“Il mistero dei laboratori di ricerca biologica americani in Ucraina”

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di Salvo Barbagallo

Stiamo ancora pagando sulla nostra pelle e su quella di milioni di esseri umani in tutto il mondo le nefaste “proprietà” del virus pandemico denominato “Covid 19” (e successive “varianti”) ma nessuno scienziato (per quel che è noto) ne ha mai spiegato l’origine, né con certezza come si sia diffuso “veramente” in tutto il pianeta. Ora, con la pandemia di certo non sconfitta, ci si trova davanti una “crisi bellica”, quella della guerra in Ucraina, voluta dalla Russia di Putin, a quanto riferito da tutti, Governi e mass media: una guerra per la quale è difficile prevederne le conseguenze complessive e definitive.

Condivisibili le grandi e piccole manifestazioni “per la pace”: nessuno, anzi probabilmente pochi sono coloro che “amano” la guerra, le distruzioni, la perdita di migliaia e migliaia e migliaia di vite. Fra i “pochi” che “alimentano” le guerre – un dato che non si può contestare – le industrie belliche e quanti muovono  le “economie” dei Paesi che vi sono coinvolti.  I soli “comparti” che dalla guerra guadagnano miliardi.

Mentre si combatte la “Russia-Ucraina” già è passata in secondo piano l’altra guerra, tutt’ora in corso: quella contro il Covid 19 che ha mietuto (sino ad adesso e nel corso di due anni) globalmente oltre sei milioni di morti, nella sola Italia “appena” oltre 157 mila vittime e in Europa “appena” 1.838,535. Sono cifre che dovrebbero impressionare, ma quanti si sono chiesti e si chiedono “da dove è spuntato questo maledetto virus? Come mai nessun scienziato ha avuto il coraggio di spiegare come si è realmente formato?”. Dopo due anni di pandemia, a questi interrogativi non si è data risposta. E tuttavia, anche in questa tragica circostanza della “Russia-Ucraina”, questi interrogativi appaiono di consistente attualità, se si è tornati a parlare di armi biologiche, se si sta ponendo all’attenzione internazionale  la questione di presunti laboratori statunitensi funzionanti da tempo in territorio Ucraino.

Prendiamo in prestito dal giornale online Analisi Difesa un articolo che pone dubbi e preoccupazioni, dall’emblematico titolo Il mistero dei laboratori di ricerca biologica americani in Ucraina”, dove si legge: Negli Stati Uniti cominciano ad emergere ammissioni e rilievi circa la presenza di laboratori biologici statunitensi che Mosca definisce una minaccia alla sicurezza e i cui fini non sono finora stati chiariti in modo esauriente. Il sottosegretario per gli affari politici del dipartimento di Stato Usa, Victoria Nuland, ha ammesso la presenza di “laboratori di ricerca biologica” sul territorio dell’Ucraina nel corso di una audizione al Senato federale degli Stati Uniti che si è tenuta il 9 marzo. Alla domanda se l’Ucraina disponga di armi chimiche o biologiche, rivoltale dal senatore repubblicano Marco Rubio, Nuland  ha risposto che in Ucraina si trovano “laboratori di ricerca biologica” e che Washington è preoccupata che le forze russe possano tentare di assumerne il controllo (…) ”Il ministro degli Esteri russo Sergei Lavrov ha chiesto chiarimenti circa questi laboratori americani in Ucraina e Maria Zakharova, portavoce dello stesso ministero, ha dichiarato nei giorni scorsi che Mosca dispone di prove di un presunto programma degli Stati Uniti per lo sviluppo di antrace e di altre armi biologiche in Ucraina…”. A questa notizia i mass media nazionali non hanno dato risonanza… c’è da chiedersi il perché, e a noi sembra opportuno prendere “in prestito” proprio il titolo di questo articolo. Perché?

Perché… Il 15 maggio di due anni addietro (Anno Domini 2020!), su La Voce dell’Isola, abbiamo avuto modo di parlare di “laboratori” Made in Usa. Anche il titolo di quell’articolo appariva emblematico: Sicilia e Coronavirus: perché Sigonella USA non interviene?”. Così scrivevamo: A Sigonella (già, Sigonella si trova in Sicilia, alle porte di Catania…) c’è da decenni la più avanzata e sofisticata base militare degli Stati Uniti d’America, la Naval Air Station. In questa installazione il 12 dicembre dello scorso anno è stato trasferito, dopo 70 anni, dalla sede del Cairo in Egitto, il Naval Medical Research Unit (NAMRU-3). Una notizia importante, passata (o trascurata o volutamente ignorata?) dai mass media nazionali e locali, pubblicata da Antonio Mazzeo il 26 marzo scorso in piena pandemia. Cos’è il NAMRU? È il reparto sanitario d’élite delle forze armate Usa che svolge ricerche e test su virus e batteri e concorre alla produzione di vaccini e farmaci “antivirali”. Mazzeo spiega bene: il NAMRU è composto da una decina di ufficiali di US Navy, a cui si affiancano ricercatori del Dipartimento della Difesa e di alcune aziende private “animate a ottimizzare le capacità di combattimento” delle forze armate degli Stati Uniti e dei Paesi partner. L’unità può inoltre contare su un pool di “esperti” di entomologia, microbiologia e infettivologia. Oltre a quella di stanza a Sigonella, esistono altre quattro unità della Naval Medical Research sparse a livello mondiale: NAMRU-San Antonio in Texas; NAMRU-Dayton in Ohio; NAMRU-2 a Singapore e NAMRU-6 a Lima, Perù.

“La missione di NAMRU-3 è quella di studiare, monitore e individuare le emergenti e riemergenti minacce di malattie che interessano i militari e la salute pubblica, così come quella di sviluppare strategie di mitigazione contro di esse”, riporta il Pentagono. “Ciò è svolto in partnership con le nazioni ospitanti e le agenzie Usa come U.S. Centers for Disease Control (CDC). Le ricerche di base, epidemiologiche e cliniche di NAMRU-3 si rivolgono in particolare alle malattie enteriche, alle infezioni acute respiratorie, alle epatiti, alla tubercolosi, alle meningiti, all’HIV e a varie infezioni da parassiti, batteri e virus che sono endemiche e rappresentano un grave problema pubblico (…) Nel 2001 l’unità medico-militare è stata riconosciuta dall’OMS quale “Centro di collaborazione per le malattie infettive emergenti e/o riemergenti” e successivamente quale “laboratorio di referenza” per le influenze e le meningiti nella Regione del Mediterraneo orientale, mentre è in atto il processo di riconoscimento come laboratorio per l’influenza aviaria (…). La presenza del NAMRU in Sicilia prima ancora che esplodesse “ufficialmente” la pandemia Coronavirus porrebbe diversi interrogativi….”.

Non sappiamo cosa stia accadendo realmente in Ucraina, non conosciamo le intenzioni di Putin, noi “mortali” non siamo al corrente delle strategie della NATO, non sappiamo quali possano essere le concrete mire degli Stati Uniti d’America, e cosa gli USA fanno nei “loro” laboratori sparsi in Paesi distanti dal loro territorio. Ci chiediamo serenamente: “I nostri Governanti – quelli Italiani – sanno a quale gioco stanno partecipando a nome di tutti i loro connazionali tenuti costantemente all’oscuro su tutto?

Il titolo è preso da ANALISI DIFESA

 

 

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