Caronda innovativo legislatore sociale di Katana

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di Santi Randazzo

 

Caronda e le nuove “Costituzioni” di Katana: come si evolse nella Katana del V secolo a.C. la legislazione sulla Tutela dei Minori, sull’0bbligo Scolastico, sulla Solidarietà Sociale, sull’assistenza sanitaria, sull’accoglienza e sulla morale sociale e politica.

L’evoluzione politico-sociale delle comunità siceliote nel V secolo a.C. determina l’emergere dell’esigenze di formalizzare una nuova specifica fonte del diritto pubblico e privato che sancisse la stabilità  istituzionale in raccordo con i nuovi costumi e le mutate esigenze delle poleis siceliote; vi è l’affermazione di una specifica cultura giuridica che, nel V secolo a.C., nella Magna Grecia ed in Sicilia in particolare vede la sua massima espressione di sintesi realizzativa in Caronda, nativo di Imera secondo alcuni. Caronda godette vasta fama in Sicilia e nell’intera Magna Grecia, e venne chiamato anche a Katana, legata culturalmente alla democrazia ateniese, per dare il suo apporto per riformare organicamente le leggi cittadine.

Caronda espresse la sua sensibilità giuridica in campo sociale, promuovendo, ad esempio a Turi nel 446 a.C. ( 1 ), laddove: “Perciò nell’idea che gli illetterati fossero stati privati di alcuni grandi vantaggi, con questa legislazione Caronda modificò la loro condizione, e li ritenne degni di sollecitudine e di spesa da parte dello stato:  a tal punto superò coloro che in precedenza avevano emanato la legge con la quale i cittadini privati ammalati venissero curati dai medici con un compenso da parte dello Stato, che mentre quelli ritenessero degni di cura i corpi, egli cercò le anime nell’angustie dell’ignoranza, e mentre noi chiediamo con suppliche di non aver mai bisogno di quei medici, desideriamo passare il tempo con chi insegna cultura.”

Lo scontro politico-militare che vedeva da una parte i Sicelioti ed i loro alleati schierati contro i Fenicio-Cartaginesi ed i loro alleati aveva visto, nel 480 a.C. ad Imera, la scacciante prevalenza della componente Siceliota la cui leadership era saldamente nelle mani dei Siracusani. La vittoria di Siracusa su Cartagine ad Imera nel 480 a.C. aveva determinato l’affermazione della cultura della tutela dei minori, già propria dei Sicelioti e le cui radici affondavano pienamente nella cultura greca, sulla cultura dell’elemento fenicio-cartaginese: per la prima volta nella storia del mondo avvenne che in un trattato di pace successivo ad una guerra la potenza vincitrice ( Siracusa ) imponesse condizioni volte a tutelare soggetti “ deboli” presso la società della potenza sconfitta ( Cartagine), dove era in uso sacrificare fanciuli prima o durante una guerra. Dopo la sconfitta di Imera, Cartagine aveva dovuto accettare la condizione di non praticare più il sacrificio umano di bambini e fanciulli agli dei prima o durante le fasi di guerra.

