Caso Gregoretti: a maggio decisione rinvio a giudizio per Salvini

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Caso Gregoretti, terminata la nuova udienza preliminare di oggi nell’aula bunker del carcere Bicocca di Catania a carico dell’ex ministro dell’Interno Matteo Salvini, imputato per sequestro di persona. Il giudice per le udienze preliminari Nunzio Sarpietro ha intanto respinto la richiesta delle parti civili di ascoltare in aula, come testimone, l’ex Presidente dell’Anm Luca Palamara. L’udienza preliminare del procedimento a carico di Salvini è quindi stata rinviata al prossimo 10 aprile dal gup: Sarpietro deciderà il prossimo 14 maggio se rinviare a giudizio o dichiarare il non luogo a procedere per l’ex ministro. Lo ha annunciato lo stesso giudice alla fine dell’udienza. Deposizione, oggi, anche dell’ambasciatore Maurizio Massari, che ha poi lasciato l’aula bunker a bordo di un taxi.

Salvini

“Le inchieste siciliane sulle ong? Siamo solo all’inizio…”, ha detto Matteo Salvini prima di entrare nell’aula bunker. “La mia convinzione è che noi abbiamo rispettato le leggi, nessuno si è fatto male, ma abbiamo difeso il diritto degli italiani a difendere i propri confini”, fa il punto, ribadendo di aver agito nell’interesse del paese, da ministro dell’Interno. “Ci sono tanti fascicoli aperti, che parlano di traffico di esseri umani organizzato e a pagamento. Io ringrazio le due procure che in questo momento sono più avanti, Trapani e Ragusa, ma penso che da Agrigento a Catania si evidenzierà il fatto che il traffico di esseri umani è organizzato e finanziato. Poi lascio i giudici il loro lavoro”.

Divergenze di vedute tra la ministra dell’Interno Lamorgese e il sottosegretario all’Interno Nicola Molteni sull’immigrazione? “Le risolveremo con il Presidente Draghi, tra persone serie e concrete”. , ha detto ancora uscendo dall’udienza. “Non ho nessun dubbio che anche su questo fronte l’Italia farà dei passi avanti”.

“Continuo a ritenere di aver fatto il mio dovere e di avere salvato vite. Non chiedo medaglie al petto, ma rispetto”, conclude.

Bongiorno

“La testimonianza dell’ambasciatore Massari è stata particolarmente efficace perché ha chiarito che c’è stata continuità politica tra il ‘Conte uno’ e il ‘Conte due’, Salvini-Lamorgese’”, ha detto Giulia Bongiorno, legale di Salvini, alla fine dell’udienza preliminare. “In particolare Massari – ha aggiunto la Bongiorno – ha fatto riferimento che a partire dal caso Diciotti ci fu una scelta politica italiana da parte del Premier e dei ministri degli esteri e degli interni, ovvero, di fare una pressione politica sull’Europa per la redistribuzione dei migranti ‘ex ante’ cioè prima che avvenissero gli sbarchi”. “Da ciò si desume – ha evidenziato- che c’era una linea di governo ben precisa che prevedeva di sollecitare e invitare l’Ue a fare una redistribuzione dei migranti”.

“Le nostre conclusioni sono che alla luce di questa ricostruzione – ha spiegato – è evidente che il caso Gregoretti si colloca in maniera coerente con quella che era la linea del governo a sollecitare l’Europa. Con quella di Massari si conclude questa lunghissima udienza preliminare e ne siamo soddisfatti”.

“L’ambasciatore ha detto che quello che ho fatto io è stato fatto prima ed è stato fatto dopo. Anzi, grazie a quello che ho fatto io si sono dati una sveglia. Ci rivedremo il 10 aprile e poi si chiude il 14 maggio. Ma non faccio pronostici, continuo a ritenere di aver fatto il mio dovere e di avere salvato vite”, ha poi commentato Salvini.

Palamara non verrà sentito, la decisione del gup

L’ex Presidente dell’Anm Luca Palamara non verrà sentito nell’udienza preliminare del procedimento a carico di Matteo Salvini. Lo ha deciso il Gup di Catania Nunzio Sarpietro dopo una breve camera di consiglio rigettando la chiesta dell’avvocato di parte civile Corrado Giuliano, che rappresenta l’associazione AccoglieRete. “L’ammissione del teste Palamara avrà riflessi importanti sulla tenuta di credibilità delle nostre istituzioni di giustizia e di tutti i suoi attori principali, magistratura, avvocatura, Csm, tenuto conto della lente di lettura che offre l’intervista del dottor Palamara e del clima nel quale si sono consumate le frasi del procedimento odierno”, aveva scritto il legale nella memoria depositata ieri presso la cancelleria del gup.

Secondo le parti civili “dalle dichiarazioni di Palamara emergono inquietanti profili di orientamento della giurisdizione in relazione agli indirizzi conrrentizi interni alla magistratura nelle sedi giudiziarie e istituzionali che si sono occupate dell’odierno giudizio” “sia nel senso del non luogo a procedere che in quello del rinvio a giudizio”. Ma il gup ha detto di no.

Parte civile

Ieri le parti civili, tra cui Legambiente, Arci e l’associazione AccoglieRete, hanno depositato la richiesta formale anticipata nella scorsa udienza. I legali chiedevano di ascoltare Palamara “autorevole figura di snodo istituzionale tra Csm, Anm, Presidenza della Repubblica e figure politiche e di governo di primo piano” per “fare chiarezza” su “uno spazio grigio, una preoccupante zona d’ombra” in “ragione dell’importanza del presente giudizio” e “del clima nel quale si sono consumate le fasi del procedimento”. A presentarla ieri, l’avvocato Giuliano.

