Il Coronavirus si porta via anche Lee Konitz

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di Salvo Barbagallo

 

A 92 anni non l’ha portato via l’età che, anzi, lo rendeva ancora più vivace e inventivo: c’è voluto il Coronavirus per stroncare la forte fibra di Lee Konitz, uno degli ultimi miti del jazz. Il “vecchio” sassofonista è stato alla ribalta sino ai suoi ultimi giorni, non mettendo da parte il suo prezioso strumento, il sassofono contralto. Lee Konitz si è spento ieri (mercoledì 15) stroncato dal terribile morbo.

Nato nel 1927 a Chicago, Konitz è stato uno dei più significativi interpreti del Cool Jazz.

Nella sua nota biografica, la sua Casa discografica, la “Blue Note” lo descrive come uno dei più grandi sax contralti di sempre e uno dei pochi che non suonavano “come un cugino di Charlie Parker. Ma era ancora qualcosa di più”, e ciò è confermato dalla sua partecipazione ai gruppi e alle orchestre che hanno fatto storia, da Miles Davis a Stan Kenton.

La sua storia musicale iniziò con la fisarmonica in tenera età, ma già a 11 anni suonava il clarinetto, per passare subito dopo al sax tenore e, quindi, definitivamente al sax contralto. Come “maestro” ha avuto Lennie Tristano che, con la sua particolare personalità, lo introdusse nel free jazz che abbandonò a contatto prima con Miles Davis, poi con Gerry Mulligan, per approdare come solista al progessiv jazz di Stan Kenton e seguire infine un suo percorso in compagnia di “nomi” come Art Pepper, Ornette Coleman, Paul Desmond, Jim Hall, Red Rodney, Richie Kamuca, Bob Brookmeyer, Phil Woods, Martial Solal, Karl Berger, Dick Katz, Joe Henderson, Red Rodney, Charlie Haden.

I suoi 90 anni Lee Konitz li aveva festeggiati a Milano, al Teatro dell’Arte con il “90 Years Celebration tour” all’interno del “Festival JazzMi”, con a fianco il pianista Dan Tepfer, Jeremy Stratton al contrabbasso e George Schuller alle percussioni. Prima di iniziare il concerto Konitz si era rivolto al pubblico: “Ho cento anni… no novanta non ho ancora molto tempo da stare qui, ma sono felice di esserci e suonare“, poi aveva preso a suonare e canticchiare) una serie di standard, da “Round Midnight”, al suo “Subconscious-Lee”. Il sassofonista in diverse circostanze si è esibito anche in Sicilia, fra i concerti quelli tenuti a Vittoria nel 2015 e a Palermo nell’estate del 2006 nell’ambito del “Jazz Lab Concert” con il pianista Antonio Zambrini, Marc Abrams al contrabbasso) e Mimmo Cafiero alla batteria.

Come scrive la rivista “Jazz”, tra gli esempi dello stile di Lee Konitz si potrebbero citare, scegliendo in mezzo a moltissime esecuzioni, le due versioni di “Lover Man”, quella suonata con l’orchestra di Stan Kenton e l’altra interpretata assieme al gruppo di Gerry Mulligan: in entrambe il disegno solistico si snoda in maniera innovativa e informale, sospeso su strutture cui sembra appoggiarsi solo tangenzialmente, dal momento che lo sviluppo armonico della frase è lungo e asimmetrico. Oppure si potrebbe ricordare “Nefertiti”, il celebre brano di Wayne Shorter, registrato da Konitz con il proprio nonetto: il suo assolo al sax soprano sviluppa frasi serene e molto fluide su strutture armoniche lontane da quelle a lui più consuete.

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