Piano pandemico, la bozza: “Con scarse risorse cure a chi può farcela”

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(Adnkronos)

In caso di pandemia, “quando la scarsità rende le risorse insufficienti rispetto alle necessità, i principi di etica possono consentire di allocare risorse scarse in modo da fornire trattamenti necessari preferenzialmente a quei pazienti che hanno maggiori possibilità di trarne beneficio”. E’ uno dei passaggi della bozza del Piano pandemico 2021-2023, che affronta anche i problemi etici dell’emergenza sanitaria.”Un quadro di etica – si legge – è tra le fondamenta delle politiche di sanità pubblica: i principi di etica sono alla base della visione e della pianificazione. Tale quadro deve essere caratterizzato da equità, trasparenza, coerenza. Deve, inoltre, stabilire le priorità e le responsabilità. Una pianificazione eticamente e clinicamente corretta deve mirare a garantire risorse e protezioni giuste ed eque, con particolare attenzione ai gruppi vulnerabili. Tuttavia, durante situazioni di crisi, i valori etici fondamentali consentono alcune azioni che non sarebbero accettabili in circostanze ordinarie. Ciò non significa, però, modificare i principi di riferimento: occorre, invece, bilanciarli in modo diverso. In condizioni di crisi cambiano le situazioni, non gli standard di etica”

“Per esempio – si precisa – lo squilibrio tra necessità e risorse disponibili può rendere necessario adottare criteri per il triage nell’accesso alle terapie. Gli operatori sanitari sono sempre obbligati, anche durante la crisi, a fornire le cure migliori, più appropriate, ragionevolmente possibili”. Non è consentito “agire violando gli standard dell’etica e della deontologia, ma può essere necessario, per esempio, privilegiare il principio di beneficialità rispetto all’autonomia, cui si attribuisce particolare importanza nella medicina clinica in condizioni ordinarie. Condizione necessaria affinché il diverso bilanciamento tra i valori nelle varie circostanze sia eticamente accettabile è mantenere la centralità della persona. In generale: la solidarietà deve ispirare ogni decisione; gli interventi devono essere sempre basati sull’evidenza e proporzionati; le restrizioni e l’intrusione nella vita delle persone dovrebbero essere le minori possibili in relazione al raggiungimento dell’obiettivo perseguito; le persone devono essere sempre trattate con rispetto”.

DALLE SCORTE ALLE ESERCITAZIONI

Effettuare esercitazioni, assicurare la disponibilità di dispositivi di protezione individuale per gli operatori sanitari, provvedere alle scorte e assicurare la disponibilità di farmaci antivirali antinfluenzali e vaccini pandemici contro virus influenzali aviari che si dimostrino in grado di passare all’uomo, e in caso di necessità prevedere opportune piattaforme per lo sviluppo di queste armi. Sono alcune tra le azioni da intraprendere per non farsi travolgere da una futura pandemia. “Nel corso del 2020 è accaduto un evento del tutto inusuale” con un virus il cui contenimento “si è dimostrato di difficile attuazione”, si legge nella premessa del documento che sarà sottoposto all’esame delle Regioni e alla successiva approvazione in Conferenza Stato-Regioni. “Le lezioni apprese dalla inattesa pandemia da un nuovo coronavirus del 2020 – si sottolinea – possono essere considerate in un Piano pandemico influenzale che è utile contestualizzare nell’ambito dell’attuale crisi sanitaria globale. In particolare, quanto stiamo apprendendo dalla pandemia Sars-CoV-2 è utile per la messa a punto di piani pandemici influenzali e in prospettiva per la risposta ad altri patogeni capaci di causa epidemie/pandemie”.

