Autonoma dei Monopoli di Stato”. Le mire fuori regione delle consorterie criminali pugliesi si rivolgono “prevalentemente al traffico di stupefacenti e al cosiddetto ‘pendolarismo criminale’ finalizzato alla commissione di reati predatori. Segnali di queste presenze – si legge nella relazione – sono stati colti in Lombardia, Veneto, Emilia Romagna, Abruzzo, Molise. Non mancano contatti con territori esteri, in particolare l’Albania per l’approvvigionamento di carichi di stupefacenti via mare, anche con Spagna, Germania, Romania, Repubblica Ceca e Olanda”.

La Dia considera, “di particolare interesse”, a proposito dei rapporti con le organizzazioni criminali internazionali, “l’attività investigativa svolta dalla Dia di Bari nell’ambito dell’operazione ‘Shpirti’ conclusasi il 2 luglio 2021. Il Centro Operativo Dia con l’ausilio dell’Ufficio di Collegamento Interforze di Tirana e della Polizia Albanese nell’ambito di una Squadra Investigativa Comune ha eseguito in Albania, Italia, Spagna e Montenegro un’ordinanza di custodia cautelare emessa dall’Autorità giudiziaria di Tirana nei confronti di 38 albanesi ritenuti – conclude – a vario titolo responsabili di corruzione, abuso d’ufficio, riciclaggio e traffico internazionale di sostanze stupefacenti”.

“Lo scenario criminale siciliano si presenta variegato per la compresenza nel territorio regionale di organizzazioni di matrice mafiosa sia autoctone che allogene. Cosa nostra non rappresenta l’unica matrice criminale di tipo mafioso operante nella trinacria”. E’ quanto si legge nell’ultimo rapporto della Dia sulla criminalità organizzata in Sicilia. “Se nel versante occidentale essa conserva un’immutata egemonia benché si registri la presenza molto attiva di gruppi criminali di etnia nigeriana operanti soprattutto nel capoluogo, nell’area orientale sono tuttora attive compagini storicamente radicate quali la “stidda” e altre numerose organizzazioni mafiose non inquadrabili nella struttura di cosa nostra – spiega la Dia – Anche in questo quadrante la mafia nigeriana è ben radicata e particolarmente attiva in diversi settori criminali”.

“La coesistenza di diverse matrici mafiose si fa convivenza laddove sullo stesso territorio si giunge ad accordi utilitaristici in uno o più settori di cointeressenza confermando ulteriormente la tendenza, già emersa in passato, a rinunciare alla violenza e ai conflitti cruenti in favore di una predilezione per gli affari – dice la Dia – In questo ambito rappresentano un quid novis i rapporti con le mafie nigeriane soprattutto nella città di Palermo dove i sodalizi centrafricani sembrano aver acquisito un vantaggio competitivo nel settore degli stupefacenti”. “I cults nigeriani sono infatti in grado di governare l’offerta e la domanda, i flussi di sostanze stupefacenti e soprattutto i cospicui proventi derivanti da un mercato che si conferma tuttora fiorente nonostante la pandemia – si legge nel rapporto – Si segnala a questo proposito l’indagine “Ika Rima” conclusa dai Carabinieri il 10 giugno 2021 che ha disvelato l’esistenza di un’associazione finalizzata al traffico di sostanze stupefacenti risultata essere una vera e propria articolazione criminale della confraternita nigeriana di natura cultista degli “Eiye”. L’organizzazione risultava composta da 21 soggetti, 19 nigeriani e 2 italiani quest’ultimi attivi in qualità di spacciatori al dettaglio, approvvigionandosi a loro volta dai soggetti nigeriani”.