Nella memoria depositata ieri dai legali di parte civile, gli avvocati fanno riferimento ad una domanda posta dal gup all’ex premier Giuseppe Conte il 28 gennaio scorso durante la deposizione a Palazzo Chigi. E che riguarda proprio Palamara. Il gup ha chiesto se da premier fosse a conoscenza di “progetti di esponenti della magistratura o del CSM contro determinati assetti politici e contro Salvini in particolare?”.

Le parti civili insistono sul rinvio a giudizio del leader della Lega. Mentre l’accusa ha chiesto “una sentenza di non luogo a procedere”. I legali hanno depositato una memoria difensiva.

Il caso

Il leader leghista, arriva di fronte al gup Sarpietro, per la quinta udienza, dopo la richiesta di giudizio fatta dal Tribunale dei ministri di Catania, richiesta che ha ottenuto il via libera del Senato il 12 febbraio di un anno fa. L’accusa formulata è quella di aver “abusato dei suoi poteri privando della libertà personale 131 migranti a bordo dell’unità navale Gregoretti della guardia costiera italiana dalle 00:35 del 27 luglio 2019 fino al pomeriggio del 31 luglio”, quando fu disposta l’autorizzazione allo sbarco nel porto di Augusta, nell’ambito di un accordo per la distribuzione dei migranti in altri cinque paesi Ue.

Sul caso Gregoretti la Procura etnea, guidata da Carmelo Zuccaro, si era già pronunciata per il non luogo a procedere, ritenendo che “l’attesa di 3 giorni per uno sbarco” non possa “considerarsi un’illegittima privazione della libertà” dei migranti a bordo della nave. Inoltre, per gli inquirenti sulla nave vennero “garantiti assistenza medica, viveri e beni di prima necessità” e “lo sbarco immediato di malati e minorenni”, come ribadito dallo stesso Salvini nella sua memoria difensiva, depositata a Catania alla prima udienza.

Al contrario, il Tribunale dei ministri, chiedendo invece il processo, sottolineò come Salvini fosse stato responsabile di aver “determinato consapevolmente l’illegittima privazione della libertà personale” dei migranti, “costretti a rimanere in condizioni psicofisiche critiche” a bordo. I tre giudici per i reati ministeriali hanno inoltre sostenuto come “non vi fossero ragioni tecniche ostative all’autorizzazione allo sbarco”, aggiungendo che “le persone soccorse potevano tempestivamente essere sbarcate e avviate all’hot spot di prima accoglienza per l’identificazione, salvo poi essere smistate secondo gli accordi eventualmente raggiunti a livello europeo”.

Accordi a livello Ue su cui insiste anche la difesa di Salvini, con concetti ribaditi nella memoria difensiva, in quello che sembra uno dei nodi dirimenti della vicenda. Di fronte a una strategia politica, voluta da Salvini (e dal governo di allora), con l’obiettivo di spingere i paesi Ue a intervenire per la ricollocazione dei migranti, l’atto di trattenerli a mare, secondo lo stesso Salvini era esclusivamente finalizzato al risultato politico. Al punto da dire che “la permanenza a bordo” era “funzionale solo a consentire la conclusione della procedura di redistribuzione” in Europa dei migranti.

Altro nodo, ancora, quello sui motivi di ordine pubblico, che avrebbero determinato lo stop allo sbarco in Sicilia. Per l’accusa i migranti non rappresentavano una minaccia in tal senso (“non ci sono informazioni sulla possibile presenza, tra i soggetti soccorsi, di persone pericolose per la sicurezza e l’ordine pubblico nazionale”). Tema su cui Salvini ha tirato fuori, nell’ultima memoria, una nuova prova, parlando di un “Gps per l’orientamento in mare che dopo il salvataggio fu trovato uno zainetto” a dimostrazione di “una probabile presenza a bordo, tra i migranti, degli scafisti responsabili del traffico”. “Due scafisti – conclude la difesa di Salvini – che furono poi identificati e fermati”.

Salvini ribadisce più volte che “non ci fu alcun sequestro di persona, non essendosi verificata alcuna illecita privazione della libertà personale nei giorni in cui i migranti rimasero a bordo della Gregoretti, in attesa dell’organizzazione del loro trasferimento presso la destinazione finale”. “A tutte le persone a bordo della nave furono garantite cure e assistenza adeguate al caso di specie, nonché un continuo controllo delle condizioni di salute”, ricorda l’ex titolare del Viminale. Nella linea difensiva, infine, nessuna chiamata in correo di Conte, al di là della condivisa – secondo Salvini – responsabilità politica dell’allora presidente del Consiglio. Nonostante il nome di Conte sia citato più volte nella memoria, la chiamata in causa del premier non ci sarà: “Perché – ribadisce nelle piazze girate in questi giorni lo stesso Salvini – il fatto non sussiste, ci sono norme precise per mettere in salvo i naufraghi e nessuno di noi li lasciò in balia delle onde”.

Nel corso dell’udienza preliminare sono stati ascoltati la ministra dell’Interno Luciana Lamorgese, il ministro degli Esteri Luigi Di Maio e gli ex ministri Danilo Toninelli ed Elisabetta Trenta. (AdnKronos)

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