Un virus che divide tutti

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di Salvo Barbagallo

Oggi il quotidiano “La Repubblica” a tutta pagina e in prima pagina titola: “2 Giugno, allarme destra”. L’allarme è riferito alle preannunciate mobilitazioni in cento piazze d’Italia in occasione della “festa della Repubblica” promosse dalla Meloni, da Salvini, dai gilet arancioni e dai neofascisti. Basta il titolo per preoccupare: anche se indubbiamente e probabilmente non era nelle intenzioni del giornale, questo titolo potrebbe essere interpretato da chi non è di “destra”, come un richiamo a una “vigilanza” estrema (connotata dal colore contrapposto) come se si fosse alla vigilia di una guerra civile. Di certo in un clima dove le tensioni sociali stanno crescendo a vista d’occhio, conseguenza di una “inaspettata” pandemia che ha messo “Ko” l’economia del Paese, lasciando sull’orlo dello sfascio migliaia di attività produttive e sull’orlo della disperazione migliaia e migliaia di famiglie, a noi appare come un segnale negativo che viene dato alla comunità nazionale. È questa la nostra opinione, considerata la “percezione” che si ha di altri pericoli, di altra natura, tutti incombenti e derivanti dall’oscura vicenda della diffusione del Coronavirus in Italia e in tutto il pianeta. Una opinione che potrebbe, in ogni modo, essere errata, se la percezione dovesse dimostrarsi solo questione di stati d’animo angosciati per lo sfacelo, per la confusione e per l’incertezza che circondano ogni individuo.

È questo malefico virus chiamato “Coronavirus” che sta accentuando i preesistenti contrasti politici e sociali? È il serpeggiare di questo virus che sta alimentando conflittualità che di civile hanno ben poco? Oppure, e più semplicemente, sono i metodi con i quali si è gestita e si sta gestendo questa pandemia che stanno mettendo in crisi le basi sulle quali si è retta e si regge la nostra società?

Ogni essere che raziocina ha il dovere di trovare le sue risposte.

Nei giorni scorsi abbiamo scritto: In Italia il passaggio dalla cosiddetta “Fase 1” alla “Fase 2” sta mettendo in luce le contraddizioni scaturite da una controversa gestione governativa dell’emergenza, e sta contemporaneamente evidenziando gli atavici contrasti esistenti fra le regioni che compongono il nostro Paese. In poche parole, stanno venendo a galla le debolezze che l’Italia ha sempre posseduto in merito alla sua Unità che in molti, da oltre cento anni, hanno percepito come “imposizione” e non come vera espressione di “condivisione” di ideali (…) In questo scenario di certo non rassicurante, permangono i timori e le paure per la “ripresa feroce” dei contagi, già “annunciata” da scienziati ed esperti (…).

C’è il solito ritornello che si presenta. Qualcosa non torna.

Quel Qualcosa non torna riguarda principalmente l’apparente disinteresse da parte di scienziati, governanti (non solo italiani), politici, eccetera, sulle origini della pandemia e sulla natura del morbo. Argomenti come origine e natura del morbo sembrano ignorati (volutamente?) e fuori dal quadro investigativo. Certo, gli scienziati sono tutti all’opera per trovare e mettere in atto un vaccino che possa sconfiggere questo nuovo Coronavirus che ha caratteristiche mutanti e sconosciute. Ma, a quel che risulta, dopo le attribuzioni delle responsabilità alla Cina sulla causa scatenante della pandemia, non si è appreso più nulla, appunto come se scoprire e, soprattutto, capire come e quando sia emerso non riguardasse tutti.

Una delle analisi più attendibili risale al 20 marzo scorso pubblicata dal giornale online “Analisi Difesa”, a firma di Mirko Molteni, che già nel titolo poneva l’inquietante interrogativo “Coronavirus: natura, incidente, arma?” Ebbene, a questo sintetico interrogativo una risposta chiara (sempre a quel che risulta) non è mai stata data. È la mancanza di risposte che inquieta, anche perché è più che noto che le principali Potenze mondiali da decenni sono attrezzate per fare o fronteggiare una guerra batteriologica. Anche l’Italia (che “grande Potenza” non è) è attrezzata in questo campo nel delicato comparto dell’Intelligence. Lo abbiamo appreso da un articolo apparso sul quotidiano “Il Giornale” a firma di Francesco Boezi, che così si esprime nelle prime righe: Medical Intelligence: forse questa branca della nostra intelligence non è troppo conosciuta dai più ma, indagando a fondo su quali meccanismi di prevenzione e di diffusione delle informazioni si innescano nel momento in cui un virus emergente fa la sua comparsa, si apprende subito di come questa attività assuma un’importanza centrale per la tutela della salute pubblica. E qualcosa, in termini di Medical Intelligence, è scattato per forza anche in relazione al Sars-Cov2. Ma quando e come l’esecutivo italiano ha avuto contezza del fatto che il nuovo coronavirus potesse essere pericoloso per la tenuta del nostro sistema economico-sociale? Questa domanda, inutile girarci troppo attorno, circola ormai da mesi. Tra rimpalli di accuse e smentite, le analisi si riducono per lo più a ciò che è possibile fare: procedere per ipotesi ed astrazioni(…).