“L’inquinamento dell’economia dei territori di riferimento tradizionalmente attuata nei campi imprenditoriali dell’edilizia, del movimento terra e dell’approvvigionamento degli inerti, dello smaltimento dei rifiuti, della gestione dei servizi cimiteriali e dei trasporti, è stata evidenziata nel semestre anche nel business riguardante il traffico di prodotti petroliferi”. E’ quanto scrive la Dia nel rapporto semestrale sulle mafie, con particolare riguardo alla Sicilia. “Nel semestre l’operazione “Petrol-Mafia Spa” ha portato l’8 aprile 2021 all’esecuzione di 71 misure cautelari a carico di persone ritenute responsabili a vario titolo di associazione di tipo mafioso, riciclaggio e frode fiscale di prodotti petroliferi – si legge – L’indagine condotta dalla Guardia di Finanza ha evidenziato il coinvolgimento di una compagine catanese facente capo a soggetti già implicati in precedenti attività investigative quali imprenditori di riferimento delle organizzazioni mafiose di Catania Mazzei e Pillera. E’ stato anche disvelato il solido collegamento tra le compagini ‘ndranghetiste del vibonese e i gestori di un deposito fiscale sito in Locri (RC) dove appartenenti a consessi mafiosi campani e siciliani avevano interesse ad avviare stabili commerci al fine di sviluppare ulteriori e remunerative forme di frode”.

“L’interesse delle consorterie mafiose siciliane fuori regione si rivolge (in particolare con riferimento alle presenze in Lazio, Piemonte, Lombardia, Veneto, Emilia Romagna, Toscana e Molise) prevalentemente al narcotraffico dove mira ad acquisire una sempre maggiore autonomia nei rapporti con i cartelli sudamericani e all’infiltrazione nell’economia con la commissione di frodi fiscali e al riciclaggio di capitali”. A dirlo, nelll’ultima relazione semestrale, è la Dia, parlando della Sicilia. “All’estero, tra i Paesi più interessati al fenomeno, si segnalano Spagna, Germania, Rep. Slovacca, Belgio, Austria, Malta, Canada, USA”.

“Rimane comunque sempre di primaria importanza per le organizzazioni mafiose la pratica delle più tradizionali attività criminali che non sembrano avere avuto battute d’arresto durante la pandemia. Estorsioni, usura e narcotraffico, quest’ultimo in particolare anche per i sodalizi stranieri continuano quindi a rappresentare un affare irrinunciabile per i sodalizi di tutte le matrici qualificate”. È quanto si legge nella Relazione Semestrale della Dia riferita al primo semestre 2021.

“Si evidenzia la presenza di comportamenti illeciti al di là degli interessi delle consorterie mafiose”. E’ l’allarme lanciato dalla Dia nel rapporto semestrale, sulla Sicilia. “L’operazione ‘Waterloo’ conclusa il 23 giugno 2021 ha consentito di appurare gravi forme di illegalità diffuse nella provincia di Agrigento riguardanti la gestione di una società di distribuzione idrica – si legge – Le indagini avviate nel 2014 e curate da un pool interforze composto dalla DIA, dai Carabinieri e dalla Guardia di finanza hanno svelato una “gestione criminale” dei vari rami d’azienda posta in essere dalla governance della società accusata di associazione per delinquere finalizzata alla perpetrazione di delitti contro la Pubblica Amministrazione, frode in pubbliche forniture, furto, ricettazione, reati tributari, societari e in materia ambientale, nonché truffa ai danni di privati”.

Le ultime inchieste antimafia sul territorio siciliano, come l’operazione “Xydy” conclusa dai Carabinieri il 2 febbraio 2021 e incentrata sul mandamento di Canicattì (Agrigento), “hanno fatto emergere stretti contatti tra alcuni esponenti di quel mandamento con sodali di altre province siciliane, finalizzati all’organizzazione e alla gestione di lucrosi affari”. E’ quanto emerge dalla relazione semestrale della Dia sulla Sicilia. “In particolare l’attività investigativa ha colpito 23 soggetti appartenenti sia a cosa nostra sia alla stidda, a vario titolo ritenuti responsabili di associazione di tipo mafioso, concorso esterno in associazione mafiosa, favoreggiamento personale, tentata estorsione e altri reati commessi con l’aggravante dell’agevolazione dell’associazione di tipo mafioso”, dice la Dia.

