“Il nostro destino si gioca in Sicilia”

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“La Sicilia è la chiave del Mediterraneo centrale e meridionale. Dall’isola si controlla lo Stretto da cui passano, e sempre più passeranno, le rotte che legano l’Oceano Atlantico all’Indo-Pacifico. Come è sempre stato dall’apertura del Canale di Suez nel 1869. Il controllo della Sicilia è dunque centrale nella partita fra Stati Uniti e Cina, e non solo”. A parlare, in una intervista a Limes è l’ex ministro del Mezzogiorno Calogero Mannino. “Il peso dell’Italia in questa sfida dipende in buona misura dall’isola. Il parziale disimpegno americano dal Mediterraneo e la penetrazione cinese nell’area, insieme al tentativo russo-turco di spartirsi rispettive zone d’influenza in Nord Africa, aumentano il valore dell’Italia. E della Sicilia per l’Italia – dice alla rivista di geopolitica- Valore attuale dalle radici antiche. Vorrei citare al riguardo due voci più che autorevoli. Johann Wolfgang Goethe scriveva due secoli fa: ‘Senza vedere la Sicilia non si può capire l’Italia. La Sicilia è la chiave di tutto’. Più recentemente, Leonardo Sciascia ricordava: ‘Incredibile è l’Italia. E bisogna andare in Sicilia per capire quanto incredibile è l’Italia'”.

E aggiunge: “L’Italia è un paese a rischio smembramento. La perdita di peso economico e demografico della Sicilia e di tutto il Mezzogiorno, da Roma (compresa) in giù, rischia di ridurci a terra di conquista”. Poi si dice convinto che la Cina punti sulla Sicilia: “Pechino ha piena cognizione che in Italia si è aperto ormai da trent’anni un vuoto politico e geopolitico. In Sicilia questo vuoto è diventato voragine, come e più che in gran parte del Sud. L’arretramento complessivo dello Stato, nonostante gli importanti risultati nel contrasto alla criminalità mafiosa, pone Sicilia e Mezzogiorno alla mercé del miglior intraprendente”. E sugli Usa dice: “Il cambio di accento – il mare si domina dal cielo, dallo spazio e dal ciberspazio più che dalla terra – offre peraltro agli americani uno strumento di controllo più esteso e profondo. Oggi la Sicilia è la capitale mondiale delle telecomunicazioni Usa. L’Italia non ha completamente disperso il rilievo acquisito nel Mediterraneo al tempo della guerra fredda, quando la nostra Marina militare si guadagnò la stima della U.S. Navy grazie anche a figure importanti come gli ammiragli Monassi e Di Paola, dopo la storica fase dell’affinità con i britannici. Ma quello che era un servizio attivo all’Alleanza Atlantica oggi lo manteniamo solo in forza del nostro privilegio geografico”.

Calogero Mannono ricorda poi agli intervistatori Lucio Caracciolo e Lorenzo Di Muro, che l’autonomia siciliana è “compromesso fra unitaristi e separatisti”. “Lo statuto è conciliazione di interessi plurimi, interni ed esterni. I britannici rinunciano al Regno del Sud, per cui c’è una certa disponibilità di Badoglio e l’interesse di casa Savoia. La corte sabauda si sarebbe certamente adeguata alla separazione dal Nord Italia, contando sul rapporto con Londra. Non è ipotesi di fantasia. È documentata realtà storica. Il compromesso sull’autonomia certifica nella sua radice internazionale il rilievo strategico della Sicilia. Rappresenta un passo decisivo nelle operazioni militari e politiche in corso dopo l’8 settembre per preservare l’Unità d’Italia. E sul piano interno cementa il nuovo blocco di governo attorno alla Democrazia cristiana, cuore della Prima Repubblica”.

“Cosa nostra era impegnata nella’intermediazione parassitaria che muta con la storia”

Per Calogero Mannino “è la strage dirompente di Capaci, seguìta dall’attentato di conferma di via Mariano d’Amelio a Palermo, a liquidare con Falcone e Borsellino il sistema della Prima Repubblica imperniato sulla Democrazia cristiana”. “Non è stata Tangentopoli a distruggere la Dc. Sono state le stragi di Capaci e Palermo – spiega l’ex ministro – Da cui deriva il cambio degli equilibri di potere in Sicilia, quindi in Italia. Senza quelle stragi Oscar Luigi Scalfaro non sarebbe stato eletto presidente della Repubblica, la De non sarebbe stata cacciata dal governo e forse non si sarebbe spaccata, fino a morire – oltretutto per preservare la prospettiva politica del partito post comunista, assunto a cardine del nuovo ordine. Ironie della storia”.

“Durante la guerra fredda e la Prima Repubblica, faccia esterna e interna della stessa medaglia, il potere in Sicilia è dello Stato. Ma attraverso strutture parallele di altri Stati è condizionato, se non partecipato, dalla mafia – aggiunge poi Calogero Mannino – Cosa Nostra è impegnata nell’intermediazione parassitaria, che muta con le circostanze storiche: dal feudo all’edilizia, poi alla gestione di traffici illeciti, non soltanto droga, oltre a ruoli oscuri che purtroppo segneranno la nostra vicenda nazionale. Quando negli anni Ottanta, grazie anche all’iniziativa della Dc, lo Stato cerca di riaffermare, con il primato delle sue leggi, la sua funzione di direzione politica e di controllo sull’isola, Cosa Nostra, versione ultima della complessa galassia mafiosa, reagisce con ferocia”.

“Gli assassini del segretario provinciale della Dc a Palermo Michele Reina il 9 marzo 1979 e poi quello di Piersanti Mattarella il 6 gennaio 1980 segnano una cesura – conclude -Con il maxiprocesso di Palermo, avviato nel 1986, lo Stato sembra avere la meglio. Ma poi prevale il caos. Combinato disposto della controffensiva di Cosa Nostra per le condanne comminate dai giudici di Palermo e della crisi dell’equilibrio bipolare in Europa e nel mondo. Questo incrocio — occasionale? — determina la fine della Prima Repubblica. Da allora Sicilia e Italia sopravvivono nel vuoto. Eppure la Sicilia conserva il suo valore geopolitico. La torre del Muos simboleggia la sua funzione di osservazione e controllo del Mediterraneo, crocevia fra Europa, Africa e Asia. Occhio magico puntato sulle terre e sugli uomini di uno dei pochissimi spazi davvero strategici al mondo”. (AdnKronos)

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