Un dibattito, dopo “I Falchi nella Catania fuorilegge”?

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In merito all’articolo di Marco Benanti pubblicato da “Iene Sicule”

di Salvo Barbagallo

 

Premesso che condividiamo ciò che ha scritto Marco Benanti, diciamo subito che riteniamo l’articolo “inappropriato” in riferimento alla presentazione del libro “I Falchi nella Catania fuorilegge” di Pino Vono, tenuta venerdì scorso (7 giugno) al Castello Ursino. E spieghiamo subito perché (anche se potremmo essere in errore): intendiamo evidenziare che l’incontro riguardava la “presentazione” di un libro, non si trattava di un “convegno” o di un “processo” alla città. La “presentazione” di un libro non può e non deve essere occasione “strumentalizzata” per “fare” politica (o pseudo politica) o aprire dibattiti al di fuori del contenuto del libro stesso.

La “presentazione” de “I Falchi nella Catania fuorilegge” concerneva soprattutto il suo autore, Pino Vono, protagonista di una delle “tante” stagioni che hanno insanguinato il capoluogo etneo nel corso dei decenni. Un autore sceso in campo con coraggio che ha inteso raccontare “in prima persona” vita e azioni di un gruppo di giovani chiamati ad assolvere un compito probabilmente molto più grande della loro stessa preparazione, le azioni (discutibili in quegli anni?) di giovani che, poi, (in molti casi) sono stati “abbandonati” da coloro che li avevano utilizzati (forse) in maniera spregiudicata. Pino Vono offre a piene mani, a chi vuole “ascoltarlo”, la sua testimonianza non tralasciando chiari e scuri: si rivolge soprattutto ai giovani di oggi che di quel periodo poco o nulla conoscono, ma anche a quanti sulla loro pelle (in un modo o in un altro) sono stati partecipi delle controverse vicende (politiche, giudiziarie, eccetera) hanno costellato la città.

“I Falchi nella Catania fuorilegge” è un libro “scomodo” perché ricordare certi momenti “urbani” ed “extra urbani” riapre ferite mai chiuse. Lo dimostra la totale assenza delle autorità costituite, ovviamente occupate in improrogabili impegni nelle loro attività quotidiane, e della stampa, “ufficiale” e no. Assente lo stesso Marco Benanti che, se fosse stato “presente” avrebbe potuto dare un importante contributo all’iniziativa promossa dall’Istituto per la Cultura Siciliana interloquendo con l’ex Falco Pino Vono e interloquendo con gli stessi relatori che hanno dato alla presentazione del libro “quanto”, in questo “tipo” di circostanza, si poteva offrire all’incredibile, numeroso pubblico presente. Fin troppo semplice “obbiettare” dopo avere visto una registrazione su youtube, comodamente seduti in poltrona davanti a un monitor, ma altrettanto impossibile percepire quanto l’attenta platea ha espresso con il suo silenzio e con i suoi applausi.

Abbiamo sempre sostenuto che se non si va indietro negli anni non è possibile comprendere il presente e immaginare cosa può riservare l’immediato futuro: la “chiave” per comprendere è quel “passato” che (sì, strumentalmente) è stato posto anzitempo in archivio. Quel “passato” sconosciuto ai giovani perché i più anziani non hanno alcun interesse a riportarlo alla memoria. Ecco il motivo principale per il quale molte vicende – a tutt’ora – restano avvolte nella nebbia e il riscatto della collettività resta una chimera. Parlare di “chi” ha comandato a Catania, di “chi” ancora comanda Catania, pronunciare parole come “mafia” o “poteri forti” (quali che siano) e riferirsi (solo nelle commemorazioni) soltanto a chi ha perduto la vita per il bene comune, purtroppo, è estremamente limitativo: si dimentica, o meglio, volutamente si ignora chi è rimasto in vita continuando a fare il proprio dovere, nonostante le inevitabili difficoltà che ha incontrato lungo il suo percorso.

Pino Vono con il suo libro ha voluto ricordare e “regalare” a tutti i suoi ricordi. Marco Benanti e tanti altri dovrebbero prenderne atto.

E adesso una cattiveria:

Se non siamo in errore Marco Benanti ha compiuto cinquant’anni qualche mese addietro. Come dire che quando venne istituita la “Squadra dei Falchi” a Catania, nel 1974, aveva cinque anni e nel periodo più “caldo” in cui operarono quei giovani che si muovevano “spregiudicatamente” in motocicletta con il compito “istituzionale” di contrastare la criminalità incalzante viveva la (più o meno) felice fase dell’infanzia e quindi dell’adolescenza. Questi “dettagli” dovrebbero consigliarlo a non essere troppo saccente, e “apprendere” con umiltà che nei foschi anni dei “falchi” catanesi c’erano “cronisti di nera” catanesi in trincea, e non chi dirigeva i giornali. Cronisti come Santo Cultrera, Cosmo Alfonsetti, Anna Maria Cimò e (in special modo) Salvo Bella costretto a lasciare Catania dopo avere subito diversi attentati ed “espatriare” al nord. Ne mancano altri di nomi, come chi intervistava Autorità costituite sulla mafia a Catania, ricevendone sempre risposte evasive e inconcludenti. Quei cronisti uscivano dalla Scuola dei Franco Sampognaro, Angelo Mancuso (ed altri): erano in trincea negli Anni Settanta, prima, prima ancora che si parlasse dei famosi Cavalieri e lavoravano in giornali come “Catania Oggi”, “Corriere di Sicilia” ed “Espresso Sera”, il quotidiano nel quale era capocronista Pippo Fava. Questi cronisti nessuno li ricorda, così come nessuno ricorda l’inchiesta di Salvo Bella sulla mafia a Catania, pubblicata sul quotidiano “La Sicilia”, capocronista Turi Nicolosi, che gli fece “guadagnare” attentati ed esilio.

Benanti è uno dei pochi giornalisti che personalmente stimo nello squallido panorama d’oggi: non gli si può fare torto se era un adolescente negli anni in cui quei cronisti avevano il “coraggio” di stare in “strada” e andare direttamente in Questura o nei commissariati per prendere le “notizie” e non attendere (come accade attualmente) i comunicati stampa via email e fare copia e incolla prima della pubblicazione.

Il libro di Pino Vono, a nostro avviso, può essere una concreta opportunità per aprire un “veritiero” dibattito su ciò che Catania ha rappresentato e rappresenta nella complessiva storia della Mafia, non solo quella… Siciliana. Ma chi vorrà scendere apertamente in campo?…

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