“Sempre in riferimento alla piaga delle estorsioni, l’operazione “Caput Silente” eseguita dalla Polizia di Stato ha condotto all’arresto il 21 aprile 2021 di 30 soggetti catanesi ed ennesi ritenuti responsabili, a vario titolo, di numerosi reati quali l’associazione per delinquere di tipo mafioso “specificamente di una articolazione della famiglia di Enna costituita a Leonforte, operante nei comuni di Leonforte, Agira, Assoro ed in altri centri della provincia… operanti unitariamente insieme con analoghe strutture insediate nel territorio siciliano” – prosegue le relazione – L’organizzazione era dedita alla commissione di estorsioni, danneggiamenti, traffico di stupefacenti nonché all’acquisizione in modo diretto e indiretto della gestione e controllo di attività economiche, quali forniture per la realizzazione di opere pubbliche o private, appalti di opere pubbliche e pubblici servizi”. E ancora: ” l successivo 4 maggio 2021 i Carabinieri di Paternò (Cataina) hanno concluso l’operazione “Sotto scacco” con la quale sono stati tratti in arresto 40 soggetti appartenenti alle organizzazioni mafiose Alleruzzo, Assinnata e Amantea articolazioni della famiglia Santapaola Ercoleano nel “triangolo” Paternò-Biancavilla-Adrano – si legge nel documento – Le investigazioni hanno permesso di ricostruire gli organigrammi e le attività criminali dei gruppi mafiosi attivi nella gestione di un fiorente traffico di stupefacenti, nelle estorsioni, riciclaggio e ricettazione creando, grazie alla condotta consapevole di alcuni imprenditori che ne favorivano le attività illecite, una situazione di grave condizionamento del tessuto economico locale”.

“Considerata la spiccata capacità imprenditoriale, peraltro evidenziata durante il perdurare dell’emergenza sanitaria con la tendenza ad infiltrare in modo capillare il tessuto economico e sociale, è più che ragionevole ipotizzare che le mafie potrebbero rivolgere le proprie attenzioni verso i fondi comunitari destinati al noto Piano Nazionale Ripresa e resilienza”. È quanto si legge nella Relazione Semestrale della Dia riferita al primo semestre 2021.

“Il rischio – si evidenzia – è costituito dalla possibilità che tali finanziamenti necessari per fronteggiare la crisi originata dall’emergenza sanitaria e per assicurare un tempestivo sostegno economico in favore delle categorie più colpite dalle restrizioni, potrebbero invece rappresentare una ulteriore fonte di guadagno a vantaggio delle consorterie. Dovranno, quindi, essere messe in pratica tutti gli accorgimenti ed i controlli necessari volti ad impedire che le imprese a vario titolo riconducibili a sodalizi mafiosi possano riuscire a penetrare la filiera dell’erogazione dei fondi”.

Sono 455 i provvedimenti interdittivi antimafia emessi nel corso del I semestre 2021, 71 in più rispetto all’analogo periodo 2020, quando erano stati 384 (+18% circa). In testa tra le regioni è la Calabria, con 134, seguita dalla Sicilia con 73 e dalla Campania con 62. I dati sono contenuti nella relazione della Direzione investigativa antimafia relativa al primo semestre del 2021. Al Nord i provvedimenti sono stati 42 in Emilia Romagna e 37 in Lombardia, e al Sud 29 in Puglia.

“Con l’interdittiva in termini generali si impedisce alle imprese interessate di stipulare contratti con la pubblica amministrazione in ossequio al principio costituzionale di assicurare il buon andamento e l’imparzialità dell’amministrazione – spiega la Relazione – Nel contempo si concorre al mantenimento di un sano regime concorrenziale ed alla difesa dell’ordine pubblico economico che ha la funzione di garantire, proteggere e dirigere l’attività economica nazionale”.

I provvedimenti, ricorda la relazione, sono emessi dalle Prefetture e comunicati all’Osservatorio Centrale Appalti Pubblici della Dia.

“Il boss mafioso Matteo Messina Denaro, latitante da quasi 30 anni, è ancora “la figura criminale più carismatica di Cosa nostra e in particolare della mafia trapanese”. “Nonostante la lunga latitanza egli resterebbe il principale punto di riferimento per far fronte alle questioni di maggiore interesse che coinvolgono l’organizzazione oltre che per la risoluzione di eventuali controversie in seno alla consorteria o per la nomina dei vertici di articolazioni mafiose anche non trapanesi”. E’ quanto scrive la Dia nella relazione al Parlamento per il primo semestre 2021. Anche se negli ultimi anni sarebbe cresciuto “uno strisciante malcontento in alcuni affiliati”, scrive la Dia: “insoddisfazione connessa con le problematiche derivanti dalla gestione della lunga latitanza peraltro resa difficile dalle costanti attività investigative che hanno colpito in larga parte la vasta rete di protezione del boss”.