Boezi intervista un esperto nel settore, il dottor Marco Cannavicci, che così spiega cosa sia il Medical Intelligence: Medical Intelligence è un servizio nato negli Stati Uniti per coniugare le necessità d’intelligence, di rischio sanitario, di sicurezze del personale e di sicurezza sanitaria, che ha avuto la sua massima espansione in relazione delle minacce di bio-terrorismo. La Fbi, negli States, ha creato una rete di sorveglianza dei pronto soccorsi per possibili minacce da infezioni derivanti da germi o da sostanze tossiche. I pronto soccorsi dovevano segnalare ogni anomalia che si verificava e che poteva essere collegata ad una malattia infettiva poco conosciuta o sconosciuta. Erano i tempi dell’antrace. In quel frangente temporale, è nata in maniera molto organizzata. Anche noi ci siamo confrontati con le minacce di bio-terrorismo. Anche noi abbiamo dovuto allestire una rete nazionale tramite i pronto soccorsi per i rischi infettivi. Una rete che fa capo allo Spallanzani di Roma (…).

In un articolo successivo, sempre su “Analisi Difesa”, Eugenio Santagata, Andrea Melegari scrivono: L’allarme pare (il condizionale è d’obbligo considerata la delicatezza del tema) fosse stato diramato forte e chiaro. Purtroppo, pare (vale la stessa nota di cui sopra) che la gran parte dei governi abbia fatto orecchie da mercante. Gli unici a dare l’allarme sono stati le agenzie di intelligence di molti paesi del mondo. Insomma, secondo molti esperti, la pandemia COVID-19 non deve essere confusa con un fulmine a ciel sereno che ha folgorato le leadership mondiali. Secondo “The Washington Post” la Casa Bianca ha ricevuto i primi segnali di “allarme rosso” già il 3 gennaio scorso. Avvertimenti precisi (e super segreti) che la CIA e l’Ufficio del direttore dell’intelligence nazionale americana hanno continuato a fare risuonare nelle settimane successive fornendo informazioni precise sulla diffusione del virus in Cina e sulla campagna di disinformazione delle autorità cinesi impegnate a minimizzare la serietà del pericolo (…).C’è il solito ritornello che si presenta: “Qualcosa non torna”.

E infine, da ricordare ancora una volta, in quanto “circostanza inconsueta”. Il 12 dicembre dello scorso anno è stato trasferito, do 70 anni dalla sede del Cairo in Egitto, il Naval Medical Research Unit (NAMRU) 3. Una notizia importante, passata (o trascurata o volutamente ignorata?) dai mass media nazionali e locali, pubblicata da Antonio Mazzeo il 26 marzo scorso in piena pandemia. Cos’è il NAMRU? È il reparto sanitario d’élite delle forze armate Usa che svolge ricerche e test su virus e batteri e concorre alla produzione di vaccini e farmaci “antivirali”. Mazzeo spiega bene: il NAMRU è composto da una decina di ufficiali di US Navy, a cui si affiancano ricercatori del Dipartimento della Difesa e di alcune aziende private “animate a ottimizzare le capacità di combattimento” delle forze armate degli Stati Uniti e dei Paesi partner. L’unità può inoltre contare su un pool di “esperti” di entomologia, microbiologia e infettivologia. Oltre a quella di stanza a Sigonella, esistono altre quattro unità della Naval Medical Research sparse a livello mondiale: NAMRU-San Antonio in Texas; NAMRU-Dayton in Ohio; NAMRU-2 a Singapore e NAMRU-6 a Lima, Perù.

“La missione di NAMRU-3 è quella di studiare, monitore e individuare le emergenti e riemergenti minacce di malattie che interessano i militari e la salute pubblica, così come quella di sviluppare strategie di mitigazione contro di esse”, riporta il Pentagono. “Ciò è svolto in partnership con le nazioni ospitanti e le agenzie Usa come U.S. Centers for Disease Control (CDC). Le ricerche di base, epidemiologiche e cliniche di NAMRU-3 si rivolgono in particolare alle malattie enteriche, alle infezioni acute respiratorie, alle epatiti, alla tubercolosi, alle meningiti, all’HIV e a varie infezioni da parassiti, batteri e virus che sono endemiche e rappresentano un grave problema pubblico (…) Nel 2001 l’unità medico-militare è stata riconosciuta dall’OMS quale “Centro di collaborazione per le malattie infettive emergenti e/o riemergenti” e successivamente quale “laboratorio di referenza” per le influenze e le meningiti nella Regione del Mediterraneo orientale, mentre è in atto il processo di riconoscimento come laboratorio per l’influenza aviaria (…).

La presenza del NAMRU in Sicilia prima ancora che esplodesse “ufficialmente” la pandemia Coronavirus pone ulteriori e diversi interrogativi… In Sicilia, una regione dove fortunatamente le vittime della pandemia sono state circoscritte a 274.

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