Operatore sanitario arrestato nell’ennese, durante lockdown ha violentato disabile

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L’accusa è di violenza sessuale nei confronti di una disabile, in pieno periodo di lockdown. Presso l’Oasi di Troina, la ​Polizia di Stato – Squadra Mobile di Enna – ha eseguito, la notte scorsa, il fermo di indiziato di delitto disposto dalla Procura della Repubblica di Enna diretta da Massimo Palmeri.  I pm Stefania Leonte e Orazio Longo, al termine dell’interrogatorio, hanno disposto il fermo di indiziato di delitto dell’indagato L.A. di 39 anni nato in provincia di Enna, per il reato di violenza sessuale aggravata dall’aver commesso il fatto ai danni di una donna disabile e nel momento in cui la stessa era a lui affidata.

La Squadra Mobile della Questura di Enna in data 11.09.2020 ha ricevuto dall’avvocato, nominato dalla famiglia della vittima, una formale denuncia in quanto la congiunta era in stato di gravidanza, specificando che la ragazza soffriva di gravissime patologie connesse ad una rara malattia genetica.  Gli Ufficiali di Polizia Giudiziaria Hanno subito capito la gravità dei fatti narrati, attivando immediatamente il cosiddetto codice rosso. Il Pubblico Ministero titolare del procedimento ha coordinato “l’avvio tempestivo delle indagini, convocando presso gli uffici della Procura della Repubblica i genitori della vittima”.

Gli investigatori della Polizia di Stato ed i Pubblici Ministeri hanno raccolto le dichiarazioni dei familiari, “tracciando sin da subito una prima ipotesi investigativa poi confermata dalle successive indagini”. Dal racconto reso “emergeva che la vittima della violenza sessuale era ospite da diverso tempo della Struttura Sanitaria I.R.C.C.S. Associazione “Oasi Maria SS” di Troina.  Qualche giorno prima del deposito della denuncia, i genitori erano stati avvisati da personale della struttura che la figlia era in stato di gravidanza-dicono gli inquirenti- Considerate le condizioni di salute particolarmente gravi non era possibile in alcun modo che la stessa avesse prestato il proprio consenso. Si è subito delineata l’ipotesi delittuosa che si potesse trattare di un grave caso di violenza sessuale”.

I primi accertamenti sanitari effettuati grazie alla professionalità del reparto di ginecologia dell’Ospedale di Enna e del Policlinico di Palermo hanno permesso “di focalizzare l’attenzione degli investigatori su un gruppo di persone presenti in struttura al momento del presunto periodo di concepimento”. La donna, nel momento in cui è stato accertato lo stato di gravidanza, aveva superato la 25ma settimana di gestazione e, pertanto, alcune indagini di tipo sanitario non potevano essere effettuate per non mettere a rischio tanto la vita della donna quanto quella del feto. Agli investigatori non rimaneva altro che agire con l’escussione di tutte le persone informate sui fatti ovvero i potenziali testimoni. Presso la Squadra Mobile della Questura di Enna, guidata dal vicequestore aggiunto Antonino Ciavola, sotto il continuo e costante coordinamento investigativo della Procura della Repubblica, sono stati  convocati i vertici aziendali della struttura sanitaria e successivamente tutti gli addetti ai vari servizi, dai medici agli operatori socio sanitari.

Dalle indagini è emerso che “nessuno della struttura sanitaria si è accorto dello stato di gravidanza, ipotizzando che l’aumento di peso della ragazza potesse dipendere dal fatto che durante il lockdown ai degenti era stato permesso di mangiare di più o che i farmaci somministrati a volte erano causa di una irregolarità del ciclo”. Dalle prime persone ascoltate dalla Squadra Mobile emergeva “solo un dato di fatto che rendeva la vicenda ancora più grave, ovvero che nessuno aveva accesso alla struttura senza autorizzazione e che altri ospiti disabili non avrebbero potuto commettere il reato”.

Questi dati permettevano di concentrare le indagini ancor di più sulle persone che vi prestavano l’attività lavorativa,” tanto da iniziare a procedere con il prelievo di un campione salivare per l’estrazione del profilo genetico (DNA) da parte degli operatori della Polizia Scientifica”. Dopo aver ascoltato decine di persone e prelevato diversi campioni di liquido biologico per l’estrazione del DNA, ieri mattina è stato convocato, tra gli altri, l’uomo fermato, operatore socio sanitario dipendente della struttura di Troina da due anni. Dalle prime domande poste, gli investigatori hanno capito  il suo stato di disagio ed una sua particolare emotività nel raccontare quanto a sua conoscenza.

“L’indagato faceva particolare confusione nel raccontare quanto accaduto negli scorsi mesi ed in particolar modo il periodo in cui la struttura di Troina era stata dichiarata zona rossa per il focolaio sviluppatosi all’interno con decine di positivi al covid-19- dicono- Gli investigatori carpendo che l’uomo stesse nascondendo qualcosa e che non fosse del tutto sincero continuavano ad incalzare l’indagato concentrando i suoi sforzi di memoria al mese di aprile, in particolar modo alla presunta data del concepimento”. L’indagato ha riferito che a fine marzo ha chiesto alla direzione sanitaria di poter fare accesso alla struttura per poter dare aiuto ai suoi colleghi in difficoltà ed alle persone degenti visto che era stata dichiarata la zona rossa con impossibilità di accesso o di dimissioni dall’Oasi. Dopo qualche giorno, stante la carenza di personale, veniva autorizzato ad accedere per prestare la propria attività di operatore socio sanitario.

Nei primi giorni di aprile, proprio nel periodo di massima emergenza sanitaria affrontato dalla struttura di Troina, l’indagato era stato assegnato al reparto dove erano stati trasferiti tutti i soggetti risultati positivi al COVID-19. L’indagato, durante una delle tante notti consecutive prestate in struttura, “approfittando dell’assenza temporanea dell’infermiere professionale, non curante neanche della positività al COVID -19, raggiungeva la vittima che conosceva da tempo e consumava un rapporto sessuale privandosi di ogni sistema di protezione antivirale, tuta e mascherina”. Considerato quanto l’operatore socio sanitario Ha confessato finalmente agli uomini della Squadra Mobile, sono stati subito informati i Pubblici Ministeri che hanno raggiunto i poliziotti presso gli Uffici della Questura di Enna per sottoporre ad interrogatorio il reo confesso. Al termine dell’interrogatorio la Procura della Repubblica di Enna ha disposto il fermo di indiziato di delitto, atto immediatamente eseguito dalla Polizia di Stato che ha condotto il fermato in carcere a disposizione dell’Autorità Giudiziaria. La Procura della Repubblica di Enna continuerà le attività d’indagine per chiarire ogni ulteriore aspetto della vicenda e valutare eventuali responsabilità in ordine ai fatti accaduti. (AdnKronos)

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