“A testimonianza dell’interesse delle consorterie criminali alle più moderne tecnologie e in particolare a tutti gli strumenti che permettono un rapido e invisibile passaggio di denaro, si evidenzia il loro ricorso a pagamenti effettuati con criptovalute quali i Bitcoin e più recentemente i Monero, che non consentono il tracciamento e sfuggono al monitoraggio bancario”. È quanto si legge nella Relazione Semestrale della Dia riferita al primo semestre 2021.

“Sul piano delle nuove minacce in tema di riciclaggio – si evidenzia – devono essere considerate le descritte procedure di e-commerce dei non fungible token allorquando potrebbero essere volte a nascondere la provenienza illecita dei capitali utilizzati per le transazioni. Peraltro tali pratiche on line, svolgendosi in un ambito non ancora normato e per il quale non sono previsti obblighi puntuali in capo ai suoi attori (operatori/utenza), potrebbero agevolmente costituire una nuova ed appetibile opportunità per perseguire lo scopo illegale in argomento da parte delle mafie”.

“Osservando l’andamento di queste condotte nelle diverse aree del nostro Paese connotate da differenti caratteristiche socio-economiche, si nota come l’incremento delle estorsioni è più sensibile nel settentrione, ove notoriamente l’economia è più florida, mentre subisce una flessione al Sud. Un dato che sembrerebbe confermare quanto le mire delle mafie siano ancor più rivolte verso l’economia dei territori con maggiori prospettive di crescita”. È quanto si legge nella Relazione Semestrale della Dia riferita al primo semestre 2021.

“Permane una certa propensione utilitaristica alla collaborazione con l’Autorità giudiziaria da parte di boss ed affiliati alle consorterie mafiose che decidono di intraprendere un percorso di distacco graduale dalle realtà criminali da cui provengono”. È quanto si legge nella Relazione Semestrale della Dia riferita al primo semestre 2021.

“L’analisi sull’andamento della delittuosità riferita al primo semestre 2021, che permane connotato dal perdurare della pandemia da Covid-19, continua a mostrare come le organizzazioni criminali si stanno muovendo secondo una strategia tesa a consolidare il controllo del territorio. Quest’ultimo fattore è ritenuto, infatti, elemento fondamentale per la loro stessa sopravvivenza e condizione imprescindibile per qualsiasi strategia criminale di accumulo di ricchezza”. È quanto si legge nella Relazione Semestrale della Dia riferita al primo semestre 2021.

“L’immediata disponibilità dei capitali illecitamente acquisiti dalle mafie”, evidenzia la Direzione investigativa antimafia, “potrebbe incidere, mediante le attività di riciclaggio, sulla capacità dei sodalizi di inquinare l’economia e di infiltrare la pubblica amministrazione per intercettare le risorse pubbliche immesse nel ciclo produttivo”.

 “Sul fronte economico ci si trova oggi di fronte ad uno scenario complesso all’interno del quale tutte le mafie tenderebbero a operare anche secondo logiche imprenditoriali variabili e calibrate sulla base delle realtà locali”. È quanto si legge nella Relazione Semestrale della Dia riferita al primo semestre 2021. “In tale quadro – si evidenzia – appare molto interessante lo studio sviluppato dall’Organismo Permanente di Monitoraggio ed Analisi sul rischio di infiltrazione nell’economia da parte della criminalità organizzata di tipo mafioso nell’ambito del quinto Rapporto pubblicato il 5 maggio 2021. Esso si sofferma sulle variazioni societarie registrate in Italia nel periodo marzo 2020-febbraio 2021 rispetto all’annualità precedente che non è stata interessata dalla pandemia”.

“L’elaborato – si aggiunge – evidenzia le principali variazioni societarie e il turn over di cariche e di partecipazioni nelle imprese, i trasferimenti di quote e di sede, nonché le variazioni di natura giuridica e/o del capitale sociale, rilevando che ‘il settore maggiormente interessato da variazioni societarie di carattere generale per entrambi i periodi è quello immobiliare, seguito dal commercio all’ingrosso, mentre per le società colpite da interdittiva il settore maggiormente interessato è rappresentato dalle società di costruzioni’”.