In Sicilia dopo la vittoria di Imera, la dorica Siracusa aveva esteso la sua influenza su tutta la Sicilia ed aveva conquistato Katana nel 476 a.C. , governandola direttamente fino al 461 a.C., dopo aver allontanato la popolazione siceliota di origine calcidese da Katana ed avervi immesso propri coloni e mercenari al soldo della polis siracusana. Ed è proprio in questo periodo che ad Eschilo viene commissionata la celebrazione del successo siracusano su Katana che viene realizzato con “ Le Etnee “. Dopo il 461 a.C., anno in cui Siracusa viene sconfitta, la popolazione originaria di Katana si ricompone come comunità nel sito originario con il rientro degli antichi abitanti nella città e con l’avvio di una fase politico-culturale in cui vengono ricomposti organicamente il tessuto sociale ed i principi giuridico-sociali a base della coesione socio-politica della rifondata città etnea. Avviene in questa fase ( 449-440 a.C. ) l’incontro tra Caronda e Katana, dove viene chiamato per realizzare quella fase di innovazione legislativa che desse corpo giuridico-morale alle necessità di regole che Katana ricercava, quale autentica espressione delle esigenze del corpo sociale di Katana, e la cui esecuzione venne affidata a Caronda: legislatore-giurista già carico di fama nel mondo antico e di riconosciuta capacità ed equità. Il corpo di leggi redatte da Caronda per Katana, che realizzarono quella che oggi definiremmo la “ Costituzione dello Stato “, poggiava soprattutto sulla definizione di regole politico-giudiziarie, sociali, familiari e di etica individuale che furono affiancate da un sistema procedurale di verifica della bontà delle norme legislative ( al tempo “ Costituzioni”) introdotte ex novo, che prevedevano, comunque, uno specifico meccanismo di possibile modifica legislativa, seppur soggetta a meccanismi inibitivi che fungessero da deterrente ad una eventuale tendenza a modificare senza validissime ragioni la costituzione di Katana. La prevalenza delle norme della “ Costituzione” di Katana, introdotte da Caronda, che riguardano i rapporti sociali e familiari erano, evidentemente, connesse alle necessità di una società in evoluzione che stava vivendo una forma di maturazione socio-politica che necessitava della rimodulazione dei principi che regolassero i rapporti sociali, giuridici ed economici  per adeguarli alle nuove condizioni strutturali della società di Katana, dopo la cacciata dei Siracusani nel 461 a.C., ed alle riemerse esigenze di tutela e coesione sociale.

L’esame analitico delle singole norme della “ Costituzione “ di Katana redatte da Caronda è estremamente interessante perché ci permette di rilevare questioni ancora oggi attuali, presenti nella problematica legata alla promozione dei diritti di tutela delle fasce deboli della società e delle innovative e creative soluzioni che il genio giuridico di Caronda seppe coniugare e produrre. La necessità di coniugare stabilità socio-giuridica e possibilità di adattamento democratico delle norme costituzionali di Katana a nuove esigenze sociali, da Caronda fu sapientemente realizzata introducendo con la trentaseiesima norma costituzionale che, in uno al meccanismo che permetteva la riforma costituzionale sulla base della iniziativa popolare anche su proposta di un solo cittadino, introduceva un forte deterrente a ricorrere per mere esigenze politiche alla  modifica della Costituzione Catanese: evitando così l’uso strumentale e “ sedizioso “ dello strumento del referendum popolare.  Ed infatti: “ … al proposito di corregger le leggi, stabilì cosa affatto inusitata, e fu questa: …  . Vedendo egli, che nella più parte delle Città molti col cercar temerario, che si correggessero le leggi non altro facevano, che togliere alle medesime la pristina autorità e dignità, e muovere con ciò il popolo alle sedizioni, prescrisse: Che chi ne volesse corretta qualcheduna, facendone la proposta, dovesse tenersi un laccio alla gola, ed in quella positura aspettare la deliberazione del popolo, affinchè se la correzione fosse adottata egli potesse partirsi libero, e se la proposta fosse rigettata immantinente con quel laccio egli fosse strangolato. Così spaventati dal pericolo gl’innovatori, niuno aveva ardimento di fare il minimo cenno intorno a correzione di leggi … .”. (2)

Per meglio fondare le affermazioni di principio e giuridiche che stavano alla base della Costituzione di Katana, Caronda inserisce nelle prime due norme di essa la prevalenza di norme religiose che promanano dalla affermata necessità di poter accedere al dialogo con il “ Nume”, unico modo per poter disporre della fonte ispiratrice e di condizione di autorevolezza e forza delle leggi che, per altro verso, possono proteggere la Città solo se le norme contenute nella costituzione saranno osservate dai cittadini.

Caronda, infatti, pone nella prima norma costituzionale, gli Dei come fonte ispiratrice e di modello per la redazione delle norme stesse; nella seconda norma costituzionale, poste le norme costituzionali quali regole generali di comportamento sociale ed individuale la cui trasgressione viene qualificata come misfatto, ancora una volta viene sostenuta la necessità morale e religiosa di non commettere misfatti, in quanto: “ Bisogna inoltre astenerci dai misfatti, per conservare la concordia con Dio giacchè il Nume non conversa con gli empii.” (3); per altro chi fosse incorso nella violazione delle norme costituzionali di Katana, per le disposizioni delle norme contenute al terzo ed al quarto posto ne avrebbe derivato una condanna sociale di isolamento.

