Saif Gheddafi si candida alla guida della Libia

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Da mesi, più o meno dall’estate, dalla Libia rimbalzavano le voci di un imminente annuncio ufficiale della candidatura del ‘delfino’ del defunto Colonnello Gheddafi, quel Saif al-Islam che un tempo sembrava destinato a raccogliere l’eredità del padre e sul quale l’Occidente puntava, prima della rivoluzione, per accentuare gli aspetti democratici del regime libico. Oggi quel passo ufficiale c’è stato, con Saif al-Islam che ha presentato la sua candidatura a Sebha per poi citare il Corano: “Allah, rivela la verità tra noi e la nostra gente, e tu sei il più grande dei conquistatori”, ha dichiarato.

Il figlio del Colonnello, che avrebbe l’appoggio della Russia, non appariva in pubblico da quando nel 2011 venne catturato nel deserto libico dai ribelli in seguito alla rivolta contro il padre. Nel 2015 era stato condannato a morte, ma due anni dopo era stato liberato. Da allora si ritiene abbia vissuto a Zintan, dove lo scorso luglio aveva rilasciato un’intervista al New York Times in cui aveva ricordato il periodo della rivolta, la cattura ed il periodo vissuto da prigioniero e aveva parlato dei suoi programmi futuri in vista delle elezioni.

Secondo i suoi collaboratori, nei mesi scorsi Saif al-Islam – forte di un’apparente aumento dell’influenza dei gheddafiani sulla scena politica – avrebbe testato il terreno con alcuni diplomatici stranieri in vista del suo ritorno. Questo tentativo, tuttavia, rischia di essere complicato soprattutto dal mandato di arresto in sospeso emesso dalla Corte penale internazionale dell’Aja, che subito dopo la notizia della candidatura ha ricordato che quel mandato resta in vigore. “La corte non commenta le questioni politiche libiche – ha detto il portavoce, Fadi al-Abdullah, all’emittente Libya al-Ahrar – ma lo status di Saif al Islam Gheddafi resta lo stesso”.

Il sito Middle East Eye aveva riportato la notizia che tra i più ostili alla candidatura di Saif al-Islam ci sarebbe il capo dell’autoproclamato Esercito nazionale libico, Khalifa Haftar, il cui figlio Saddam, a sua volta, starebbe valutando di correre per la presidenza. Un ritorno dei gheddafiani nella vita politica del Paese non sembra osteggiato invece da uno dei leader della Cirenaica, il capo della Camera dei Rappresentanti, Aguila Saleh, che durante la cerimonia di giuramento a Tobruk del nuovo governo ad interim tenne un discorso in cui auspicò un processo di riconciliazione nazionale.

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