“L’esito dell’analisi dell’osservatorio – sottolinea la relazione – ‘conferma come le variazioni societarie costituiscano uno strumento di cui le organizzazioni criminali spesso si avvalgono al fine di inquinare il tessuto economico produttivo. In proposito, si sottolinea che l’efficace attività di prevenzione amministrativa permette di intercettare i segnali di anomalia e di interdire l’operatività delle società infiltrate’”.

Per la “criminalità organizzata siciliana” sostanzialmente “si confermano anche nel semestre in trattazione le dinamiche operative e gli assetti strutturali in base ai quali famiglie di Cosa nostra coesistono e talvolta stringono alleanze finalizzate al raggiungimento di specifici obiettivi criminali con altre organizzazioni dai contorni più fluidi, meno gerarchizzate, ma ugualmente aggressive”. È quanto si legge nella Relazione Semestrale della Dia riferita al primo semestre 2021.

“Se nelle province occidentali della Sicilia sembra riscontrarsi nei sodalizi mafiosi una certa carenza di soggetti di vertice dotati di duratura autorevolezza e una certa difficoltà nel far emergere leadership riconosciute – si evidenzia -, nella parte orientale e centrale dell’Isola gli assetti delle consorterie, pur in presenza di alleanze mutevoli, sembrerebbero più definiti”.

In Sicilia, viene sottolineato, “lo scenario criminale si presenta variegato in quanto nella parte occidentale dell’Isola Cosa Nostra conserva l’originaria struttura in mandamenti, mentre sul versante orientale sono attive numerose compagini storicamente radicate sul territorio tra cui la ‘stidda’ e altre organizzazioni non inquadrabili nella struttura di Cosa nostra.

“L’imposizione del pizzo “necessaria” per rimpinguare le casse delle consorterie e per il sostentamento delle famiglie dei detenuti resta costante sia a Palermo, sia in provincia”. Lo scrive l Dia nell’ultima relazione semestrale. “Il 20 gennaio 2021 nell’ambito dell’operazione “Dominio”5 sono stati tratti in arresto 2 imprenditori ritenuti affiliati alla famiglia di Bolognetta indagati, a vario titolo, per associazione di tipo mafioso, estorsione, illecita concorrenza con minaccia o violenza, autoriciclaggio, trasferimento fraudolento di valori ed altro – spiega la Dia – Le indagini condotte dai Carabinieri di Misilmeri sotto l’egida della DDA panormita hanno consentito di riscontrare come i due imprenditori si fossero messi a disposizione del sodalizio assumendo un ruolo mafioso centrale nella cittadina di Bolognetta (PA) e riuscendo a imporre, con metodo mafioso, un rigido monopolio sul territorio “…nell’esercizio della attività imprenditoriale (onoranze funebri), profferendo minaccia grave e mafiosa nei confronti di …omississ…, al fine di indurli a non avviare a Bolognetta un esercizio concorrente … e, una volta avviato, a non ampliare il proprio parco clienti, ponevano in essere atti di illecita concorrenza con minaccia grave. Minaccia seria e grave, consistita previamente nell’interessare il capomandamento …omississ… e successivamente nel prospettare ai concorrenti il rischio di una aggressione violenta da parte di “palermitani”. Inoltre sono emerse infiltrazioni nella locale amministrazione comunale che condizionata nella sua attività avrebbe affidato alle società riconducibili agli indagati commesse pubbliche ignorando i previsti iter amministrativi”.

 “Non di rado a fattor comune si registra una funzionale ripartizione di ruoli tra appartenenti a gruppi malavitosi di diversa matrice, comprese quelle straniere, per il raggiungimento degli obiettivi criminali”. È quanto si legge nella Relazione Semestrale della Dia riferita al primo semestre 2021 là dove riporta “le attività malavitose poste in essere dalle mafie al di fuori delle regioni d’origine e laddove gli interessi illeciti tendono a convergere più che a contrapporsi”.

“In riferimento all’aggiudicazione irregolare di gare e appalti per la realizzazione di opere pubbliche attraverso la leva della corruzione, i sodalizi continuerebbero a consolidare una rete di relazioni utilitaristiche volte ad infiltrare le amministrazioni locali per agevolare le assegnazioni di lavori e forniture di servizi garantendosi in definitiva sia il controllo del territorio, sia l’ampliamento del consenso sociale anche mediante il compiacente aiuto di professionisti e pubblici funzionari infedeli che vanno ad alimentare la cosiddetta ‘area grigia’”. È quanto si legge nella Relazione Semestrale della Dia riferita al primo semestre 2021.