Al sesto posto delle norme costituzionali catanesi Caronda introduce una chiara norma di solidarietà sociale verso i propri concittadini ed anche verso i forestieri, per cui: “ Bisogna inoltre recar soccorso al Cittadino ingiustamente soperchiato, o nella patria o in estraneo paese; ed accogliere e congedar bisogna familiarmente e secondo le proprie leggi il Peregrino rispettato nella sua patria; augurandogli bene; ricordevoli di Giove Ospitale Dio a tutti comune, che l’ospitalità e l’inospitalità mira.”. (4)

Agli anziani, i “ Vecchi “ della Città la legislazione carondea, al settimo punto, attribuisce un compito fondamentale in termini di educazione e avvio ad una corretta socialità, prevedendo che potessero esercitare anche azioni di ammonimento a quei giovani che avessero manifestato comportamenti non consoni alle norme fissate ed ai buoni principi morali: le norme ottava e nona, sostanzialmente, sono rafforzative delle esigenze di adottare codici morali e di comportamento corretti.

Di estremo interesse ed attualità la norma fissata al decimo punto della Costituzione carondea di Katana, laddove viene affermata la necessità politica pubblica di garantire a tutti i figli dei cittadini della polis catanese una istruzione: “ … ne le belle lettere a spese del pubblico: lo stabilì per la considerazione, che colui il quale a cagione di povertà non potesse pagare i Maestri, non avesse a mancare di onesta istruzione.”. ( 5 ) Vincenzo Cordaro Clarenza nel suo testo “ Osservazioni sopra la storia di Catania “, citando Lipsio de Lovanio, Aristotele e Sante Croix ci specifica alcuni aspetti organizzativi dell’educazione dei giovani realizzati a Katana da Caronda, realizzati in appositi ambienti la cui sede venne posta all’interno dell’ippodromo di Katana: “ … similmente diversi portici trovavansi a coverto dalla intemperie dell’aere, tutti di sedili adornati, ove i filosofi si adunavano per ragionare, e per dare studio alla gioventù dopochè Caronda fondovvi l’Accademia, degli Omosipi ovvero Omosipueni soprannominata …”. (6)

Complessivamente è, comunque, opportuno precisare che la legislazione carondea si muove su un terreno prevalentemente morale e di regole sociali anche sanzionatorie, pur in presenza di usi e costumi che, come nel caso dell’attivazione dell’azione dei Magistrati, permettono al cittadino di ricusare l’azione di giudizio e di non essere vincolato in tutti i casi, quindi, all’obbligatorietà della sottoposizione al giudizio dei magistrati, avendone come punizione il pagamento di una sanzione che ( e qui traspare ancora una volta la visione sociale di Caronda) viene commisurata al patrimonio del cittadino che si sottrae al giudizio; norma fissata al tredicesimo punto della costituzione di katana. La tensione morale di Caronda volta a “ tutelare le fasce deboli della popolazione “ si manifesta con chiarezza e con equilibrio politico e giuridico nella quattordicesima norma costituzionale, laddove, facendo salvo il principio del dovere morale al lavoro ed il rifiuto dell’ozio e dei vizi, viene affermato che: “ … sono degni di essere lodati e celebrati color, ch’essendo ricchi prestano aiuto ai Poveri, per disatro di avversa fortuna, e non già per colpa di vita viziosa ed intemperante; dappoichè la fortuna, è a tutti comune, ma la vita dissoluta è propria dei malvagi:”.(7)

L’esame delle norme legislative carondee ci permette di cogliere l’affermazione costante dei principi di comportamento sociale che hanno come fine ultimo la tutela della società e dei cittadini, intervenendo per favorire l’affermazione della verità e per reprimere la falsa testimonianza. Ritroviamo un intervento nelle questioni relative alla tutela dei minori, nel contesto di una negazione di eventuali esigenze del genitore, nel corpo della trentunesima norma, laddove viene affermato il principio che non è correlato all’interesse degli orfani che il padre si risposi, “ dando una matrigna “ ai suoi figli. Questa norma, oggi evidentemente molto discutibile, nasceva evidentemente in un contesto in cui le esperienze sociali e pregresse facevano si che, la sensibilità di Caronda lo facesse schierare, senza remore, dalla parte dei minori orfani, per cui non riteneva opportuno che gli stessi venissero affidati ad una matrigna.

