Fiamme distruttrici da Parigi a Tripoli

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Il Crocifisso sull’altare di Notre Dame non intaccato dalle fiamme

di Salvo Barbagallo

 

Fiamme distruttrici, da Parigi a Tripoli.

A Parigi un patrimonio dell’Umanità, la Cattedrale di Notre Dame, è andata in fumo sotto gli occhi di milioni di persone che in tutto il mondo, direttamente o attraverso i collegamenti televisivi, hanno visto la millenaria struttura essere divorata dal fuoco.

A Tripoli si combatte, e la capitale della Libia viene divorata, pezzo per pezzo, quartiere per quartiere,  fiamme di una lotta civile che si preferisce ignorare e alla quale i mass media, le grandi e piccole Potenze, non vogliono dare il termine di “guerra”.

La Francia, dunque, “protagonista”, per un verso e per l’altro: un trauma dietro l’altro, di natura diversa, che “coinvolge” volente o nolente soprattutto i Paesi Europei e quelli mediorientali.

C’è chi ha visto simbolicamente nel crollo della guglia di Notre Dame il principio del disfacimento della Cristianità sotto l’ondata di un Islam estremista e sanguinario. Già: il mondo d’oggi sta andando per “simboli” e il disastro di Notre Dame, con tutto ciò che ha rappresentato nei secoli questa Cattedrale gotica, la si assimila (non solo inconsciamente) al progressivo deterioramento della religione Cristiana, che registra continue e incontrastate stragi di fedeli e assurde manifestazioni (le croci coperte nelle scuole e altrove, i cimiteri oltraggiati) “tollerate” anche dagli stessi cattolici in nome di una presunta integrazione. Paradossi dei tempi d’oggi dei quali pochi intendono comprenderne le “vere” e “occulte” ragioni che l’originano.

La situazione che non interessa a nessuno in Libia, mentre 800 mila profughi sarebbero pronti a fuggire (?) e non è chiaro il numero delle vittime civili

A Tripoli si combatte e si sconosce (volutamente?) il numero reale delle vittime, la maggior parte sicuramente “civili” e non fra le forze militari in campo. Il generale Khalifa Haftar, ha fatto emettere un mandato d’arresto ai danni del primo ministro del Governo di accordo nazionale libico (voluto espressamente dall’ONU e appoggiato anche dall’Italia), Fayez al Sarraj, e di alcuni ministri e l’inviato dell’Onu Ghassan Salamé parla di “tentativo di colpo di Stato” e non di guerra civile in atto. Al Sarraj, dal canto suo, avverte che già ottocentomila “profughi” sono pronti a partire dalla Libia per “invadere” l’Italia per sfuggire agli eventi bellici. Avvertimento o “minaccia” in cambio o in attesa di ulteriori aiuti economici o militari?

L’incendio di Notre Dame focalizza l’attenzione sul dolore della Francia (e del mondo “civile”) per la distruzione (volontaria oppure no, le cause del disastro sono ancora ignote) di una Cattedrale che non è da considerare “patrimonio” esclusivo dei francesi, e allontana, contemporaneamente, l’attenzione sui perseveranti errori di Macron (oggi) e della Francia (ieri con Sarkozy) per quanto è stato fatto sulla pelle della Libia eliminando Gheddafi, e oggi come ieri aiutando Haftar e alimentando le contrapposizioni armate.

Parigi (e non solo Parigi) piange per la distruzione di Notre Dame, quanti piano per i morti in Libia e per quei “migranti” che vengono spinti fuori dalle loro terre con la compiacente scusante “fuga dalle guerre”?

I “buonisti” tacciono di fronte alla impossibile e mancata “integrazione” dei fuggitivi con le collettività europee, avendo sotto gli occhi i continui scempi che in Europa vengono perpetrati da chi, almeno, avrebbe dovuto avere l’umiltà di accettare regole e leggi dei Paesi cosiddetti “ospitanti”.

La guerra in Libia, a due passi di Casa nostra, interessa poco, ma se Parigi “brucia” tutti (a ben ragione) ci commuoviamo. Perché non è così anche per quanto accade in Libia?

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