“Le più recenti attività info-investigative – si sottolinea – confermano peraltro come le organizzazioni criminali di tipo mafioso nel loro incessante processo di adattamento alla mutevolezza dei contesti, facciano ricorso sempre più residuale all’uso della violenza con linee d’azione di silente penetrazione nel mondo imprenditoriale e produttivo e quindi di mimetizzazione nel tessuto economico e sociale”.

“La distribuzione di posti di lavoro – conclude la relazione – unita alla gestione di contratti e forniture, permette infine di ‘fidelizzare’ un significativo numero di persone ingigantendone il legame originato dal bisogno in particolare in quei territori che maggiormente soffrono la crisi”.

“Passando all’esame della tipologia dei reati commessi, il raffronto a livello nazionale del numero dei reati di matrice mafiosa, i cosiddetti ‘reati spia’, commessi durante il primo semestre 2021 con quello riferito al medesimo intervallo dell’anno precedente, conferma la tendenza da parte dei sodalizi mafiosi ad evitare azioni particolarmente cruente e comportamenti suscettibili di provocare allarme sociale”. È quanto si legge nella Relazione Semestrale della Dia riferita al primo semestre 2021.

“Dal primo semestre 2020 a quello 2021 – viene evidenziato – per lo più calano la fattispecie collegate all’associazione di tipo mafioso con un incremento invece dell’associazione per delinquere semplice, peraltro appannaggio delle sole regioni del Nord nonché dei tentati omicidi di tipo mafioso riconducibili al solo meridione d’Italia”.

“Si osserva una diminuzione dei delitti connessi con la gestione illecita dell’imprenditoria. Ci si riferisce prima di tutto alla corruzione, concussione e induzione indebita a dare o promettere utilità, nonché al traffico di influenze illecite, per giungere al riciclaggio di denaro che in confronto al primo semestre del 2020 mostra un netto calo”. È quanto si legge nella Relazione Semestrale della Dia riferita al primo semestre 2021.

“Un discorso a parte merita la turbata libertà degli incanti il cui numero è incrementato rispetto allo stesso periodo dello scorso anno. In via generale il dato non deve trarre in inganno poiché è riferito a fattispecie che vengono prevalentemente svelate a seguito di attività investigative ad ampio respiro, le quali pertanto sul piano fenomenologico vanno retrodatate in ambiti temporali che valicano il semestre”. È quanto si legge nella Relazione Semestrale della Dia riferita al primo semestre 2021.

“La maggiore propensione delle mafie a inquinare l’economia legale – viene evidenziato – trova invece conferma nell’incremento delle segnalazioni di operazioni sospette e dei provvedimenti interdittivi antimafia. In tali casi si tratta di elementi che hanno maggiore attinenza con l’attualità e che saranno esaminati in seguito”.

“Se scomponiamo il dato riferito alle turbative d’asta nelle macroregioni del Nord, Centro e Sud Italia – si sottolinea -, rileviamo come il reato mostri un più sensibile incremento nelle regioni meridionali, ad indicare una maggiore vulnerabilità delle Amministrazioni promotrici di gare per l’esecuzione di opere o per la fornitura di beni e servizi, alle pressioni dei sodalizi mafiosi”.

“Il numero delle comunicazioni antimafia interdittive quale strumento rappresentativo della pervasività delle organizzazioni malavitose nel tessuto imprenditoriale, si presenta nel I semestre 2021 in crescita rispetto non solo a quello del 2020 ma anche in relazione al medesimo periodo del 2019 antecedente alla pandemia”. È quanto si legge nella Relazione Semestrale della Dia riferita al primo semestre 2021.

“Il dato – si sottolinea – è indicativo della sempre maggiore attenzione posta dai Gruppi Interforze Antimafia istituiti presso le Prefetture circa la possibile infiltrazione nelle procedure di gara ed appalti da parte delle ditte in vario modo riconducibili o in qualche misura vicine alle consorterie mafiose”. “Esso – conclude – rivela inoltre che nonostante negli ultimi due anni si sia verificato un inevitabile rallentamento delle attività imprenditoriali a causa della pandemia appare sempre maggiore l’interesse delle organizzazioni criminali per l’accaparramento di commesse ed opere pubbliche”.

