“Libia connection”: traffico di migranti, petrolio e mafia

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di Salvo Barbagallo

Che lo metta in evidenza il quotidiano “Avvenire”, uno dei principali sostenitori dell’accoglienza a tutti costi, sembra paradossale. Ma è proprio l’Avvenire che in prima pagina oggi, a firma di Nello Scavo, titola “Petrolio delle mafie” denunciando una “Libia connection” dove al centro ci sta il traffico di essere umani da quel Paese verso l’Italia.

In realtà non è la prima volta che il giornale della Conferenza Episcopale Italiana affronta questo argomento. Lo stesso giornalista già nel novembre dello scorso anno parlava di “Un patto segreto tra Malta e Libia grazie al quale le forze armate maltesi si coordinerebbero con la guardia costiera libica per intercettare i migranti e respingerli in Libia”. Ma poi, in un modo o in un altro, i migranti venivano indirizzati verso le coste siciliane. Scavo nella sua inchiesta scritta sette mesi addietro sosteneva che “sarebbero 236 i vascelli cisterna a disposizione dei ladri di gasolio. Un vero intrigo internazionale: a settembre il governo maltese ha chiesto a Mosca di non porre il veto alla richiesta di sanzioni proposte dal Consiglio di sicurezza Onu per bloccare ovunque nel mondo i beni dei membri dell’organizzazione di maltesi, libici e italiani indagati nel 2017 nell’operazione “Dirty Oil” della procura di Catania. Tra questi alcuni mediatori considerati vicini al più potente clan mafioso della Sicilia orientale: la famiglia Santapaola-Ercolano (…)”.

Nel reportage pubblicato oggi Scavo riparla del “patto libico”, ricordando che “le ultime tracce della Libia connection sono del 20 gennaio. In Sicilia, per questioni di oro nero, sono finiti indagati in 23, tutti vicini ai clan di mafia catanesi (…)”. Per comprender pienamente la situazione, afferma Scavo “bisogna ficcare il naso a Malta che rappresenta uno snodo per svariati traffici illeciti” come, appunto, quello dei prodotti petroliferi provenienti dai Paesi interessati da una forte instabilità politica (…)”.

Dunque è nel mirino delle forze investigative e della Magistratura la questione dei traffici illeciti, dei “patti” “internazionali” che vedono coinvolti personaggi libici, maltesi e italiani. È, pertanto, più che noto che la “merce di scambio” è costituita  dai “migranti”, che sono e restano il punto focale di interessi conosciuti e anche ignoti. Quei migranti che da tempo non sono più definiti “clandestini”, ma che adesso vengono etichettati come “rifugiati” senza che vengano tenute nel debito conto gli “affari” che stanno a monte e che permettono un ininterrotto flusso di esseri umani verso la Sicilia, “porta” di un’Europa che scarica i problemi dell’accoglienza soltanto sull’Italia.

Un’accoglienza, come sostiene il Presidente Mattarella, che non può “deflettere o indebolirsi”, ma anzi deve “rafforzarsi”.

Alla fine, a cosa vale indicare che il “patto libico-maltese-mafia” frutti ai faccendieri oltre un miliardo e che a “comandare” siano i “boss del traffico di esseri umani”?

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