“La pandemia Sars-CoV-2/Covid-19 conferma l’imprevedibilità di tali fenomeni”, si legge ancora nel documento. “Per questo è necessario disporre di sistemi di preparazione che si basino su alcuni elementi comuni rispetto ai quali garantire la presenza diffusamente nel Paese e altri più flessibili da modellare in funzione della specificità del patogeno che possa emergere. Tali meccanismi – prosegue la bozza – dovrebbero consentire di incrementare le capacità diagnostiche specifiche per il patogeno di riferimento sia in termini di produzioni che di vera e propria effettuazione della diagnosi; modulare la fornitura di prodotti terapeutici in funzione delle evidenze scientifiche disponibili per il trattamento e assicurare la disponibilità di Dpi al fine di proteggere gli operatori sanitari che operano in prima linea. Ciò che in pochi mesi è stato fatto per adeguare il sistema e arrivare a una sua sostanziale autosufficienza di Dpi è qualcosa che deve rimanere anche in futuro”, è il monito.

Sempre l’esperienza del 2020 ha dimostrato che “si può e si deve essere in grado di mobilitare il sistema per aumentare nel giro di poco tempo sia la produzione di mascherine e dispositivi di protezione individuale a livello nazionale che i posti letto in terapia intensiva, anche per far sì che non si verifichino disservizi nella assistenza e nella cura delle persone affette da malattie ordinarie (diverse dal Covid-19) quanto comuni”.

E ancora, il Piano prevede la necessità di “una formazione continua finalizzata al controllo delle infezioni respiratorie e non solo, in ambito ospedaliero e comunitario, un continuo monitoraggio esplicato dal livello centrale sulle attività di competenza dei servizi sanitari regionali (redazione, aggiornamenti e implementazione dei piani pandemici influenzali regionali), nonché in generale un rafforzamento della preparedness nel settore della prevenzione e controllo delle infezioni”.

Il documento precisa inoltre che l’ultimo Piano pandemico influenzale esistente risale al 2006 ed “è rimasto vigente negli anni successivi”. Questa “revisione 2020” identifica “le diverse dimensioni operative e le azioni chiave per i prossimi tre anni”.

“Questo documento – si legge – definisce i ruoli e le responsabilità del Servizio sanitario nazionale nella preparazione e risposta a una pandemia influenzale nel contesto della risposta dell’insieme degli organi e delle istituzioni del Governo nazionale nell’ambito dello stato di emergenza nazionale che un tale evento determinerebbe”.

RISERVA NAZIONALE FARMACI ANTIVIRALI

“Disporre e mantenere una riserva nazionale/regionale di farmaci antivirali durante la fase inter-pandemica, definendo le modalità di accesso alle riserve”. “La riserva nazionale di farmaci antivirali – si legge – è localizzata in un magazzino di proprietà del ministero della Salute” e “gestita direttamente” dal dicastero. “Tale gestione prevede, oltre all’acquisto, allo stoccaggio e all’idoneo smaltimento dei farmaci, anche le relazioni con l’azienda produttrice al fine del controllo della validità del principio attivo e la realizzazione delle procedure di rivalutazione delle scadenze in base a tale processo. In caso di utilizzo del farmaco, il ministero della Salute si avvale, tramite una convenzione in essere per la trasformazione in capsule e il confezionamento, della collaborazione dello Stabilimento chimico farmaceutico militare di Firenze. Tali attività – si precisa – sono regolate da una pianificazione interna già esistente che non è quindi duplicata nel Piano”.

Invece, “nell’ambito delle attività essenziali previste dal Piano, si evidenzia l’aggiornamento entro il 2022 della stima di fabbisogno di farmaci antivirali per il trattamento e la profilassi durante una pandemia. Questi dati verranno comunicati dalla Dg Prevenzione” del ministero della Salute “con documento tecnico al fine di programmare eventuali acquisti durante il periodo di validità del Piano pandemico influenzale. Il monitoraggio delle scorte regionali di farmaci antivirali è rimandato per competenza alle autorità regionali”. Nella bozza si raccomanda inoltre di “monitorare l’efficacia degli antivirali sulla durata/severità dei sintomi”, di “monitorare eventi avversi e l’emergenza di farmaco-resistenza sull’influenza stagionale”, e di “individuare centri clinici per la somministrazione di farmaci ad uso sperimentale/compassionevole”.

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