Quello che costituisce la prima affermazione storica in forma legislativa moderna, nonché uno dei primi caposaldi giuridico-sociali per la regolamentazione delle norme che sostengono la tutela e l’affidamento degli orfani minorenni, viene posto da Caronda nella trentatreesima e nella trentaquattresima norma costituzionale di katana, che si occupano, specificatamente, della tutela e dell’affidamento dei minori orfani e della gestione dei loro beni patrimoniali.  Per il contenuto della trentatresima legge: “ … si commette il patrimonio degli Orfani alla tutela ed amministrazione degli Agnati, e la educazione loro alla fede e cura dei Cognati: così a prima vista non presenta essa né gran prudenza, ne singolare acutezza d’ingegno. Ma internandosi nell’esame di questa disposizione vedrassi quanto sia commentabile. Perciocchè se si cerca la cagione, per la quale agli uni si assegnò la cura del patrimonio, agli altri la diligenza della educazione, non si potrà non trovare mirabile l’ingegno provvido del Legislatore. Certo è, che i consanguinei materni, non essendo chiamati alla successione nei beni dei pupilli, non avranno interesse alcuno a macchinare contro la vita dei medesimi; ond’è che ai prossimi parenti dal canto del padre vien tolta ogni occasione d’insidie, non essendo loro affidate le persone: intanto che poi potendo scadere ad essi il patrimonio, se fia che il pupillo, o per malattia, o per altro accidente manchi prima di loro, con maggior cura e diligenza ne amministreranno i beni, perché potrebbero un giorno diventare loro propri.”. (8) Di tali Costituzioni di Katana, Diororo Siculo dice:  “Caronda, scrisse anche un’altra legge degna di approvazione, quella riguardante la protezione degli orfani. Questa legge, guardata in superfice non sembra che contenga niente di straordinario, né che meriti approvazione, ma considerata a fondo ed esaminata con attenzione presenta una grande sollecitudine e dottrina. Scrisse infatti che i parenti stretti da parte del padre avessero la tutela delle proprietà degli orfani, e che gli orfani fossero allevati dai consanguinei per parte di madre. Immediatamente non si vede che questa legge contenga niente di saggio o di straordinario, ma esaminata in profondità si riscontra che giustamente merita elogi. Se si cerca infatti la ragione per la quale affidò agli uni la sostanza. Agli altri l’allevamento degli orfani, diviene evidente una idea straordinaria del legislatore: i consanguinei da parte di madre non essendo interessati all’eredità degli orfani, non tenderanno loro insidie perché non hanno ricevuto l’affidamento della persona fisica degli orfani; d’altra parte poiché a loro spetta la sostanza in caso di morte degli orfani, o per malattia o per un’altra congiuntura, con cura più grande amministreranno le ricchezze, come se racchiudessero le proprie speranze legate alla sorte.”. (9)


NOTE BIBLIOGRAFICHE

  1. Diodoro Siculo – Biblioteca storica -2° volume – libri XI-XV- Sellerio Editore – Palermo 1988 – p. 82.
  2. Alessi Giuseppe – Discorso su Caronda da Catania e le di lui leggi – Tipografia della Regia Università degli studj – Catania 1826 – pp. 42-3.
  3. Alessi Giuseppe – op. cit. – p. 20.
  4. Alessi G. – op. cit. – pp. 22-3.
  5. Alessi G. – op. cit. – p. 24.
  6. Cordaro Clarenza Vincenzo – osservazioni sopra la storia di Catania – per Salvatore Riggio – Catania 1833 – tomo I – p. 41.
  7. Alessi G. – op. cit. – p. 28.
  8. Alessi G. – op. cit. – pp. 39-40.
  9. Diodoro Siculo . Bibl. Storica – 2° vol. p. 83.

 

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