“Nel primo semestre del 2021 si è assistito ad un’intensificazione dei lavori legislativi finalizzati al recepimento di alcune direttive dell’Unione europea che recano importanti innovazioni alla disciplina di prevenzione e contrasto del riciclaggio e dei correlati fenomeni delittuosi. L’adozione dei relativi provvedimenti ha assunto notevole rilievo in un panorama internazionale come quello attuale contrassegnato da eventi che incidono sulla sicurezza dei vari Paesi e dall’interdipendenza delle rispettive economie ove risulta sempre più necessario prevenire e contrastare l’utilizzo del ‘sistema finanziario’ per scopi illegali”. È quanto si legge nel focus “Profili evolutivi delle fonti del sistema nazionale antiriciclaggio” della Relazione Semestrale della Dia riferita al primo semestre 2021.

“Sul piano istituzionale – si sottolinea – tale esigenza travalica tuttavia gli aspetti di carattere emergenziale legandosi al costante bisogno di assicurare stabilità e competitività al ‘sistema Paese’. Nel contesto delineato l’individuazione dei flussi economici di provenienza illecita veicolati attraverso il sistema finanziario assume notevole importanza nel suo aspetto macroeconomico, oltre in quello della repressione penale dei correlati delitti. Infatti, esso contribuisce a preservare l’economia legale da distorsioni in grado di alterare la libera e sana concorrenza, nonché il funzionamento dei mercati, tra l’altro inquinando la rete dei mezzi di pagamento che sostengono il circuito di distribuzione del reddito”.

“La sostituzione, il trasferimento e ogni altra condotta di riciclaggio diretta ad ostacolare l’identificazione dell’origine illecita di capitali – si evidenzia – rappresentano dunque una grave minaccia per tutti i paesi economicamente sviluppati. Qualora poi l’origine dei capitali sia da ricondurre ai proventi della criminalità organizzata, soprattutto di tipo mafioso, le conseguenze a cui si va incontro assumono una dimensione ben più ampia. Le ingenti risorse accumulate dalle holding criminali destinate tanto ad alimentare ulteriori attività delittuose e a sostenere i costi di mantenimento delle organizzazioni, quanto a generare ulteriori profitti apparentemente leciti, vengono infatti artatamente investite nel tessuto produttivo ed imprenditoriale mediante articolati processi di mimetizzazione e sovrapposizione, tra l’altro senza l’esposizione al cosiddetto ‘rischio d’impresa’”.

“La continua evoluzione dell’economia – conclude la relazione – alimenta tale minaccia in quanto i sodalizi, acquistandone maggiore cognizione, si strutturano e diversificano le proprie attività verso la commissione di reati di tipo economico, che sono più remunerativi e meno rischiosi, dando vita ad un processo d’integrazione e sovrapposizione tra criminalità organizzata e criminalità economica ancor più insidioso per l’economia legale. La prevenzione dei pericoli d’infiltrazione mafiosa e del riciclaggio dei proventi di attività criminosa rappresentano pertanto una priorità ed un comune obiettivo perseguito da tutti gli attori istituzionali e soprattutto dalle Forze di polizia allo scopo di anticipare sempre più la soglia di sbarramento ai condizionamenti delittuosi in grado di minare il sistema Paese”.

“In seno alla realtà criminale della provincia agrigentina cosa nostra continua a rivestire un ruolo di supremazia evidenziando un’organizzazione strutturata in maniera verticistica da sempre ancorata alle tradizionali regole mafiose e in stretta connessione con le omologhe articolazioni mafiose catanesi, nissene, palermitane e trapanesi del resto non disdegnando di intrattenere rapporti anche con realtà criminali “oltre lo Stretto”.Lo dice la Dia nell’ultima relazione semestrale al Parlamento. “Assunto questo confermato, oltre che da pregresse attività investigative anche dagli esiti della citata operazione “Xydy” conclusa il 2 febbraio 2021 e incentrata sul mandamento di Canicattì (AG) dalla quale sono emersi “…continui e strettissimi…” contatti tra alcuni esponenti di quel mandamento con sodali di altre province siciliane, finalizzati alla organizzazione e alla gestione di lucrosi affari”.

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