Éric Biagi, direttore dell’“Institut Français” di Palermo racconta il presente della prestigiosa istituzione culturale

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Un viaggio che spazia dalla cultura al vissuto privato di un uomo che ha scelto di vivere a Palermo da vent’anni

di Anna Studiale

 

Éric Biagi è il direttore dell’“Institut Français” di Palermo. Lo incontriamo nel tardo pomeriggio di qualche giorno fa proprio nella sua sede, ai “Cantieri Culturali alla Zisa”; ci accoglie con gentilezza e anche con un affabile sorriso, cosa che ci permette di entrare subito in una piacevole conversazione su quella che è la realtà dell’”Institut” a Palermo, tra il suo passato e, soprattutto, il suo presente per poi concentrarsi a parlare di sé stesso, della sua vita sin dal suo arrivo, nel 1998, un viaggio che doveva durare solo una quindicina di giorni, forse uno come tanti giovani europei che amano scoprire la Palermo, culla del Mediterraneo, ma che, poi, finì col rimanere in questa città, così bella, accattivante ma ricca di contraddizioni.

   Oggi sono già vent’anni che Biagi vive e lavora a Palermo ed ha il merito di rappresentare la sua madrepatria dirigendo “Institut Français”, realtà che, oggi più che mai ha creato forti reti di collaborazioni con le istituzioni pubbliche della città oltre che fruttuose collaborazioni con enti ed associazioni private nel clima di apertura e intensa osmosi culturale che si è venuto a creare nel corso degli anni.

    Il suo racconto inizia proprio da quella primavera culturale che caratterizzò la città ancor prima delle stragi di Capaci e Via D’Amelio, nel 1992 e in cui persero la vita i due magistrati simbolo della lotta contro la mafia e le organizzazioni criminali, Giovanni Falcone e Paolo Borsellino; una stagione, questa, in cui importante è stata la spinta emotiva oltre che culturale che anche l’”Institut Français” contribuì ad apportare e fortemente voluta dal sindaco Leoluca Orlando.

    “Il nostro Institut assieme al Goethe Institut sono stati tra i primi ad avere una loro sede stabile ai Cantieri Culturali nel 2000, rientrando all’interno del progetto di rinnovamento culturale che il sindaco aveva avviato mediante anche questo progetto dei Cantieri del quale ben sappiamo cos’è diventato negli anni successivi. Ora lo stesso progetto sta prendendo nuova vita, nuova forma che se i Cantieri presentano ancora diverse problematicità ma ormai non siamo più soli. A lungo siamo stati come nel Deserto dei Tartari ma oggi vi sono una ventina di soggetti presenti ed operanti in questo spazio”, racconta Biagi precisando anche che obiettivo del suo istituto che egli dirige da dieci anni è quello di dialogare con tutte le realtà palermitane, “dobbiamo essere il punto di riferimento per quanto riguarda la cultura e la lingua francese nella città; facciamo parte del Ministero degli Esteri francese, dell’ambasciata di Francia in Italia e nostro compito è proprio quello di diffondere la nostra cultura e di avere scambi culturali con il Paese d’appartenenza, in questo caso con l’Italia e Palermo e la Sicilia più nello specifico”.

     In questo attento ed appassionato percorso, l’Institut porta avanti un dialogo a tutto tondo (e non potremmo definirlo diversamente) con tutti gli operatori culturali ed istituzionali della città, un operato del quale lo stesso Biagi va molto fiero e ribadisce le sue radici italiane, come si evince anche dal suo cognome: “Sono di origine italiana; mio nonno lo era, seppur sia andato via dall’Italia molto piccolo”.

     Un’origine che, però, è stata rinsaldata dal suo ritorno nel Belpaese, una sorta di richiamo delle origini, o forse l’amore e la passione l’Italia che lo stesso non nasconde soprattutto quando, parlando di cinema, altro luogo privilegiato con cui l’Institut dialoga a partire dai diversi festival che si organizzano in città (Sicilia Queer Film Fest, Efebo d’Oro, Sole Luna Festival), confessa la sua passione per quello italiano anche alla luce del rapporto molto intimo che in passato vi è stato con il cinema francese, ”quella delle coproduzioni francesi negli anni Sessanta e Settanta  è stata un’età d’oro del cinema anche se purtroppo ha avuto una brusca interruzione; a quell’epoca il cinema italiano era quello più importante nel mondo e più completo di quello americano, c’erano tutti i generi, c’erano i più grandi autori, Fellini, Antonioni, Visconti, Pasolini, c’era la commedia, il  western, l’horror, c’era tutto accanto ad un’economia che attorno al cinema girava ma ciò è, purtroppo, finito brutalmente”.

     Ed a proposito di quello che è il presente del cinema francese Biagi aggiunge: ”Oggi i tempi sono molto cambiati, il cinema francese ha molti problemi, abbiamo investito sulla cultura in generale e, difendendo la particolare eccezione francese, stiamo cercando di salvaguardare il nostro cinema, il nostro linguaggio”.

     In tutto ciò, il direttore, da cinefilo raffinato e molto colto, intravede dei lampi di luce sia nel cinema italiano che in quello francese, soprattutto nella presenza di cineasti molto interessanti che stanno facendo carriera.

    “Nella nostra programmazione, oltre alla collaborazione con i festival, abbiamo la nostra rassegna settimanale al Cinema De Seta (ogni martedì sera, alle 21) da ottobre a maggio oltre ad un festival, Rendez-vous e lì facciamo conoscere al pubblico palermitano il cinema francese contemporaneo, quello non viene distribuito in Italia”, ci racconta Biagi aggiungendo che “il livello che il cinema francese ha raggiunto negli ultimi anni è molto buono, vi è un certo cinema d’autore e molti film interessanti”.

    Da qui la consapevolezza espressa a chiare tinte dal direttore che la Sicilia negli ultimi anni è diventata una meta molto importante per gli artisti francesi, e questo, a suo modo di vedere, soprattutto dal 2018 in poi e grazie a Manifesta che ha puntato molto i suoi riflettori su Palermo e che ha permesso a molti artisti di venire a visitarla e capire l’enorme potenzialità che la città possiede, oltreché i  molti vantaggi quale quello di essere una metropoli che ha delle tracce sublimi della grande capitale che è stata nel passato, “Palermo oltre ad essere al centro del Mediterraneo è anche la periferia dell’Europa e questo non è male”, sottolinea ancora Biagi che non si esime dall’aggiungere “conosco diversi francesi di nuova generazione che vengono a vivere qui perché costa di meno rispetto alle città francesi, si vive bene ed è molto ben collegata alle capitali estere; credo, in fondo, che i francesi trovino a Palermo quello che oramai si è perso in Francia, ovvero il modo di guardare la vita, la leggerezza oltre che la dimensione umana”.

    Il direttore dell’Institut, inoltre, percepisce richiamo e coinvolgimento sempre più crescenti tra i palermitani per la cultura d’oltralpe, che si somma all’interesse per la lingua grazie alle numerose attività di divulgazione della stessa, quale strumento fondamentale in chiave professionale o “di vita” rivolto a quel Paese e a quelli francofoni.

    Proviamo, infine, a comprendere il “sentire” di Biagi, oggi, alla luce dell’ultimo ventennio vissuto a Palermo: Io rimango uno straniero, mi piace molto questa condizione di costante osmosi culturale tra me e la città. Non è un limite, ma un’opportunità vitale. Riguardo a Palermo, spero di aver assorbito il meglio della cultura millenaria che esprime, e che, mutevolmente, continua a fare. Spero di essere tra quelli che ne vivranno i cambiamenti futuri in chiave costruttiva e proficua”.

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